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[UCI Historical Tour] - 93° Giro d'Italia


Mr. Pellizotti

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vabbeh, era un Tour decisamente particolare...

Si certo,in quel tour non c'era un favorito vero e proprio ma ricordo anche la fuga bidone di qualche anno fa con il povero Kivilev che alla fine sfiorò il podio. la situazione dell'Aquila fu dovuta a un macroscopico errore dell'ammiraglia Liquigas,la squadra più forte che non ci capì nulla e stavano per perdere un giro già vinto come ricordava Cipollini al processo a dispetto degli Sgarbozza di turno che davano la colpa a Vinokourov e Evans per non aver fatto lavorare le proprie(modestissime)squadre

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Il trionfo e l'abbraccio - Basso, quel che ha dimostrato, quel che dimostrerà

Ne abbiamo regalate tante, di parole, a Ivan Basso in queste settimane. Viene quasi difficile trovare un pensiero che riassuma quanto detto finora in una forma nuova. Si potrebbe cominciare dall'attualità più stretta, analizzando la crono che ha sancito la sua vittoria nel Giro 2010: potremmo trarne qualche elemento per proiettarci sul progetto-Tour che dovrebbe finalmente decollare, e non sarebbe certo una fuga in avanti da parte nostra, visto che il primo a parlare senza problemi e senza patemi della prossima avventura francese è lo stesso Ivan. Ma in realtà per approfondire e sviscerare qualsiasi aspetto del prossimo obiettivo del varesino, ci sarà tempo.

Potremmo allora riandare con la mente e con le parole al momento in cui il sogno si spezzò, quattro anni fa, e chiederci cosa è cambiato nel ciclismo in questi anni e cosa è cambiato in Basso, ma anche questo rischierebbe di portarci lontano dal senso di questa giornata. Una giornata in cui sì, c'è anche il retaggio di quanto è successo, perché l'uomo non è stato progettato a compartimenti stagni, quel che è stato resta sempre impresso e funzionale, propedeutico a quel che sarà. Ma una giornata in cui c'è anche la caratura mai messa in discussione dell'atleta Basso.

Un corridore partito da lontano, cresciuto gradualmente fino a imporre se stesso all'attenzione della platea internazionale. Poi pit stop. E ritorno, concentrati in pochi mesi gli stessi passi che aveva già percorso negli anni: grandi promesse, una transizione fatta di balbettanti esibizioni di forza, e poi la liberazione da ogni vincolo mentale per ritornare ad essere vincente. Come dire che se uno è fatto con quello stampo, sarà destinato a ripercorrere sempre gli stessi passi, qualunque cosa succeda intorno. È una questione antropologica, o forse proprio biologica.

Non piace e non piacerà a tutti, Basso, a maggior ragione dopo il già citato pit stop. Ma di sicuro in questo Giro d'Italia ha saputo conquistare nuovi cuori pronti a palpitare per lui; e certamente avrà riguadagnato alla sua causa alcuni dei vecchi tifosi che si erano raffreddati. Alcuni (o molti) si sono esaltati, anche più di quello che questo successo promette: Ivan ha vinto un Giro in cui mancavano molti dei più forti interpreti delle grandi corse a tappe. Contador e Schleck, Menchov e Valverde, Riccò e (mettiamocelo) Armstrong non c'erano, per un motivo o per l'altro (e ci siamo limitati ai nomi dei corridori attualmente attivi e non sospesi). Ha piegato molto nettamente la resistenza di corridori blasonati che però non hanno mai vinto un GT (vedi Evans ma pure Scarponi), o di corridori blasonati ma molto in là con l'età (Vino o Sastre), o di corridori graziati da una fuga bidone (Arroyo o Porte), o di compagni di squadra che non avrebbero messo in discussione - se non a parole nella prima parte di Giro - la sua leadership (Nibali).

Ha pure vinto un Giro molto molto duro, che come ogni Giro duro che si rispetti fa fisiologicamente emergere i corridori dotati di fondo e resistenza (le sue caratteristiche, in pratica). Ha vinto correndo con l'appoggio di una squadra platealmente superiore a tutte le altre, specie quelle dei principali rivali. E allora, dati questi fatti, com'è che nutrivamo mille dubbi su di lui alla vigilia, com'è che non avremmo scommesso a occhi chiusi sul suo nome, specie dopo averlo visto all'opera nelle sue pochissime uscite primaverili? Ecco, forse proprio per questo motivo. Non l'avevamo praticamente mai visto, non ci eravamo potuti formare un'idea compiuta sul suo stato e le sue possibilità.

