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[PCM 2010 Story] Dopo la sconfitta...


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Sigaretta nella sua destra, bottiglia nella sinistra. D'arkness affrontava armato la fredda notte nella sua tanto amata quanto odiata terra.

Il silenzio intorno a lui era scalfito solo da rumore dei suoi passi lenti e struscianti. La nebbia circondava ormai lampioni e vetrine lasciando filtrare una debole luce biancastra che a fatica arrivava sulla strada, resa umida e brillante dal freddo.

Intrizzito dal freddo ma effimeramente scaldato dall'alcol, il suo corpo lo trascinava senza fretta verso quel posto che una volta chiamava casa, nel quale non entrava ormai da anni, dove la polvere si era ormai impossessata di quanto rimasto di quelli che a fatica si erano potuti definire mobili, vecchi e logori come sempre li aveva conosciuti. Un piccolo, scomodo tugurio che rappresentava tutto il fallimento esistenziale dei suoi genitori e dal quale era scappato appena possibile, troppo giovane per capire la portata di quello che stava facendo e troppo vecchio per non immaginarlo.

Era da quel giorno che non tornava, ma ora non aveva altro posto, e vi si era diretto quasi divertito, con il sorriso amaro, ripensando alla parabola che lo aveva allontanato e poi riavvicinato a questo posto.

Matt non era più con lui, ne aveva persa la custodia per una stupida rissa nella quale si era trovato coinvolto. I nonni non vedevano l'ora che facesse un errore e lui l'aveva fatto, servendogli la scusa su un piatto d'argento. L'intransigente tribunale canadese non aveva impiegato molto tempo per levare il figlio a quell'indegno genitore, idolo delle folle ciclistiche, ma irresponsabile completo nella sua vita personale.

Da allora tutto era ripiombato nello stesso buio esistenziale in cui era prima dell'avvento di Matt. Tutto da rifare, sempre che si volesse farlo...

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nooooo l'uomo piu' sfigato dell'universo e' tornato !!

in questa puntata

-D'arkness sara' rapito da alieni vogliosi

-il figlioletto rimarne paralizzato cadendo dalla prima bici regalata dal padre

-la nuova fidanzata di D'arkness lo tradisce con tutta la Radioshack ...

-Il figlio di D'arkness ricomincia lentamente a camminare ma perde la parola

-D'arkness e' colto da un crampo mentre sta finalmente per vincere un traguardo volante

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nooooo l'uomo piu' sfigato dell'universo e' tornato !!

in questa puntata

-D'arkness sara' rapito da alieni vogliosi

-il figlioletto rimarne paralizzato cadendo dalla prima bici regalata dal padre

-la nuova fidanzata di D'arkness lo tradisce con tutta la Radioshack ...

-Il figlio di D'arkness ricomincia lentamente a camminare ma perde la parola

-D'arkness e' colto da un crampo mentre sta finalmente per vincere un traguardo volante

:rotfl:

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nooooo l'uomo piu' sfigato dell'universo e' tornato !!

in questa puntata

-D'arkness sara' rapito da alieni vogliosi

-il figlioletto rimarne paralizzato cadendo dalla prima bici regalata dal padre

-la nuova fidanzata di D'arkness lo tradisce con tutta la Radioshack ...

-Il figlio di D'arkness ricomincia lentamente a camminare ma perde la parola

-D'arkness e' colto da un crampo mentre sta finalmente per vincere un traguardo volante

cazzo, mi hai bruciato alcune sorprese :rotfl:

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Figlio mio,

ti avevo promesso di restare sempre al tuo fianco, per vederti crescere e per aiutarti a farlo. Ho cambiato la mia vita per te, diventando l'uomo che non avrei mai potuto essere prima, diventando quello che realmente non sono, ma ora sono un fantasma perché sono dove tu non sei.

Il destino ha voluto che le cose andassero diversamente. Una piccola maledetta beffa mi ha privato di te. I tuoi sorrisi, il tuo ridere così maledettamente fragoroso come quello di tua madre non faranno più parte del mio quotidiano. Un tribunale ha deciso: la tua custodia è interamente dei tuoi nonni.

Piccolo mio, la vita ha deciso per me, qualsiasi cosa faccia ricado sempre nella stessa posizione, tanto vale che non mi sforzi di essere diverso da quello che sono. ......Mi piace rientrare a letto quando gli altri si svegliano, guardare il fumo della mia sigaretta alzarsi verso il cielo, vivermi le notti, così piene di senso e dove gli uomini sono quello che sono, senza gli orpelli che sono costretti a portare di giorno, quando la società, con i suoi mille occhi, li osserva e non li lascia in pace...

Figlio mio, piccolo frutto di tanto doloroso amore, forse tu non sarai come me, mi auguro che tu sarai migliore, come sarebbe potuta essere tua madre. La vita è effimera non la sprecare, mordila con gusto assaporandone ogni istante; lotta ogni giorno per restare te stesso, respira a pieni polmoni, scala le tue montagne e non evitarle; osserva ciò che è bello e riempiti gli occhi, circondato dalle persone che ami e che meritano il tuo amore. Sii te stesso, figlio mio, e non aver mai paura di esserlo. Trova il tuo cammino, quello che conduce all'indomani, e seguilo, sempre, senza mai deviare da esso; lotta per questo ogni giorno ed in ogni piccolo dettaglio, non privarti di quello che realmente vuoi per nessuno se non per te stesso e ricordati che avrai sempre il mio sostegno dovunque sarai e dovunque sarò io.

