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[Operacion Puerto] BASSO CONFESSA E COLLABORA


sateo

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"..è stato un momento di debolezza..."

Ma secondo voi uno che vince (onestamente) un Giro d'Italia in quel modo può cedere ad un momento di debolezza? che paura avrebbe avuto? è ridicolo...

Bah, io stavo dalla parte di Simoni ed ora più che mai.

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Io resto convinto che sta facendo il classico doppiogioco.....

Io ho sempre creduto in Basso e sono stato un suo grande tifoso fino a che non ha confessato, e ora mi dico: se ha provato a nascondere tutto da un anno a questa parte e ha confessato solo adesso xkè non aveva alternative, come faccio a fidarmi delle sue parole in conferenza stampa????Ha fregato tutti già una volta, non vedo come non abbia potuto farlo di nuovo.....

Più che per il fatto(in un mondo così tutto può capitare....)mi ha dato fastidio che per un anno ha raccontato solo farse e una volta con le spalle al muro e nessuna alternativa ha vuotato il sacco.....se diceva tutto subito di certo ne usciva in modo diverso.E tra l' altro non ha confessato un bel niente, ha solo cercato uno sconto di pena.

Volevo invitarvi a leggere questo articolo(per chi non lo avesse già fatto) che secondo me rispecchia il punto di vista di tante persone(me compreso).....

Senza via d'uscita

Basso, il Coni, una squallida farsa

Per piacere nessuno parli di coraggio. I coraggiosi sono altri, e invece Ivan Basso è solo un figlio del suo tempo e del suo mondo. E come tale non va nemmeno condannato, il 98% delle persone che si fossero trovate nella sua condizione si sarebbero comportate esattamente come lui. Per non piegarsi bisognava essere Marco Pantani, ma Marco Pantani è finito male, e nessuno potrebbe umanamente augurare a Ivan un percorso simile a quello del Pirata. Il Pirata, vittima di un ideale (esattamente sì, vittima di un ideale, l'ultimo Giordano Bruno del nostro disgraziato paese), è irripetibile in un ciclismo che si è mitridatizzato proprio in seguito alla vicenda del più grande corridore dei tempi moderni.

Questi qui di grande hanno il conto in banca, di sicuro, e sicuramente mille altre doti, che gli abbiamo sempre riconosciuto. Non la grandezza. Sono esserini fallibili, ricattabili da chiunque un giorno si alzi e decida che la campana sta suonando per loro. Basso come chiunque altro si fosse trovato nella sua condizione. Ma non parliamo di coraggio, per piacere. Citiamo per la millesima volta Steinbeck? "Non ci vuole coraggio per fare ciò a cui si è obbligati". Punto.

Basso ci ha provato in tutti i modi, a scamparla. Ha dapprima fatto il vago, poi ha negato fino all'inverosimile, poi (tramite il suo avvocato) ha cavillato cercando appigli giuridici per invalidare le indagini del Coni, e solo alla fine della fiera, quando era ormai palese il suo coinvolgimento (ma soprattutto era palese che non ne sarebbe venuto fuori con le sue gambe), solo alla fine ha ammesso. Si è recato dai suoi inquisitori, ha vuotato il sacco e si è tolto finalmente un peso dalla coscienza. Applausi.

Applausi, sì, ma non quelli spontanei; qui gli applausi sono televisivi, sono quelli chiamati da un segnale al neon, a cui l'addomesticato pubblico in sala risponde con tutto l'entusiasmo possibile. Quel pubblico in sala che, assistendo live a uno show catodico, ne carpisce i segreti, i misteri, i dietro le quinte, e quindi le miserie, le mistificazioni, le scenette e la loro architettura, e capisce finalmente che quel che in tv sembra vero non lo è, è solo costruito, artefatto, finto, verosimile ma terribilmente finto. E poi, però, quando torna a casa, davanti alla tv ci si mette ancora, a guardare cose che già sa essere finte, ma con lo spirito di sempre, fingendo siano vere.

Esattamente quello che avviene in queste ore. Basso ha confessato, e il Coni finge di credere che l'errore del corridore sia solo e soltanto un "tentato doping", figlio del più classico momento di debolezza. Anzi, il buon Petrucci stabilisce che se Ivan continua così, sarà veramente il paladino della lotta al doping. E la farsetta continuerà, Basso avrà capito il suo errore, si sarà reso conto che il suo esempio è importante per i giovani, e che non cadrà più in tentazione. Potremmo metterci la firma, questo è quel che sentiremo prossimamente. Un copione scontato che pare venire direttamente dai film di Bruckheimer, quelli di cui minuto per minuto anticipi le battute, sempre quelle, sempre malinconicamente rarefatte di significati.