Allo stesso modo e per quanto scritto poco sopra, non possiamo sbilanciarci sulle sue effettive possibilità di vincere il Tour, dove incontrerà avversari diversi e (in alcuni casi) molto più tosti di quelli battuti in Italia. Di sicuro, ora sappiamo di nuovo che c'è da fidarsi delle sue sensazioni, per cui se Basso dice che farà bene in Francia, si può essere abbastanza ottimisti. E si può coltivare la consapevolezza che, in effetti, tra una carriera e l'altra, Ivan non abbia ancora definito il suo posto nella lunga piccola storia del ciclismo. E, detto di uno che ha nel palmarès già due Giri d'Italia, vale come un grande complimento.

(cicloweb)

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Ivan Basso (Liquigas-Doimo) da Raisport

«È stato un Giro difficilissimo, spettacolare, incerto fino alla fine, e penso che il pubblico si sia divertito. E per me questa è una giornata fantastica, posso abbandonare finalmente tutte le scaramanzie dei giorni scorsi, sono solo felice, qui con la mia famiglia: abbiamo sofferto tutti insieme, oggi ci godiamo insieme questa gioia. Mia moglie Micaela è una persona eccezionale, non ama apparire ma mi è sempre vicina; e approfitto di quest'occasione per dire che tra pochi mesi i nostri bimbi saranno tre: ho saputo la notizia pochi giorni fa e ho sperato tanto di fare quest'annuncio in un giorno come questo. Oggi posso dire che la parte di me che era ancora infelice è tornata felice, e penso che per la gente questo Giro sia stato più bello di quello che ho vinto 4 anni fa, perché ho sofferto di più e ho dovuto lottare tra molte difficoltà, come nella tappa di Montalcino o in quella dell'Aquila. Sì, dopo quel giorno all'Aquila ho temuto, sapevo che Arroyo sarebbe stato un osso duro e infatti ha lottato fino all'ultimo, è stato un bel problema per noi. Ma ringrazio la squadra, fantastica, dopo quel giorno non abbiamo più sbagliato niente; e una parola speciale la voglio dedicare a chi mi è stato vicino in corsa e sul podio, Nibali, con cui tra pochi anni i ruoli si invertiranno, perché lui è il futuro del ciclismo italiano. Ho corso poco in primavera perché sapevo di dover essere al top sia al Giro che al Tour: finora questo programma ha pagato, spero che continui a funzionare. Riposerò pochi giorni, poi penserò al prossimo obiettivo: è chiaro che vado in Francia non tanto per esserci, ma per correre al livello dei migliori. Sono molto migliorato rispetto all'anno scorso, certo la superiorità di Contador è a tratti imbarazzante, ma penso di poter lottare con lui».

Cadel Evans (BMC) da Raisport

«Ho iniziato ottimamente il Giro, secondo i programmi, ma poi sono crollato nella seconda settimana e di questo povrete chiedere conferma al responsabile medico della squadra. Ho comunque provato a tenere, ma sul Mortirolo la Liquigas è stata troppo forte, e in queste ultime tappe ho provato a fare qualcosa ma tutto è stato inutile. Mi rimane il rammarico per aver tenuto la maglia rosa solo un giorno, a causa della sfortuna».

Vincenzo Nibali (Liquigas-Doimo) da Raisport

«Ho preceduto Scarponi di pochi secondi, ma me lo merito, lui mi ha fatto star male un giorno intero in occasione della caduta di Montalcino... Questo podio è importante per me e per la squadra, e penso che sia io che Ivan che tutti gli altri compagni abbiamo veramente meritato questi successi».

Damiano Cunego (Lampre-Farnese) da Raisport

«Sono andato abbastanza bene in classifica, anche se il Giro è stato difficile per tanti aspetti, come la tappa dell'Aquila, o il maltempo che ha influito parecchio sulla corsa, o i lunghi trasferimenti. Il mio è stato un Giro all'attacco, sempre protagonista nelle tappe più importanti, come quella dello Zoncolan o quella di Montalcino, che verrà ricordata per anni. È mancato l'acuto, ma sono abbastanza contento della mia corsa. E poi oggi a Verona è una festa bellissima, c'è tanta gente che è qui per me più che per il Giro, tutto è fantastico. Ero entrato nell'Arena una volta da bambino, ma oggi la ritrovo in una veste indimenticabile».

Gilberto Simoni (Lampre-Farnese) da Raisport

«Per me è stato un bel congedo dal ciclismo, anche senza successi. Tappa dopo tappa ho un po' rivissuto tutti i momenti della mia carriera che chiudo qui, con tutte le mie persone care che mi sono vicine. Sono senza parole, non ho più parole. Penso che mi ricorderò solo dei successi ciclistici e dimenticherò le tante piccole sconfitte... Ma da domani è un altro giorno, un'altra vita».

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Ivan Basso: 9. Corsa quasi perfetta per il varesino che si è comunque dimostrato il più forte in salita. Capace di sacrificarsi anche per i compagni. La vittoria dell'umiltà. Di chi ha sbagliato ed è saputo tornare dal retro, senza grandi clamori, con il duro lavoro. Sarebbe da dieci se non fosse per il grande rischio corso in discesa e con la tappa dell'Aquila.

