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Lissavetsky ribatte: non abbiamo insabbiato l'Operacion Puerto

Attaccato da più parti in merito all'Operacion Puerto, il ministro dello Sport spagnolo Jaime Lissavetzky, ministro dello Sport spagnolo, respinge le accuse al mittente: «Non abbiamo nulla da nascondere e non nasconderemo nulla. Anche noi vogliamo risolvere la questione e non accetto accuse di insabbiamento. Il resto sono insinuazioni fondate sul nulla. Anche noi, come la Wada, ci siamo appellati contro la decisione di archiviazione del giudice Antonio Serran, una decisione che ostacola l'adozione di sanzioni nei confronti degli atleti. Vogliamo trovare una soluzione, non vogliamo lasciare nulla in sospeso, ma non possiamo applicare la nuova legge antidoping varata ai fatti al centro dell'Operacion Puerto.

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A 38 anni, Stefano Zanini ha deciso di ritirarsi

Uno dei "grandi vecchi" del ciclismo italiano, Stefano Zanini, ha deciso di chiudere la carriera. Dopo diciassette stagioni, quindi, in gruppo non ci sarà più Maciste a pedalare: nato a Varese il 23 gennaio del 1969, Zanini è passato al professionismo nel 1991 con la Italbonifica Navigare e da allora ha difeso anche i colori di Navigare-Bluestorm, Gewiss-Ballan, Mapei, Saeco, Quick Step, Liquigas e Predictor-Lotto. In carriera Zanini ha conquistato 31 vittorie tra le quali spiccano l'Amstel Gold Race (è stato il primo italiano a vincerla, nel 1996), una Milano-Torino, una Parigi-Bruxelles, la tappa conclusiva del Giro 1993 a Milano e quella del Tour 2000 a Parigi. Nel 1996 ha indossato anche per un giorno la maglia rosa. È stato azzurro nel 1998 a Valkenburg.

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Coni: sei deferimenti per l'inchiesta Oil for Drug

La Procura Antidoping ha disposto oggi sei deferimenti in merito all’inchiesta "Oil for Drug": i sei sono Maurizio Spadoni, Emanuele Traversari, Maurizio Innocenti, Alberto Neri, Riccardo Capantini e Samuel Pieraccini.

Nella disposizione della Procura si legge: «Deferimento dell'atleta Maurizio Spadoni (tesserato per la Societa' ASD Ciclomillennio) al competente Organo di giustizia federale della Federazione Ciclistica Italiana con richiesta di due anni di squalifica. Deferimento dell'atleta Emanuele Traversari (tesserato per la Societa' ASD Dolphin) al competente Organo di giustizia federale della Federazione Ciclistica con richiesta di un anno di squalifica, ridotta per l'apporto collaborativo prestato dal medesimo. Deferimento del sig. Maurizio Innocenti al Giudice di Ultima Istanza in materia di doping del CONI con richiesta - in quanto soggetto non tesserato per FSN o DSA - di inibizione a rivestire cariche o incarichi in seno al CONI alle FSN o DSA, a frequentare in Italia gli impianti sportivi, gli spazi destinati agli atleti ed al personale addetto ovvero a prendere parte alle manifestazioni od eventi sportivi che si tengono sul territorio nazionale o sono organizzati dai predetti enti sportivi, per un periodo di due anni, con l'aggravante di ulteriori sei mesi per non essersi presentato all'Ufficio di Procura senza addurre giustificati motivi di impedimento.

Deferimento del sig. Alberto Neri al Giudice di Ultima Istanza in materia di doping del CONI con richiesta - in quanto soggetto non tesserato per FSN o DSA - di inibizione a rivestire cariche o incarichi in seno al CONI alle FSN o DSA, a frequentare in Italia gli impianti sportivi, gli spazi destinati agli atleti ed al personale addetto ovvero a prendere parte alle manifestazioni od eventi sportivi che si tengono sul territorio nazionale o sono organizzati dai predetti enti sportivi, per un periodo di due anni, con l'aggravante di ulteriori sei mesi per non essersi presentato all'Ufficio di Procura senza addurre giustificati motivi di impedimento.