Con queste parole, affidate ad un logoro foglio prima di crollare a letto senza nemmeno sapere come, D'arkness prese una decisione sul suo futuro.

Tutto stava a vedere se se la sarebbe ricordata il giorno dopo...

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Le amicizie vanno coltivate. E questo D'arkness negli ultimi tempi si era dimenticato di farlo. Troppo impegnato con suo figlio prima, e a disperarsi poi, intorno a sé ora aveva il deserto. Quegli alberi rigogliosi e pieni di rami che erano le sue amicizie, giorno dopo giorno, mese dopo mese, si erano seccate, lasciando il vuoto al loro posto. Troppa poca cura aveva avuto, troppa commiserazione e troppa disattenzione avevano fatto si che la quotidianità del canadese fosse oramai unicamente dedicata al lavoro. E quando non c'era il lavoro, come succedeva in quel momento, non c'era nulla...

Forse fu questo che fece scattare in lui una rivalsa, una rabbia antica forse, sopita fino a quel momento, come di un emozione che senti salire dentro di te ma che lasci lì, sordo, senza volerla ascoltare o lasciar sfogare.

Rilesse la lettera che aveva scritto a suo figlio, e leggendola pianse. Ma per ogni lacrima che gli rigava il volto, perdendosi in quella barba ispida che gli stava crescendo, la rabbia continuava a crescere. Rabbia per essersi lasciato imprigionare negli schemi che aveva sempre rifiutato, per essersi fatto piegare e umiliare. E per cosa poi? Per uscirne sconfitto?

No, avrebbe reagito, e così fece.

Una telefonata e tutto si mise in moto, di nuovo pronto a tornare...

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D'arkness era esperto nel ripensare ai momenti felici. Spesso infatti il canadese si rinchiudeva in essi, troppo deluso da sé stesso per vivere il presente e troppo debole per indirizzarsi verso il futuro.

Ed fu proprio in uno di quei momenti, prima di riprendere il suo cammino, così brutalmente interrotto ancora una volta, che si ritrovò, con un vecchio pantalone marrone di pelle mal conciata, mocassini ai piedi e petto nudo - una concessione di una stranamente soleggiata giornata d'autunno canadese - a pedalare in direzioni di Timmins, dove quel giorno vagavano i suoi ricordi.

Erano anni che non tornava da quelle parti, ma sapeva che avrebbe trovato quel che cercava: le sue origini. D'arkness stava crescendo e si rendeva sempre più conto di quanto fosse importante per lui, riconciliarsi con quel mondo, al quale aveva sempre guardato con scettica curiosità. Sua madre aveva staccato i ponti con quel mondo, vogliosa di lasciarsi alle spalle un retaggio culturale al quale non riuscì però mai a scappare completamente; i suoi capelli, il suo sguardo fiero e i suoi numerosi tatuaggi erano tutti segni inequivocabili, impossibili da nascondere.

Intorno a sé vedeva solo terra brulla, sbattuta da secoli di vento ed intemperie, di quelle che ti forgiano come persona, che ti costringono a pensare al quotidiano e a come sopravviverci. Con questo spirito era cresciuta questa gente, e forse, con questo spirito, avrebbe potuto riprendere il suo cammino, pur senza abbandonare il suo essere. Voleva conoscersi fino in fondo, rendersi conto del perché, a volte, era il suo stesso sangue a dirli che stava sbagliando. E questo viaggio, in quel luogo così a lungo dimenticato, alla ricerca di un bel momento del passato, poteva - chissà - dargli le risposte che cercava.

Primi volti incuriositi cominciarono a vederlo passare. Nessuno lo riconobbe inizialmente, ma tutti si resero conto di avere a che fare con uno di loro. Era strano vedere volti nuovi da quelle parti; qualche curioso turista, qualche fan sfegatato di una pop star originaria del luogo e qualche archeologo erano gli unici ad inoltrarsi in queste così poco ospitali lande. E D'arkness, si vedeva chiaramente, non era nessuno dei tre. La strada era ormai scomparsa sotto le ruote della sua vecchia bicicletta lasciando il posto a terra battuta che si alzava in polvere rossastra verso il cielo dopo il passaggio del nostalgico pedalatore.

Le prime abitazioni erano ormai in vista e D'arkness sentiva una strana emozione scaldargli il corpo, soprattutto quando vide la sagoma di un vecchio, con i lunghi capelli bianchi sciolti dietro la schiena, intento a fumare fuori da una casa, vecchia mai stata nuova, seduto sui gradini e con lo sguardo assente, come a ricordare le stagioni passate. Quel vecchio era proprio colui che cercava, ma ora che gli era così vicino si rese conto di non sapere cosa dirgli.

Mentre faceva mente locale, e mentre la sagoma si trasformava sempre più in un vecchio in carne ed ossa, il tempo iniziò a cambiare e D'arkness sentì uno strano brivido percorrergli la schiena. Fermò il suo mezzo a distanza, giudicandola abbastanza rispettosa, e, posata la bicicletta su una malridotta staccionata non lontana dalla vecchia casa, si incamminò verso quella piccola figura, avvolta in una vecchia coperta i cui maestosi disegni erano ormai sbiaditi dal tempo.

Nessuno, tranne Matt tanti anni dopo, seppe mai cosa si dissero i due ma D'arkness da quel giorno cambiò. Non fuori, ma dentro, imparò ad essere sé stesso, in pace col mondo e con la natura, la sua e quella esterna.

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