David Arroyo: 8.5. Un corridore da Top 10 che viene a giocarsi il Giro, dando anche l'impressione di poterlo anche vincere sino ad un certo punto. Abile in salita, dove limita benissimo i danni, rischia di creare la grande sorpresa in discesa al termine della quale tiene aperto un giro altrimenti già concluso. Peccato per la mancata collaborazione. Con essa forse ora starebbe festeggiando lui...

Vincenzo Nibali: 8. Il corridore del futuro. Sarebbe potuto anche esserlo del presente ma decide di sacrificarsi per Basso che dava maggiori garanzie. Chiude comunque al terzo posto nonostante lavori per il compagno in più di un'occasione. Senza dimenticare anche la vittoria di tappa dopo la discesa del Monte Grappa.

Michele Scarponi: 7.5. L'unico a resistere sul Mortirolo, bravissimo anche sullo Zoncolan dove limita i danni paga i problemi nelle tappe di pianura. Senza quelli sarebbe potuto essere almeno sul podio, così soltanto sfiorato.

Cadel Evans: 7. Da lui ci si poteva aspettare qualcosa in più in termini di risultato, ma come coraggio e determinazione ha mostrato di averne da vendere. Forse anche troppa, sfiorando l'incoscienza sullo Zoncolan dove accusa la testardaggine di voler seguire a tutti i costi Basso. Paga soprattutto però l'assenza di una squadra vera. Unico gregario di se stesso, consuma tante energie in compiti che non gli spetterebbero. Una vittoria di tappa e la maglia rossa, a dimostrazione della sua costanza, resteranno comunque negli annali.

Richie Porte: 7. Sin da subito nelle primissime posizioni in classifica grazie alle sue abilità a cronometro, approfitta della fuga bidone per distanziare i big. Qualche giorno in rosa e poi in bianco. Maglia che difende sino alla fine conquistandosi la sesta piazza nella generale. Lontano dai primi, ma davanti a grandi nomi. Per un primo anno da professionista non poteva chiedere di meglio.

Alexandre Vinokourov. 6.5. Un altro che supplisce alla mancanza di gambe con un cuore grandissimo ed un cervello fino. Sempre nelle prime posizioni ad inizio Giro conquista la rosa in Olanda. Considerato il maggiore responsabile, insieme alla sua squadra, della fuga dell'anno, si dimostra comunque inferiore ai big in salita dai quali paga regolarmente distacchi importanti. E' comunque sempre un piacere averlo in corsa.

Carlos Sastre: 5. Lo spagnolo è nei primi dieci solo grazie alla sua presenza nella maxi fuga dell'Aquila. Paga sempre dazio in salita, come in pianura dove si ostina correre in fondo al gruppo; per lo spagnolo sembra essersi spenta la pila interna. Non tanto nelle gambe, quanto nel cervello. Se ritrova il modo di accenderla son dolori, ma senza quella è un corridore come tanti...

Marco Pinotti: 6.5. Un cronoman puro come lui che arriva nella top 10 di uno dei Giri più duri degli ultimi anni merita solo che complimenti. Soprattutto se la prova più bella la fa sullo Zoncolan, dove il suo fisico cercava inesorabile di riportarlo a valle. Guadagna quando e come più facendosi sempre trovare attento. Tenta anche qualche sortita senza rimanere in gruppo a succhiare. Non dimentichiamo anche il suo lavoro di gregariato nelle tappe di pianura.

Robert Kiserlovski. 7.5. Anche lui nella fuga dell'Aquila ma perde la maggior parte del suo vantaggio usandosi letteralmente per i suoi capitani. Un altro bellissimo esempio di un giovane di belle speranze pronto a sacrificarsi per il capitano, nell'attesa che la grande occasione arrivi anche per lui. Record: è il primo croato nella top 10 di un Grande Giro.

Damiano Cunego: 5. Un terzo posto non basta. Illude i suoi tifosi, ma soprattutto se stesso dopo un buon inizio di Giro ma poi piano piano sparisce. Sullo Zoncolan autore comunque di una buona prova in rimonta ma da allora accusa sempre più ritardi, a partire da Plan de Corones. Non era il suo Giro, ce ne sarà mai un altro?

Bauke Mollema: 6. Ci si aspettava molto da lui e pur vedendosi molto poco raccoglie un 12° posto nella generale che al suo primo grande giro è comunque un bel risultato. Da rivedere per il futuro, in Olanda si aspettano molto da lui.

John Gadret: 6.5. Il Giro della parziale rinascita del francese. Ottimo scalatore, si era perso negli anni passati dopo essersi fatto vedere proprio qui al Giro, nel 2006. In salita è spesso con i primi, paga gli errori nelle prime tappe in pianura, altrimenti sarebbe stato piazzato meglio in classifica.