Deferimento del sig. Riccardo Capantini al Giudice di Ultima Istanza in materia di doping del CONI con richiesta - in quanto soggetto non tesserato per FSN o DSA - di inibizione a rivestire cariche o incarichi in seno al CONI alle FSN o DSA, a frequentare in Italia gli impianti sportivi, gli spazi destinati agli atleti ed al personale addetto ovvero a prendere parte alle manifestazioni od eventi sportivi che si tengono sul territorio nazionale o sono organizzati dai predetti enti sportivi, per un periodo di un anno, cosi' ridotto per l'apporto collaborativo prestato dal medesimo.

Deferimento del sig. Samuel Pieraccini al Giudice di Ultima Istanza in materia di doping del CONI con richiesta - in quanto soggetto non tesserato per FSN o DSA - di inibizione a rivestire cariche o incarichi in seno al CONI alle FSN o DSA, a frequentare in Italia gli impianti sportivi, gli spazi destinati agli atleti ed al personale addetto ovvero a prendere parte alle manifestazioni od eventi sportivi che si tengono sul territorio nazionale o sono organizzati dai predetti enti sportivi, per un periodo di due anni.

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Madrid ospita il congresso della Wada: pene sempre più dure

Sarà il ministro Giovanna Melandri (unitamente al segretario generale del Coni Pagnozzi) a rappresentare l’Italia al congresso della Wada che si svolgerà a Madrid domani e venerdì e che culminerà con la nomina del successore di Dick Pound (sarà l’australiano John Fahey) che lascia dopo otto anni la guida del massimo organismo mondiale di lotta al doping. Ma il congresso della Wada si occuperà anche di inasprire le pene e rendere ancor più diffcile la vita di chi vuol barare.

Tra le principali novità che verranno adottate c’è la squalifica fino a 4 anni alla prima positività in caso di violazione "aggravata". Sono compresi: il coinvolgimento nei traffici di sostanze proibite, aver fatto uso di doping in molteplici occasioni, aver impedito o ostacolato le indagini su una violazione antidoping. Rientrano nel computo anche coloro che hanno beneficiato degli effetti di sostanze proibite oltre i termini di prescrizione.

Saranno considerati colpevoli gli atleti che salteranno tre test antidoping e che non comunicheranno le loro sedi di allenamento in un periodo di 18 mesi.

Gli atleti potranno ottenere una riduzione della sanzione se ammetteranno l'uso di doping; se aiuteranno le indagini e/o guideranno gli investigatori ad un grande traffico di doping; se proveranno di aver assunto sostanze proibite senza l'intento di migliorare le prestazioni.

I tempi tra le analisi e le controanalisi saranno ridotti, anche se gli atleti saranno sospesi temporaneamente dopo le prime analisi.

La Wada potrà fare appello contro le sentenze delle organizzazioni antidoping nazionali direttamente al Tas di Losanna.

Il Cio accetterà le candidature per ospitare le Olimpiadi solo dai paesi i cui governi abbiano firmato la convenzione Unesco e le cui federazioni abbiano recepito il Codice Wada. Le stesse regole saranno utilizzate a partire dal 2010 anche per l'assegnazione delle competizioni mondiali.

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Monaco, la Sei Giorni è di Risi e Marvulli

L'esperienza ha avuto la meglio ancora una volta: Bruno Risi e Franco Marvulli, infatti, hanno vinto la Sei Giorni di Monaco imponendo la loro legge e respingendo i disperati assalti finali di Zabel e Lampater. E dopo la grande festa di Monaco, il circo della Sei Giorni si prepara ora a sbarcare a Gand, in Belgio.

La classifica

1 Bruno Risi / Franco Marvulli (Sui) 323 pts

2 Erik Zabel / Leif Lampater (All) 299

A 1 giro

3 Robert Slippens / Danny Stam (PB) 158

A 2 giri

4 Robert Bartko / Iljo Keisse (All/Bel) 237

5 Andreas Beikirch / Erik Mohs (All) 204

A 3 giri

6 Olaf Pollack / Peter Schep (All/PB) 189

A 10 giri

7 Alex Rasmussen / Michael Morkov (Dan) 233

A 19 giri

8 Marcel Siedler / Guido Fulst (All) 103

A 20 giri

9 Roger Kluge / Christian Bach (All) 121

A 21 giri

10 Robert Bengsch / Marcel Kalz (All) 206

A 23 giri

11 Christian Grasmann / Andreas Muller (All) 106

A 31 giri

12 Alois Kankovsky / Petr Lazar (Tch) 81

A 36 giri

13 Stefan Löffler / Sebastien Frey (All) 92

A 40 giri

14 Christian Lademann / Christian Kux (All) 57

A 46 giri

15 Andreas Kappes / Gerd Dorich (All) 40

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Sabato la grande festa del Manuel Belletti Fans Club