Basso si dopava, o forse no, forse ci ha solo pensato. L'importante è che ora abbia capito che così non si fa, ma soprattutto l'importante è che ora non sgarri più. No, che andate a pensare: il "non sgarri più" non si riferisce al non doparsi, ma al non uscire più dal ruolo, da oggi in avanti. Buoni sentimenti a piene mani, miele che colerà a chili, tanta comprensione per il ragazzo dalla faccia pulita. E in effetti la sua faccia è pulita; sono i giochi che si stanno giocando intorno alla sua figura ad essere enormemente sporchi.

"Quella voglia di tendergli la mano" noi non ce l'abbiamo. Gliel'abbiamo tesa in tutti questi mesi, la mano, mentre altri si nascondevano; ora che questi altri sorgono dal loro letto di ipocrisia per tendergliela, noi ci facciamo da parte e lasciamo il proscenio (oddio, la voglia sarebbe di tendere la mano verso chi scrive certe cose, tendergliela anche con una certa violenza) ai Fanini e ai Cannavò, ovvero ai campioni dell'antidoping.

Ci facciamo da parte e lasciamo che chi non ha voluto capire fino a oggi, continui a illudersi nella certezza di un Eden che mai è stato e mai sarà. Contenti loro, contenti tutti.

Quel che sappiamo, è che ancora una volta hanno avuto ragione "loro". Loro, quelli che fanno sì che ancora una volta, qui e ora, a 4 giorni dal Giro, noi tutti si stia parlando di tutt'altro che del Giro. Si parla di doping, come sempre, come da 10 anni abbondanti. Si parla di "lotta al doping", e invece siamo sempre punto e daccapo, contro il doping non si lotta se non a parole, le centrali del doping non vengono sfiorate se non dopo che si muove la magistratura; e intanto gli struzzi trovano sempre spazio nella calda sabbia quasi-estiva, per infilarci le proprie teste, per continuare a fingere che tutto vada come deve andare, che si pongano degli argini al doping, che gli altri sport non siano nemmeno parzialmente toccati dal problema, che noi, noi del ciclismo siamo sempre quelli che devono stare un passo avanti agli altri.

È questo quello che volete? Lo avrete. In generale, visti i chiari di luna, lo avrete. Non da noi, però. Continuiamo a fare gli aventiniani, a non crederci, a sottolineare tre volte in rosso le storture di tutto ciò. Basso tornerà a correre, bene, buon per lui; ma il ciclismo oggi ha perso un altro pezzetto di credibilità. I dirigenti se ne accorgeranno mai? Dubbio profondo. Siamo qui, senza via d'uscita, come quel maledetto cane che si morde sempre la coda. Siamo qui a celebrare l'ennesimo funerale del ciclismo, che risorge da se stesso ma sempre più povero. Finché non rimarrà altro che polvere.

Marco Grassi

Da http://www.cicloweb.it/art774.html

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  • Amministratori

Basso: "Sono stato un pirla Chiedo scusa a tutti"

Lo sfogo del varesino: "Non mi sono piaciuto nella conferenza, non sono riuscito a scusarmi. Dovevo confessare un anno fa, ho nascosto tutto pure alle persone più care. Adesso voglio riconquistare la fiducia di chi credeva in me"

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MILANO, 10 maggio 2007 - Sapete cosa succede a un uomo che sbaglia, nasconde il suo errore, poi torna sui suoi passi ma non riesce più a essere credibile? Succede che si ritrova nudo e insicuro. Frastornato dagli eventi, cerca una via d’uscita e rischia di sbagliare ancora. Succede così a Ivan Basso. Era la faccia più affidabile dello sport, ci ha raccontato una grande bugia, lo ha ammesso e gli abbiamo teso la mano, ma nella conferenza stampa ha deluso anche se stesso e ci soffre. "Mi sono rivisto in tv e non mi sono riconosciuto — dice Basso raccontandoci il suo disagio —. Sono sembrato arrogante? Non lo sono mai stato. Ero terribilmente a disagio. Volevo chiedere scusa a tutti quelli che hanno creduto in me. Dovevo chiedere uno 'scusa' grande così e non ci sono riuscito. E’ che mi sono sentito aggredito. C’erano 150 giornalisti, ero tiratissimo, non ero io". Lunedì Ivan Basso si è presentato, volontariamente, alla Procura antidoping del Coni, per confessare: "Birillo sono io, quelle sacche di sangue sono mie". Per molti mesi si era trincerato dietro una difesa strenua. Ha provato a nascondere a tutti la frequentazione con un medico spagnolo legato a filo doppio con la filosofia del doping.