Vladimir Karpets: 5.5. Reduce da un ottimo Romandia, convince all'ultimo la dirigenza a portarlo. Dura una settimana e poi sparisce. Qualche bella azione dove mostra il suo coraggio, ma resta un fuoco di paglia.

Linus Gerdemann: 5. Illude con un bell'inizio di Giro ma poi sparisce. Ha il merito di non arrendersi e di lottare sino alla fine. Ottimo corridore da brevi corse a tappe ma tre settimane per lui sono troppe.

Dario David Cioni: 4.5. Indicato dallo stesso Wiggins, suo compagno di squadra, come il vero capitano della formazione britannica, sparisce dopo poche tappe appena la strada inizia a salire. Resta in corsa chiudendo nei primi 20, come un buon gregario, ma il capitano ha dimostrato di non poterlo fare.

Chris Anker Sorensen: 7. Vince una tappa, la prima di salita sul Terminillo, poi si sacrifica costantemente per il leader Porte. Un lavoro preziosissimo il suo durante tutto il Giro. Gregario eccezionale.

Bradley Wiggins: 6.5. Vince la prima tappa ed indossa la prima maglia rosa. Non riesce a tenerla e pian piano sparisce dalla classifica. Era venuto per saggiare la gamba sulle dure montagne italiche, al Tour vedremo probabilmente il vero Wiggo.

Tyler Farrar: 7. Approfitta delle poche volate che ci sono per diventare l'unico corridore a vincere due tappe, escludendo i Liquigas con la cronosquadre, in questa edizione. Un bel risultato per un eterno piazzato come lui. Non conclude il Giro ma era molto dura per i velocisti.

Filippo Pozzato: 6. Forse dal campione italiano ci si poteva aspettare qualcosa di più, ma la sua firma in questo Giro la mette lo stesso onorando la sua maglia nell'ultima occasione in cui la indosserà.

André Greipel: 6.5. Si presenta come il dominatore delle volata. Non ne vince nessuna, anzi, alcune volte non le fa nemmeno e viene battuto regolarmente, anche dal compagno Goss. Si rifà nell'ultima occasione con il merito di non aver mai mollato e di aver anche aiutato la squadra nelle tappe in cui non toccava a lui finalizzare. Un bel gesto, raramente i velocisti lo fanno.

Stefano Garzelli: 6.5. Venuto per far classifica paga un'amnesia nel giorno dello Zoncolan. Si lascia uscire volontariamente di classifica per avere lo spazio di attaccare nelle tappe seguenti. Non servirà in quanto suggella la sua presenza con la bellissima vittoria a Plan de Corones.

Valerio Agnoli. 8. Come per tutti gli altri della Liquigas, unica formazione a chiudere senza ritiri la corsa, un grandissimo lavoro per i capitani senza mai risparmiarsi. Gli uomini verdi sono sembrati veri marziani in questo Giro, superiori, senza se e senza ma (e senza forse).

Matthew Lloyd: 8. Vittoria di tappa e maglia verde per lui. Un Giro da incorniciare per costanza e intraprendenza coronato, appunto, da una delle maglie più prestigiose della Corsa Rosa.

David Moncoutiè: 5. Portato a forza dalla squadra ha il merito di provarci ma la condizione proprio non c'è. Peccato, alla sua prima apparizione al Giro d'Italia, ci si aspettava sicuramente qualcosa in più dallo scalatore francese, protagonista delle salite spagnole nelle ultime due edizioni.

Wouter Weylandt, Jerome Pineau, Matthew Goss, Evgeni Petrov, Manuel Belletti, Damien Monier, Joahn Tschopp: 8. Vincere una tappa al Giro, che sia in salita, in pianura, in volata o a cronometro è sempre un grande successo. Per alcuni di loro è la prima grande vittoria, che fa brillare una stagione ed una carriera.

Marzio Bruseghin, Francesco Masciarelli, Alessandro Petacchi, Domenico Pozzovivo, Christian Vandevelde: sv. Tutti alla partenza di Amsterdam con grandi ambizioni, minati nel fisico devono abbandonare senza aver occasione di mostrare cosa sarebbero stati in grado di fare in condizioni ottimali.

Gilberto Simoni: 6. Se ne è parlato più di quanto si sia visto, ma il vecchio Gibo voleva a tutti i costi salutare un'ultima volta il Giro d'Italia che tanto gli ha dato e a cui ha dato tanto. Fallisce il suo ultimo obiettivo, la Cima Coppi, ma ci ha messo il cuore quando ha potuto, a scapito di gambe non eccezionali. Ciao Gibo!