La Romagna, da sempre terra amante del pedale, ha trovato quest’anno in Manuel Belletti una delle sue punte di diamante per quanto ha riguardato il panorama U23, tanto da fargli meritare per la stagione 2008 il passaggio al professionismo nel team Diquigiovanni - Androni.

Per celebrare un’evento tanto importante i suoi concittadini, di Sant’Angelo di Gatteo (FC) hanno deciso di organizzare una grande festa, per la serata di sabato 17 novembre, dove presso il circolo Acli della medesima località a cominciare dalle ore 19.30, si ritroveranno assieme a tutti i convenuti per ripercorrere, da prima attraverso fotografie e video e successivamente mediante racconti e ricordi di quanti l’hanno accompagnato nei suoi dieci anni di storia ciclistica, quella che è stata una fantastica cavalcata che hanno portato Manuel anche a vestire la maglia azzurra agli ultimi campionati Europei su strada che si sono svolti quest’estate sulle strade di Sofia.

La serata, condotta da Gianluca Giardini, vede tra gli ospiti annunciati la presenza del Team manager della Diquigiovanni Gianni Savio, di due dei nuovi compagni di squadra alla Diquigiovanni stessa Gilberto Simoni e Leonardo Moser oltre a quella dell’esperto per eccellenza di ciclismo romagnolo, nazionale e mondiale Davide Cassani.

Saranno presenti oltre ai direttoti sportivi delle varie formazioni in cui ha militato Manuel (Fausto Coppi, Fiumicinese, Rinascita Ravenna, Pedale Ozzanese e Unione Ciclisti Trevigiani) ed al Patron della storica Trevigiani Remo Mosole, anche diversi ex-compagni di squadra che hanno condiviso con Manuel gioie e fatiche. Numerose inoltre le adesioni di figure di primo piano dello sport romagnolo che interverranno all’evento.

Nell’occasione sarà possibile anche sottoscrivere il tesseramento al Fans Club “Manuel Belletti il furetto Romagnolo” che servirà per sostenere Manuel nel difficile mondo del professionismo.

Per informazioni: bellettifansclub@alice.it

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Ballerini contro Fothen: non è stato attento, legga bene

Le parole pronunciate ieri dal giovane tedesco Markus Fothen e rivolte contro Paolo Bettini, hanno colpito l'attenzione degli addetti ai lavori e suscitato reazioni ferme, a cominciare da quella del ct della nazionale azzurra di ciclismo, Franco Ballerini. A margine della firma dell'accordo di collaborazione tra la federciclismo e il Corpo Forestale dello Stato, Ballerini ha spiegato che «tutti i punti fermi per la lotta al doping sono stati firmati da Bettini. Fothen, evidentemente, non è stato attento a quello che è successo perchè Bettini ha firmato tutti e 3 i punti fondamentali del documento dell'Uci, quelli sul doping. Mentre ha voluto mettere una postilla sulla confisca di un anno di stipendio ai ciclisti risultati positivi. Se Fothen avesse letto bene quanto dichiarato da Bettini, non avrebbe commesso questo errore di valutazione»".

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Caso Rasmussen: anche Breukink rischia il posto

Lo scandalo rasmussen non è ancora esploso in tutta la sua gravità, ameno per quanto riguarda le conseguenze in casa Rabobank. Le conclusioni dell'inchiesta esterna - Rasmussen non avrebbe dovuto disputare il Tour - chiamano pesantemente in causa il team olandese e non basteranno le dimissioni già presentate in estate dal team manager Theo De Rooy. «Theo De Rooy ha tirato le sue conclusioni, nei prossimi giorni ci saranno chiarimenti in seno alla squadra» ha dichiarato Piet Van Schijndel, uno dei titolari della formazione olandese. Secondoi quanto anticipato da Sporza.be, il direttore sportivo Erik Breukink (nela foto) e e uno dei medici del team, Geert Leinders, sarebbero sul punto di essere licenziati