UN PESO - Ettore Torri, il nuovo capo della Procura antidoping, è però tornato alla carica con prove così evidenti che Ivan non ha avuto scelta. "Avrei potuto evitare il confronto, avrei potuto eccepire su tutto, tirarla per le lunghe e continuare a correre, ma non ce la facevo più. Avevo bisogno di liberarmi di un peso — spiega Basso —. Anzi, avrei dovuto farlo molto prima. Avrei dovuto raccontare tutto già nel giugno dello scorso anno". La confessione di Basso è stata, comunque, un fatto clamoroso. Nessun numero uno dello sport aveva mai ammesso le sue colpe così rapidamente davanti alla giustizia sportiva. Ci è sembrato un piccolo grande passo avanti.

NON HA CONVINTO - La conferenza stampa di martedì a Milano è apparsa invece un salto all’indietro. Basso non è stato convincente. "È questo che non mi fa stare sereno. Il fatto è che ho detto esattamente quello che è nei verbali. Io quel sangue versato a Madrid non l’ho mai utilizzato. E il famoso Kalc, il presunto galoppino che portava le sacche alle corse, non so nemmeno chi sia. Al procuratore ho detto tutto quello che so, ma certi nomi io non li avevo mai sentiti nominare. Ho sbagliato, lo ammetto, ma adesso come posso fare a riconquistare la fiducia? Quello che ho detto in conferenza stampa è quello che ho detto a Torri. Io sono esattamente quello che la gente pensava che fossi. Sono soltanto un uomo che ha sbagliato. Tutto qui".

LE SACCHE - Continua a risultare poco chiaro che un atleta così, uno che fin da ragazzino dominava il suo sport, debba rivolgersi a Fuentes. "Sono stato un pirla — commenta —. Un Pirla con la p maiuscola. Ho pensato che prima poi mi sarebbero servite quelle sacche. Ho provato e solo adesso capisco quanto ho sbagliato. E’ giusto che io paghi il prezzo del mio errore. Non cerco sconti".

BRUTTA PAGINA - Perché negare l’evidenza, perché nascondersi dietro un "Birillo"? «Perché ad un certo punto negavo la verità anche a me stesso. E’ difficile crederci, ma questa brutta pagina l’ho nascosta anche alle persone che ho più care. Sono un uomo di grandi principi e forse nel mio inconscio non ho mai accettato quei viaggi a Madrid. Ecco perché voglio chiedere scusa a tutti quelli che hanno avuto fiducia in me. So che non sarà facile riconquistarla ma ci voglio almeno provare. E se possibile vorrei rassicurare quelli che si sono emozionati per me. Le mie vittorie sono vere, me le sono conquistate soffrendo per questo sport in ogni secondo della mia vita. Ho vinto e rivinto in bici da quando avevo 6 anni e nei miei risultati non c’è doping".

MISSIONE - E’ vero, Ivan ha trovato il suo talento nella culla e lo ha coltivato con impegno. Un atleta con il suo motore e la sua lucida determinazione potrebbe paradossalmente essere vittima del doping facile e poco rintracciabile. A parità di condizioni, sarebbe stato comunque il primo della classe. Proprio per questo dovrebbe essere in prima fila nella lotta al cancro dello sport. Questa dovrebbe essere la sua missione. "Mi prenderò una lunga vacanza con la famiglia. Mia moglie e i miei figli sono la mia vita. Con loro cercherò di ritrovare serenità e poi tornerò in bici, perché anche quella è la mia vita".

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Guardate qua:

La T-Mobile stoppa Honchar

Un mese di sospensione per l’ucraino Honchar. Lo ha decretato la sua squadra T-Mobile, di mezzo problemi ematici…

Buon protagonista al Giro 2006, che lo ha portato anche in maglia rosa, l’ucraino Serguei Honchar non avrebbe comunque partecipato al 90mo Giro d’Italia, escluso dalla formazione per la corsa solo qualche giorno fa, ufficialmente per tendinite.

La storia sta invece in altro modo; la T-Mobile, squadra di appartenenza dell'ucraino ha annunciato infatti di aver sospeso per 30 giorni il corridore, a seguito dei risultati degli esami del sangue eseguiti dalla squadra, su Honchar, a fine aprile. La T-Mobile fa sapere che suddetti esami hanno dato risultati rientranti nei limiti UCI, ma si riserva di sottoporre il corridore a nuovi controlli. Qualcosa che non ‘quadra' pare dunque esserci, dietro alla sospensione di Honchar dovrebbe dunque nascondersi il doping, in qualche sua forma.

Se anche lui è dopato (non ci sono comunque notizue ufficiali) è proprio uno schifo.

Comunque sono solo indiscrezioni prese dal sito di eurosport

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La T-Mobile stoppa Honchar

Un mese di sospensione per l’ucraino Honchar. Lo ha decretato la sua squadra T-Mobile, di mezzo problemi ematici…

Buon protagonista al Giro 2006, che lo ha portato anche in maglia rosa, l’ucraino Serguei Honchar non avrebbe comunque partecipato al 90mo Giro d’Italia, escluso dalla formazione per la corsa solo qualche giorno fa, ufficialmente per tendinite.