(spaziociclismo)

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cmq secondo me Pancani è stato veramente bravo.... e voglio condividere quello che ha scritto ciclismo-online

FRANESCO PANCANI: Bravo, bravo, bravissimo. Un commento preciso, in grado addirittura di tenere svegli gli spettatori di questo Giro, praticamente impossibile con Auro Bulbarelli. Non è facile parlare per tante ore consecutive senza correre il rischio di annoiare lo spettatore, lui ci riesce bene. Forse per la sua curiosità di scoprire un mondo nuovo, forse perché ha capito che quello è il compito principale di un buon commentatore. Ottimo anche nel servire assist ai commentatori tecnici, Cassani, Martinello e Conti, non cade infatti negli errori di Bulbarelli che quando sapeva qualcosa voleva dirla lui per sembrare più bravo. Pancani, anche le cose che sa, preferisce chiederle a Cassani, perché questo è il gioco delle parti. Forse, se non si perde per strada, è lui il vero erede di Adriano De Zan.

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Ivan Basso: 9. Corsa quasi perfetta per il varesino che si è comunque dimostrato il più forte in salita. Capace di sacrificarsi anche per i compagni. La vittoria dell'umiltà. Di chi ha sbagliato ed è saputo tornare dal retro, senza grandi clamori, con il duro lavoro. Sarebbe da dieci se non fosse per il grande rischio corso in discesa e con la tappa dell'Aquila.

David Arroyo: 8.5. Un corridore da Top 10 che viene a giocarsi il Giro, dando anche l'impressione di poterlo anche vincere sino ad un certo punto. Abile in salita, dove limita benissimo i danni, rischia di creare la grande sorpresa in discesa al termine della quale tiene aperto un giro altrimenti già concluso. Peccato per la mancata collaborazione. Con essa forse ora starebbe festeggiando lui...

Vincenzo Nibali: 8. Il corridore del futuro. Sarebbe potuto anche esserlo del presente ma decide di sacrificarsi per Basso che dava maggiori garanzie. Chiude comunque al terzo posto nonostante lavori per il compagno in più di un'occasione. Senza dimenticare anche la vittoria di tappa dopo la discesa del Monte Grappa.

Michele Scarponi: 7.5. L'unico a resistere sul Mortirolo, bravissimo anche sullo Zoncolan dove limita i danni paga i problemi nelle tappe di pianura. Senza quelli sarebbe potuto essere almeno sul podio, così soltanto sfiorato.

Cadel Evans: 7. Da lui ci si poteva aspettare qualcosa in più in termini di risultato, ma come coraggio e determinazione ha mostrato di averne da vendere. Forse anche troppa, sfiorando l'incoscienza sullo Zoncolan dove accusa la testardaggine di voler seguire a tutti i costi Basso. Paga soprattutto però l'assenza di una squadra vera. Unico gregario di se stesso, consuma tante energie in compiti che non gli spetterebbero. Una vittoria di tappa e la maglia rossa, a dimostrazione della sua costanza, resteranno comunque negli annali.

Richie Porte: 7. Sin da subito nelle primissime posizioni in classifica grazie alle sue abilità a cronometro, approfitta della fuga bidone per distanziare i big. Qualche giorno in rosa e poi in bianco. Maglia che difende sino alla fine conquistandosi la sesta piazza nella generale. Lontano dai primi, ma davanti a grandi nomi. Per un primo anno da professionista non poteva chiedere di meglio.

Alexandre Vinokourov. 6.5. Un altro che supplisce alla mancanza di gambe con un cuore grandissimo ed un cervello fino. Sempre nelle prime posizioni ad inizio Giro conquista la rosa in Olanda. Considerato il maggiore responsabile, insieme alla sua squadra, della fuga dell'anno, si dimostra comunque inferiore ai big in salita dai quali paga regolarmente distacchi importanti. E' comunque sempre un piacere averlo in corsa.

Carlos Sastre: 5. Lo spagnolo è nei primi dieci solo grazie alla sua presenza nella maxi fuga dell'Aquila. Paga sempre dazio in salita, come in pianura dove si ostina correre in fondo al gruppo; per lo spagnolo sembra essersi spenta la pila interna. Non tanto nelle gambe, quanto nel cervello. Se ritrova il modo di accenderla son dolori, ma senza quella è un corridore come tanti...

Marco Pinotti: 6.5. Un cronoman puro come lui che arriva nella top 10 di uno dei Giri più duri degli ultimi anni merita solo che complimenti. Soprattutto se la prova più bella la fa sullo Zoncolan, dove il suo fisico cercava inesorabile di riportarlo a valle. Guadagna quando e come più facendosi sempre trovare attento. Tenta anche qualche sortita senza rimanere in gruppo a succhiare. Non dimentichiamo anche il suo lavoro di gregariato nelle tappe di pianura.

Robert Kiserlovski. 7.5. Anche lui nella fuga dell'Aquila ma perde la maggior parte del suo vantaggio usandosi letteralmente per i suoi capitani. Un altro bellissimo esempio di un giovane di belle speranze pronto a sacrificarsi per il capitano, nell'attesa che la grande occasione arrivi anche per lui. Record: è il primo croato nella top 10 di un Grande Giro.