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Pista: gli azzurri Biolo, Ciccone e Masotti volano in Argentina

La lunga strada che porta a Pechino, per gli azzurri della pista passa anche da una lunga trasferta in Argentina. Il gruppo Endurace, infatti, agli ordini di Cristiano Valoppi, Collaboratore Tecnico per la Qualificazione Olimpica, sarà impegnato inun lungo ritiro in Argentina dal 15 novembre al 13 dicembre. Al raduno parteciperanno Giampaolo Biolo (Filmop Sorelle Ramonda), Angelo Ciccone (Cycling Team Friuli) e Fabio Masotti (Fiamme Azzurre).

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Flaminia: Boggia continua la sua striscia vincente

Stefano Boggia ha allungato la striscia di successi nel ciclocross vincendo a Montemurlo (PO) il 3° memorial Cecconi, 1° trofeo Città di Montenurlo, portando così a due il bottino di vittorie personali in questa sua seconda stagione nella specialità.

Boggia, che sul campo ha guadagnato il soprannome di "il Demonio" vista l'abitudine a partire subito a tutta velocità, ha guadagnato 15" di vantaggio sui più immediati inseguitori. Poi ha continuato la sua azione d'attacco costringendo alla resa tutti gli avversari.

Domenica prossima Stefano Boggia sarà di scena a Vignone (VB), nella 1° prova degli Internazionali d'Italia, con l'obiettivo di migliorare ulteriormente la sua forma in vista dei campionati italiani di inizio gennaio, obiettivo stagionale del corridore piemontese.

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Adorni, i settant'anni di un signore del ciclismo

Festeggerà domani 70 anni Vittorio Adorni, il ‘ciclista gentiluomo’, campione tra i più amati dello sport italiano degli anni ’60. 57 vittorie da professionista, dal 1961 al 1970, negli anni a seguire è stato opinionista televisivo, direttore sportivo, dirigente federale, presidente del Panathlon internazionale ed è oggi autorevole consulente dell’UCI…Tra i suoi successi, il Giro d’Italia nel ’65 ed il Mondiale conquistato ad Imola nel 1968, dopo aver già ottenuto un posto d’onore a Sallanches, nel ’64. Fu prezioso compagno di squadra, tra gli altri, di Bahamontes, Gimondi e Merckx.

Buoni settant’anni, Adorni…

«Eh sì, mi sono piombati addosso così, come un traguardo che appare all’orizzonte d’ improvviso, grazie. Ma guardi che ho ancora tanto da pedalare, in senso figurato, almeno. Ed ai miei di famiglia ho già dato appuntamento per gli ottanta. Questo qui è un traguardo volante, quello me lo vedo invece come l’arrivo di un Giro…».

Un grande amore, il ciclismo, visto che non ha mai smesso di viverci dentro, anche dopo corsa…

«Un amore infinito, che mi folgorò da ragazzino, ricordo ancora l’episodio. Era la primavera del ’55, una gita con due amici in bici, ed io per la prima volta a provare la bicicletta, quella da città che mio padre usava per recarsi al lavoro… Ce ne andammo sul Passo della Cisa, una fatica ed uno spettacolo che mi è ancora impresso. E sulla via del ritorno a casa, mi convinsi che non l’avrei abbandonata più. Detto fatto».

Tanti successi, tanti ricordi…

«Certamente. Anche se c’è una emozione che domina sulle altre per distacco, anche sul Giro, ed è il Mondiale conquistato ad Imola, 1968: partenza ed arrivo sull’Autodromo, sul circuito dei Tre Monti, che fu un poco come vincere nel parco sotto casa, io che mi allenavo sempre, anzi ‘spesse volte’, lì. Ma al di là del coinvolgimento personale, resta incredibile la sequenza di quel Mondiale, una giornata di estate luminosa, con una fuga che iniziamo a 200 chilometri dal traguardo, con Van Looy, il povero Agostinho ed un altro italiano, Carletto, e con quell’attacco mio, quando mi accorsi che gli altri, Van Looy per primo, erano alla frutta, sulla rampa di Frassineto, con novanta chilometri ancora da fare… E chi se lo aspettava, che sarebbe stata una apoteosi, con il pubblico che mi dave le ali, una cavalcata alla Wagner, proprio io che ero, da buon habituè del Teatro Regio di Parma, un patito della musica di Verdi… E vinsi con nove minuti ed oltre sul secondo, Van Springel, il che resta il distacco massimo, nella storia dei Mondiali su strada, dal dopoguerra almeno. Con le campane di Imola a suonare, in festa».