La storia sta invece in altro modo; la T-Mobile, squadra di appartenenza dell'ucraino ha annunciato infatti di aver sospeso per 30 giorni il corridore, a seguito dei risultati degli esami del sangue eseguiti dalla squadra, su Honchar, a fine aprile. La T-Mobile fa sapere che suddetti esami hanno dato risultati rientranti nei limiti UCI, ma si riserva di sottoporre il corridore a nuovi controlli. Qualcosa che non ‘quadra' pare dunque esserci, dietro alla sospensione di Honchar dovrebbe dunque nascondersi il doping, in qualche sua forma.

Se anche lui è dopato (non ci sono comunque notizue ufficiali) è proprio uno schifo.

Comunque sono solo indiscrezioni prese dal sito di eurosport

La notizia è vera lo confermano sul sito della squadra, è stato sospeso per trenta giorni in cui effettuerà esami approfonditi

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  • Amministratori

McQuaid: "A Basso nessuno sconto"

Alla vigilia della cronosquadre d'avvio del Giro parla il presidente Uci: "Ivan ha mentito a tutti per nove mesi, se non saremo contenti della pena ricorreremo al Tas"

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LA MADDALENA (Sassari), 12 maggio 2007 - Tutto è pronto per la partenza della prima tappa del Giro d'Italia. La giornata è magnifica con sole che splende e maestrale che spira abbastanza forte. Le ore della vigilia sono state caratterizzate da due eventi, la cofnerenza stampa del presidente dell'Uci McQuaid e una gara a staffetta tra ex professionisti.

PARLA MCQUAID - Il massimo dirigente dell'ci, Pat McQuaid, è tornato sul caso Basso e non ha per nulla smorzato i toni: "Basso per nove mesi ha mentito a tutta la famiglia del ciclismo, alla gente, ai media e agli sponsor del suo nuovo team. Non merita nessun tipo di sconto. Mi congratulo con il Coni per l'inchiesta che ha portato alla sua confessione. Ora il procedimento andrà avanti e se non saremo contenti della pena andremo al Tas. Abbiamo potuto dare un'occhiata sommaria al dossier di 6000 pagine dell'Operacion Puerto, non c'è traccia di nomi nuovi"

STAFFETTA - In mattinata si è disputata una gara a staffetta sul percorso della cronosquadre odierna. A partecipare amatori e diversi ex professionisti (Moser, Fondriest e Motta tra i nomi più illustri). Le squadre in gara indossavano le varie maglie in palio quest'anno al giro. Si è imposta la staffetta della maglia ciclamino che aveva in squadra anche Mariano Piccioli, vincitore della gara a punti al Giro nel 1998, e Davide Cassani, oggi telecronista Rai.

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non so se avete saputo di questa cosa comunque ve la posto, tratto da Tgcom:

"Alle parole di McQuaid si aggiungono poi le dichiarazioni-confesione di Jef D'Hont, massaggiatore di Riis e Ullrich alla T-Mobile, che intervistato da "Dribbling" getta ancor più fango sul mondo del ciclismo. "C'è stato un periodo in cui i medici e i massaggiatori erano tutti d’accordo e questo è stato il grave errore. La cosa più brutta dell’affare Riis è stato quando mi hanno mostrato la provetta con l’ematocrito a 64. era il Tour del ’96. C’era un apparecchio, lui veniva nella mia stanza con due fiale, io vedo il livello a 64 e lui mi dice cha va bene così. Lì ha rischiato di morire"."

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non so se avete saputo di questa cosa comunque ve la posto, tratto da Tgcom:

"Alle parole di McQuaid si aggiungono poi le dichiarazioni-confesione di Jef D'Hont, massaggiatore di Riis e Ullrich alla T-Mobile, che intervistato da "Dribbling" getta ancor più fango sul mondo del ciclismo. "C'è stato un periodo in cui i medici e i massaggiatori erano tutti d’accordo e questo è stato il grave errore. La cosa più brutta dell’affare Riis è stato quando mi hanno mostrato la provetta con l’ematocrito a 64. era il Tour del ’96. C’era un apparecchio, lui veniva nella mia stanza con due fiale, io vedo il livello a 64 e lui mi dice cha va bene così. Lì ha rischiato di morire"."

e dopo ha detto parole inproponibili a basso.....a bjarne: ma v********o và!!!!!!!!!!

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comunque qua è tutto uno schifo...sono convinto che c'è chi non si dopa ma questi corridori secondo me non sono quelli che vincono. Non si può pensare di fare salitoni dopo 200 km come lo zoncolan soltanto con la pasta asciutta e l'allenamento...

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