Damiano Cunego: 5. Un terzo posto non basta. Illude i suoi tifosi, ma soprattutto se stesso dopo un buon inizio di Giro ma poi piano piano sparisce. Sullo Zoncolan autore comunque di una buona prova in rimonta ma da allora accusa sempre più ritardi, a partire da Plan de Corones. Non era il suo Giro, ce ne sarà mai un altro?

Bauke Mollema: 6. Ci si aspettava molto da lui e pur vedendosi molto poco raccoglie un 12° posto nella generale che al suo primo grande giro è comunque un bel risultato. Da rivedere per il futuro, in Olanda si aspettano molto da lui.

John Gadret: 6.5. Il Giro della parziale rinascita del francese. Ottimo scalatore, si era perso negli anni passati dopo essersi fatto vedere proprio qui al Giro, nel 2006. In salita è spesso con i primi, paga gli errori nelle prime tappe in pianura, altrimenti sarebbe stato piazzato meglio in classifica.

Vladimir Karpets: 5.5. Reduce da un ottimo Romandia, convince all'ultimo la dirigenza a portarlo. Dura una settimana e poi sparisce. Qualche bella azione dove mostra il suo coraggio, ma resta un fuoco di paglia.

Linus Gerdemann: 5. Illude con un bell'inizio di Giro ma poi sparisce. Ha il merito di non arrendersi e di lottare sino alla fine. Ottimo corridore da brevi corse a tappe ma tre settimane per lui sono troppe.

Dario David Cioni: 4.5. Indicato dallo stesso Wiggins, suo compagno di squadra, come il vero capitano della formazione britannica, sparisce dopo poche tappe appena la strada inizia a salire. Resta in corsa chiudendo nei primi 20, come un buon gregario, ma il capitano ha dimostrato di non poterlo fare.

Chris Anker Sorensen: 7. Vince una tappa, la prima di salita sul Terminillo, poi si sacrifica costantemente per il leader Porte. Un lavoro preziosissimo il suo durante tutto il Giro. Gregario eccezionale.

Bradley Wiggins: 6.5. Vince la prima tappa ed indossa la prima maglia rosa. Non riesce a tenerla e pian piano sparisce dalla classifica. Era venuto per saggiare la gamba sulle dure montagne italiche, al Tour vedremo probabilmente il vero Wiggo.

Tyler Farrar: 7. Approfitta delle poche volate che ci sono per diventare l'unico corridore a vincere due tappe, escludendo i Liquigas con la cronosquadre, in questa edizione. Un bel risultato per un eterno piazzato come lui. Non conclude il Giro ma era molto dura per i velocisti.

Filippo Pozzato: 6. Forse dal campione italiano ci si poteva aspettare qualcosa di più, ma la sua firma in questo Giro la mette lo stesso onorando la sua maglia nell'ultima occasione in cui la indosserà.

André Greipel: 6.5. Si presenta come il dominatore delle volata. Non ne vince nessuna, anzi, alcune volte non le fa nemmeno e viene battuto regolarmente, anche dal compagno Goss. Si rifà nell'ultima occasione con il merito di non aver mai mollato e di aver anche aiutato la squadra nelle tappe in cui non toccava a lui finalizzare. Un bel gesto, raramente i velocisti lo fanno.

Stefano Garzelli: 6.5. Venuto per far classifica paga un'amnesia nel giorno dello Zoncolan. Si lascia uscire volontariamente di classifica per avere lo spazio di attaccare nelle tappe seguenti. Non servirà in quanto suggella la sua presenza con la bellissima vittoria a Plan de Corones.

Valerio Agnoli. 8. Come per tutti gli altri della Liquigas, unica formazione a chiudere senza ritiri la corsa, un grandissimo lavoro per i capitani senza mai risparmiarsi. Gli uomini verdi sono sembrati veri marziani in questo Giro, superiori, senza se e senza ma (e senza forse).

Matthew Lloyd: 8. Vittoria di tappa e maglia verde per lui. Un Giro da incorniciare per costanza e intraprendenza coronato, appunto, da una delle maglie più prestigiose della Corsa Rosa.

David Moncoutiè: 5. Portato a forza dalla squadra ha il merito di provarci ma la condizione proprio non c'è. Peccato, alla sua prima apparizione al Giro d'Italia, ci si aspettava sicuramente qualcosa in più dallo scalatore francese, protagonista delle salite spagnole nelle ultime due edizioni.

Wouter Weylandt, Jerome Pineau, Matthew Goss, Evgeni Petrov, Manuel Belletti, Damien Monier, Joahn Tschopp: 8. Vincere una tappa al Giro, che sia in salita, in pianura, in volata o a cronometro è sempre un grande successo. Per alcuni di loro è la prima grande vittoria, che fa brillare una stagione ed una carriera.