E l’ amarezza maggiore, invece

«Vede, è tutta una amarezza, anzi una doppia amarezza, in tinta ‘orange’… La prima, a Sallanches, quando persi il Mondiale da Jan Janssen allo sprint. Lì, nel ’64, peccai di ingenuità, quando in fuga da solo con il francese Anglade non ebbi la determinazione di insistere. E mi ritrovai, in volata senza molte chances contro il veloce Janssen, uno di quegli olandesi del ciclismo che correvano con gli occhiali ma che per i Mondiali avevano la vista buona. Eppure, nel momento in cui, ad un paio di chilometri dall’arrivo, Janssen buttò via gli occhiali da miope, che gli davano fastidio per la pioggia battente, mi illusi ancora :‘spero che non si accorga del traguardo….’. Niente, arrivai secondo. Con l’amarezza, sul podio, di chi non poteva sapere mica che sarebbe poi arrivato il sole di Imola… Ed il secondo dispiacere, forse maggiore, fu quando un altro olandese, Arie Den Hartog, mi superò in volata nella ‘Sanremo’ del ’65, quella corsa stregata che noi italiani non vincevamo da una dozzina di anni. Da allora, e non è una battuta, avrei vietato a mia moglie di piantare tulipani in giardino ! Anche se con Janssen e Den Hartog saremmo naturalmente diventati amici».

Lei è stato campione negli anni di Gimondi e Merckx..

«Sì, e mi reputo un fortunato ad aver fatto ciclismo, un ciclismo vittorioso per giunta, in quegli anni. Di non essere stato una comparsa, nel periodo migliore del ciclismo. Ed in tutta semplicità, sono orgoglioso di aver accompagnato Felice Gimondi nelle prime giornate del suo Tour vittorioso, di avergli battuto la strada, nel ’65. E con Merckx, poi, credo di aver svolto nel ’68, nella Faema, la stagione del suo primo trionfo al Giro, un ruolo di compagno, di alter-ego prezioso. Diventai il consigliere a lato, giorno dopo giorno, di quel giovane novizio belga, un talento straniero che doveva ancora essere adottato, senza sospetto, dal pubblico italiano. Credetemi, sono felice per quello che ho fatto per loro. Anche per quando, ad esempio, con Merckx litigai, perché, lui che doveva vincere sempre, voleva per forza raggiungere un gregario modesto, Emilio Casalini, in fuga nella frazione del Giro ’68 che arrivava sul glorioso Monte Grappa… Quella volta, solo secondo, dopo il vittorioso Casalini, un Eddy imbronciato arricchì il suo patrimonio di un briciolo di umiltà».

Merckx l’ ha mai ringraziata ?

«In corsa, forse mai. Ma è stato molto gratificante, di recente, in un incontro pubblico, che abbia dichiarato: ‘senza Adorni al fianco, sarei stato molto meno Merckx’».

Come vive, nel suo ruolo di Presidente dell’ Associazione UCI-Pro Tour, la tensione che si è creata fra l’UCI di Pat Mc Quaid e gli organizzatori dei grandi Giri, Giro d’Italia compreso ?

«E’ una diatriba sgradevole, frutto innanzitutto di interpretazioni non corrette. L’Uci ha sempre avuto a sua finalità lo sviluppo e la crescita del ciclismo, ed il sistema Pro-Tour ne era la prova. L’Uci non ha mai ambito a sottrarre immagine né ai Grandi giri, tantomeno ai loro organizzatori, sarebbe stato un karakiri: ha solo cercato di dettare regole ed articolare meccanismi di partecipazione alle corse. Purtroppo, il problema doping, che resta il cardine negativo di tutte le nostre problematiche, dallo scandalo Festina del ’98 in poi, ha creato, tra squalifiche e ricorsi, un conflitto trasversale tra Uci, organizzatori, gruppi sportivi, atleti, manager, dal quale veramente è difficile venir fuori. Se non con la buona volontà, ed un passo indietro, di tutti».

Il doping, appunto …

«Una vergogna che è colpa, appunto, di tutti. Ma innanzitutto degli atleti, che devono capire, e credo se ne siano resi conto in questi ultimi mesi, che il doping potrebbe sancire la fine del loro lavoro, mica solo del loro sport, perché gli sponsor non ne vogliono più sapere di investire pubblicità e denaro su un prodotto e su valori fasulli. Basta con le classifiche scritte, o corrette, dall’antidoping. E severità massima, con radiazione, per i colpevoli: con pene pecuniarie idonee. Chiedendo anche la collaborazione proficua della giustizia ordinaria. Ma sono ammissibili i ricorsi di figure come Landis e Vinokurov, o il giudizio assurdo intentato all’Uci da Kascheckin, che ha denunciato i controlli antidoping come violazione del diritto dell’uomo? Bisogna dire basta a questo versante del ciclismo in ostaggio di avvocati e vizi di forma, di soli diritti, senza alcun rispetto dei doveri insiti nella pratica di uno sport che è pure professione a tutti gli effetti».

Lei, Adorni, campione di charme, atleta vincente e suadente, testimonial di ‘bon ton’ al Processo alla Tappa di Sergio Zavoli, è stato anche il primo sportivo a cimentarsi , ben prima di Cipollini e Rosolino, sul palcoscenico televisivo..

«Sì, condussi, in coppia con Liana Orfei, ‘Ciao, mama’, con una sola “m”, appunto, provocatoriamente, un programma di intrattenimento serale, scritto da Paolini e Silvestri, gli autori di Baudo. E lo feci però da atleta ancora in attività, mica a carriera finita. Registravo e poi mi andavo ad allenare. Per giunta, proprio nell’anno del Mondiale di Imola, 1968. Non era mica il tempo di ballare con le stelle…».

C’è un ciclista dell’attualità che le piace, in cui ritrova un po’ del suo spirito?

«Certo, Paolo Bettini è una gran bella figura, e la sua vocazione all’attacco in qualche modo me lo rende congeniale. Ed anche Pozzato, che però forse si nasconde troppo. Ma chi, in prospettiva, potrebbe rappresentare qualcosa di nuovo è per me Diego Ulissi, il campione del mondo juniores, che come Bettini ha bissato il successo dell’anno scorso, e che è un gran bell’atleta. E poi, a leggere bene la storia, è nato anche lui il 14 novembre, un riferimento ciclistico mica male, visto che oltre ad Adorni è il compleanno anche di Davide Boifava e di un certo Bernard Hinault…».

Ed il futuro ?

«Sono convinto che il ciclismo si riprenderà da questa crisi di credibilità. D’altra parte, il pubblico che affolla ancora le strade e la passione, ad esempio, con cui in questi giorni la gente è accorsa a Milano, per assistere alla Quattro Giorni su pista organizzata al Salone del Ciclo, ne è la riprova più concreta. In Italia, come nel mondo, amano tutti questo sport. Che per me ha la potenzialità enorme del passato. E che ha in sè tanta fantasia. Certo, sarebbe tutto più semplice se spuntasse un Merckx italiano, in grado di catalizzare l’attenzione dello sport...ı.

Ma anche un nuovo gentile Adorni, siamo sinceri, con la sua interpretazione senza scadenza di un ciclismo radioso, sarebbe oltremodo benvenuto.

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PROF - Giro 2008: c’è il Mortirolo con Fedaia, Presolana e Pampeago. Cronoscalata a Plan de Corones

Mercoledì 14 novembre 2007 - C’è già voglia di Giro d’Italia fra la gente che affolla i vari stand del Salone della moto e soprattutto della bici. Quello che scatterà il 10 maggio prossimo da Palermo. Avrebbero dovuto presentarlo proprio in questi scenari, se ne parlava da tempo, per rendere ancora più suggestiva la grande festa d’autunno del ciclismo alla Fiera di Rho. Invece il vernissage è slittato d’una ventina di giorni, appuntamento al teatro degli Arcimboldi sabato primo dicembre.