Marzio Bruseghin, Francesco Masciarelli, Alessandro Petacchi, Domenico Pozzovivo, Christian Vandevelde: sv. Tutti alla partenza di Amsterdam con grandi ambizioni, minati nel fisico devono abbandonare senza aver occasione di mostrare cosa sarebbero stati in grado di fare in condizioni ottimali.

Gilberto Simoni: 6. Se ne è parlato più di quanto si sia visto, ma il vecchio Gibo voleva a tutti i costi salutare un'ultima volta il Giro d'Italia che tanto gli ha dato e a cui ha dato tanto. Fallisce il suo ultimo obiettivo, la Cima Coppi, ma ci ha messo il cuore quando ha potuto, a scapito di gambe non eccezionali. Ciao Gibo!

(spaziociclismo)

io a karpets darei un 4...è voluto venire a tutti i costi e che ha fatto???una bella azione ma nulla piu'..

garzelli invece7,5...a plan de corones uno spettacolo incredibile...

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non capisco perchè a sastre 5 ed ad arroyo 8.5 :dubbio: nelle tappe di montagna sastre è andato meglio di arroyo e ha perso molto nella prima settimana (10 minuti) a causa di una caduta ,quindi non vedo cosa avrebbe fatto di meno :wink:

ricordiamoci poi che arroyo ha perso oltre 10 minuti da metà giro in poi,mica pochi

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non capisco perchè a sastre 5 ed ad arroyo 8.5 :dubbio: nelle tappe di montagna sastre è andato meglio di arroyo e ha perso molto nella prima settimana (10 minuti) a causa di una caduta ,quindi non vedo cosa avrebbe fatto di meno :wink:

ricordiamoci poi che arroyo ha perso oltre 10 minuti da metà giro in poi,mica pochi

ha guadagnato 10 minuti... dici poco :D

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cmq secondo me Pancani è stato veramente bravo.... e voglio condividere quello che ha scritto ciclismo-online

FRANESCO PANCANI: Bravo, bravo, bravissimo. Un commento preciso, in grado addirittura di tenere svegli gli spettatori di questo Giro, praticamente impossibile con Auro Bulbarelli. Non è facile parlare per tante ore consecutive senza correre il rischio di annoiare lo spettatore, lui ci riesce bene. Forse per la sua curiosità di scoprire un mondo nuovo, forse perché ha capito che quello è il compito principale di un buon commentatore. Ottimo anche nel servire assist ai commentatori tecnici, Cassani, Martinello e Conti, non cade infatti negli errori di Bulbarelli che quando sapeva qualcosa voleva dirla lui per sembrare più bravo. Pancani, anche le cose che sa, preferisce chiederle a Cassani, perché questo è il gioco delle parti. Forse, se non si perde per strada, è lui il vero erede di Adriano De Zan.

nell'ultima parte esagerano ma apprezzo il fatto che giri le domande ai commentatori tecnici cosa che non faceva Auro.....

...io sono convinto che possa ancora migliorare e vedo bene anche Savoldelli dalla moto, che potrebbe diventare l'erede di Cassani....

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i voti dipende sempre se si fanno relativamente alle potenzialità di ognuno o in modo assoluto... prima si deve precisare ciò poi si può dare i voti..

bhe da quando ha iniziato mi sembra che sia migliorato e anche di molto.. questo mi lascia presupporre che ci siano altri margini di miglioramento.

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  • Amministratori

Il Pagellone

Basso: 9,5. Quasi perfetto. In salita è il più forte. Torna sul gradino più alto del podio dopo 4 anni, e lo fa staccando nettamente gente di rilievo come Evans, Sastre e Vinokurov. Unico limite la discesa e forse le cronometro, dove 4 anni fa andava più forte. Vince soprattutto perché ha saputo essere il capitano di una squadra, con i compagni che hanno corso per lui, e quando ha potuto ha ricambiato come sul Tonale togliendo l'abbuono a Scarponi per Nibali. Può andare al tour. Ma per salire anche lì sul gradino più alto occorrerà fare di più. Bentornato.

Arroyo: 8. Riesce a sfruttare al meglio la tappa dell'Aquila. Ma non è all'altezza del giro, e lo si vede in montagna, sul Mortirolo. Prova a rientrare in discesa, gli serve per tenere il podio e lo ottiene. Per fortuna non vince il giro o sarebbe stato uno scandalo sportivo. Punto più alto della sua carriera, ringraziando quella fuga. Fortunato.

Nibali: 9. Il futuro del ciclismo italiano è lui. Potrebbe andarsene in discesa sul Mortirolo, lasciare Basso solo e provare a vincere il giro o perlomeno a salire sul podio. Ma è leale, fa gioco di squadra, non abbandona mai il capitano e coglie un terzo posto che si legge secondo a un giro in cui non doveva partecipare. Promessa.

Scarponi: 8,5. Tralasciamo il fatto che va più forte ora di quando è stato pizzicato. E' l'unico che riesce a tenere i ritmi di Basso sul Mortirolo. Prova fino alla fine a strappare il podio a Nibali ma non ci riesce. Soddisfatto, a metà.