Ma c’è già voglia di Giro fra i campioni di ieri e di oggi, i tecnici, gli addetti ai lavori presenti in Fiera, perchè la corsa rosa è da sempre il grande evento, la festa di maggio, un happening popolare che entusiasma gli animi. E dunque c’è curiosità sul tracciato e sulle difficoltà che verranno proposte. Ecco perchè come sempre proviamo ad anticipare intenzioni e programmi di chi sta allestendo la manifestazione.

Sarà un Giro quello del 2008 e già l’abbiamo scritto, che patirà parecchio la concorrenza dei Giochi di Pechino di metà agosto. Come è possibile? Semplice: per essere competitivi nella caccia all’oro i campioni saranno quasi obbligati in luglio a correre il Tour de France. Così come la Vuelta di Spagna in settembre si sta dimostrando ad ogni annata quasi un passaggio obbligato per i Mondiali, vedi Bettini a Salisburgo e poi a Stoccarda. Ed i Mondiali nel 2008 si correranno in Italia, a Varese. Ecco allora che in tanti puntano a quel tris di eventi, Tour, Olimpiade, sfida iridata. Se aggiungiamo una classica di primavera a scelta fra Sanremo, Fiandre, Roubaix e Liegi, ecco che il Giro d’Italia, dal 10 maggio al primo giugno, rischia di esser fuori rotta. E’ il pensiero che sta accomunando campioni come Cunego, Bettini, Ballan, Rebellin, ma soprattutto gli stranieri (compreso Andy Schleck, rivelazione 2007). Certi di correrlo per il momento sono Di Luca, Simoni, Savoldelli, Riccò, Piepoli, Nibali.

Ma vediamo il Giro 2008 che sta nascendo, in attesa degli ultimi dettagli che gli organizzatori stanno ancora definendo. Si partirà da Palermo con una breve crono a squadre come quest’anno in Sardegna. Altre due tappe siciliane per l’avvio, a Catania ed a Messina. Poi si approderò in Calabria, tappa da Pizzo Calabro a Catanzaro Lido. E lentra risalita verso nord con brevi trasferimenti quasi quotidiani fra un arrivo e la partenza successiva ma nessun viaggio impegnativo come è accaduto nel recente passato. Tappa in Campania, tappa nel basso Lazio, prime montagne in Abruzzo dedicate a Vito Taccone, verso Roccaraso, Rionero, montagne storiche per il Giro d’Italia, con arrivo a Pescocostanzo. E’ ancora allo studio una crono nele Marche, fra Pesaro e Urbino (ma se ci saranno troppe crono Cunego proprio non verrà). In Toscana si arriverà a Livorno. E si andrà a Carpi, per celebrare il centenario di Dorando Pietri ai Giochi d’inizio novecento a Londra.

E le montagne? Eccole, nel gran finale, cominciando dalle Dolomiti, con ritorno a Pampeago in Trentino, come sede d’arrivo, poi sulla Marmolada, traguardo di tappa al passo Fedaia quanto mai spettacolare. E l’idea suggestiva ma con seri problemi logistici d’una cronoscalata a Plan de Corones, finale sullo sterrato fra tanti rischi, con l’obbligo di transennare quei chilometri conclusivi altrimenti su certe pendenze le spinte della gente falseranno di certo il verdetto.

Tappa di montagna anche nel bergamasco, sulle strade di casa di Paolo Savoldelli, con la Presolana e Monte Pora, traguardo a Rovetta. Sconfinamento in Svizzera con arrivo a Locarno, tappa dei due Mondiali, quelli del 2008 e del 2009, da Mendrisio a Varese, ultime vette al sabato 31 maggio, col Mortirolo che potrebbe decidere l’esito della sfida. E infine la suggestione conclusiva con la crono da Cesano Maderno a Milano nel primo pomeriggio della domenica pri­mo giugno ed una kermesse serale nel cuore del capoluogo lombardo che comunque sarà obbligatoria per la classifica generale. Il regolamento vietava le due semitappe finali ma adesso che il Giro d’Italia sarà fuori dal Pro Tour si potrebbe fare. Per concludere: ci sarà tempo per giudizi approfonditi ( snobbato clamorosamente il Piemonte?), ma la prima impressione è che sia più impegnativo e spettacolare questo Giro del Tour de France. Ed anche per quel motivo rischiano di dribblarlo in tanti.