Evans: 7,5. Voto alzato per la vittoria di Montalcino, nella tappa più difficile del giro. Si presenta con una squadra assolutamente non competitiva e finisce per difendersi da solo. Ancora una volta manca la vittoria in un GT. Mezzo voto in più per la prima maglia rossa, che resta comunque la seconda maglia del giro. Agrodolce.

Vinokurov: 6-. Non era qui per la maglia rosa. E l'ha fatto vedere nella tappa dell'Aquila, dove tutti si aspettavano una sua mossa e invece niente. Ha teso una trappola che poteva cambiare il giro. Prova fino alla fine a vincere una tappa ma non riesce nonostante rimanga comunque protagonista. Eroico.

Richie Porte: 8,5. La sorpresa. Anche grazie alla tappa dell'Aquila. Vince la maglia bianca. Se nel futuro c'è Nibali, potrebbe esserci anche lui. Futuribile.

Sastre: 5. Pessima condizione? Preparazione in vista del Tour? La Cervelo gli aveva fatto una tattica perfetta imbucandolo nella fuga dell'aquila. A quel punto c'erano solo montagne, il suo terreno preferito. Bastava stare con i migliori per vincere il giro, invece è il primo a staccarsi. Delusione.

Pinotti: 7. La sorpresona. Il campione italiano a cronometro in una top 10 del giro. Dopo aver anche indossato la maglia rosa ecco il premio finale. Bravo, ingegnere.

Cunego & Lampre: 3. Nè carne nè pesce. Semplicemente scarso. Illude nella prima settimana, poi prende bastonate a cronometro. Ri-illude sullo Zoncolan dove viene esaltato per un QUARTO posto e poi si ristacca sul Mortirolo. Ha una squadra che non è stata in grado di chiudere una fuga nell'inizio giro per Petacchi. Patetico all'ultimo giorno, quando da la colpa del suo distacco alla tappa dell'Aquila e ai trasferimenti lunghi. Come se per Basso non fosse stato lo stesso. Ma tranquilli, per salvare la stagione può sempre vincere il Lombardia contro Uran. Promessa. Da marinaio.

Karpets: 5. Aveva un distacco che poteva tenere ed entrare nei primi 10. Invece nulla. Questo comprende anche il risultato di Pinotti. Siberia.

Farrar: 8. Tra le fughe ci sono poche volate. Lui se ne prende 2 e poi saluta tutti. Perfetto.

Petacchi: 2. Vedi Cunego. Non riesce nemmeno a riprendere la fuga. Ale-triciclo.

Wiggins: 3. Ve lo ricordate quello del Tour 2009? Allora veramente Cera una volta bradley? Sospetto.

Simoni: s.v.. Conclude la sua straordinaria carriera con questo giro. Ma forse lo fa troppo tardi. Decisione saggia.

Liquigas: 10 e lode. Assolutamente perfetti. Stravincono le classifiche per squadre, piazzano due uomini a podio e riescono a piazzare anche Sabatini in volata anche se non vincono. Lezione di squadra.

Pancani: rimandato. Il commento è da rivedere. A volte si dilunga perché non sa che cosa dire. Evita le digressioni che hanno caratterizzato Bulbarelli.

Cassani: 5,5. Se si limitasse ai soli commenti tecnici sarebbe eccellente. A volte però si dilunga troppo raccontando eventi del passato già sentiti 200 volte nelle telecronache precedenti di giri o tour. Ripetitivo.

Savoldelli: 4. Esordio in motocronaca completamente deludente. Il suo racconto è una telecronaca di ovvietà che il telespettatore ha già visto accostate a ricordi o giudizi personali poco coerenti con la corsa. La differenza con un giornalista competente come De Luca sull'altra motocronaca è abissale. Bocciato.

Rai: 3. Nell'era dell'alta definizione dove vengono prodotti in HD anche giri minori come California e Turchia rimane indietro. Qualcuno direbbe che è già tanto che sia prodotto in 16:9. Aggiornatevi.

Salvo Controllo Antidoping Positivo o Bicicletta Truccata.

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Hai dimenticato la De Stefano, quello che faceva le interviste ( non ricordo come si chiama, ma non sa lo spagnolo) e Plastina

Non sono d'accordo con il Giudizio su Savoldelli, mi è piaciuto molto

Quotone. Comunque quello che fa le interviste è Piacente, che si merita un 2 insieme al suo amico Plastina...faceva domande ovvie e inutili...

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come fai a dare 3 a Wiggins che ha vinto una tappa e ha indossato la rosa?

Cunego non è stato così negativo e la Liquigas avrebbe faticato molto meno se non avesse sottovalutato l'Aquila..altro che 10 e lode.....

PS: Pinotti non ha indossato la maglia rosa :wink:

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