Ciclonews.it

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DOPING - Pound lascia la Wada: «Nuovo codice per continuare la lotta». A Madrid si chiude un’era

Montreal (Canada) - martedì 13 novembre 2007 - «Abbiamo fatto tanto ma la strada è ancora lunga. Per continuare la battaglia abbiamo un nuovo codice antidoping: è un passo avanti».

Richard Pound, presidente dell'agenzia mondiale antidoping (Wada), celebra i progressi nella lotta all'uso di sostanze illecite nello sport e si prepara a cedere il testimone. A Madrid, da oghi a sabato, è in programma la Conferenza mondiale che dovrà approvare il nuovo documento e deve eleggere il nuovo numero 1 dell'organismo.

«Questo codice è decisamente migliore rispetto a quello del 2003. Abbiamo potuto verificare cosa funziona e cosa non va», dice Pound in un'intervista all'agenzia Dpa. L'evento di Madrid, al quale parteciperanno oltre 1500 delegati, costituirà anche l'epilogo del mandato di Pound. Dopo 8 anni, il presidente lascerà il suo posto all'unico candidato in lizza per la successione, l'australiano John Fahey. Si apre una nuova era, caratterizzata dalla svolta prevista daldocumento. La sanzione per gravi violazioni al regolamento antidoping passa da 2 a 4 anni. Il rigore del giudizio non impedirà di valutare la specificità di ogni caso: «Si potrebbe valutare in modo diverso un comportamento considerato semplicemente negligente, anche in relazione alla natura della sostanza incriminata». Accanto alla principale modifica, trovano spazio anche altri cambiamenti.

Chi si sottrae a 3 test al di fuori delle competizioni, va incontro a 12 mesi di stop. Un atleta risultato positivo, invece, può ottenere sconti di pena in caso di collaborazione con le autorità: in sostanza, per avere una riduzione della sanzione bisogna produrre prove relative alla diffusione del doping tra altri tesserati. «Chi collabora con le autorità e con le federazioni -spiega Pound- può arrivare ad avere una riduzione del 75% della sanzione. Vogliamo incoraggiare gli atleti ad aiutarci: non ci basta una confessione fatta nell'interesse del singolo, per egoismo o per alleggerire la posizione del colpevole».

Ci sono discipline che faticano a imboccare la retta via. «In passato abbiamo criticato aspramente l'Unione ciclistica internazionale - dice Pound -. Non si faceva nulla contro l'uso delle sostanze proibite, il tema del doping non interessava a nessuno. Il nuovo presidente (pat McQuaid, ndr) ha capito che servono cambiamenti radicali o il ciclismo, secondo me, si troverà ad avere problemi ancor più grandi».

La Conferenza di Madrid è anche l'occasione per un bilancio personale.

«In questo periodo sono cambiate tante cose - dice Pound -. Dieci anni fa non c'era alcun interesse nei confronti del doping. Il radar dell'opinione pubblica non era puntato su questo argomento».

Poi nel 1999 è stata creata la Wada, nata e cresciuta sotto la guida del 65enne avvocato canadese.

«Non tutti i guai sono stati risolti, è chiaro. Però abbiamo un'agenzia mondiale, un Codice mondiale e la Convenzione dell'Unesco, nella quale è sancito l'impegno dei governi a lottare contro il doping. La collaborazione tra sport e Stato è fondamentale e va rafforzata».

Pound sta per farsi da parte. «Non conosco Fahey, nessuno lo conosce a fondo. So che è un politico navigato».

Un consiglio al prossimo presidente? «Non bisogna mai scoraggiarsi nella lotta al doping. Un'organizzazione giovane come la Wada ha mosso i primi passi con grande entusiasmo. Ora è il momento di crescere e fare di più. Servono controlli migliori, indagini migliori e comunicazione migliore».

Pound non andrà in pensione: potrebbe puntare alla presidenza del Tribunale d'arbitrato sportivo.

«È una possibilità, ma non basta candidarsi. Bisogna anche essere eletti. Certo, sarebbe un ruolo adatto a me, visto che sono un avvocato».

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DOPING - Fothen attacca Bettini: «Al mondiale senza firmare il codice etico. Dovrà convivere con i sospetti»

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Markus Fothen accende una nuova polemica

Martedì 13 novembre 2007 - Paolo Bettini ancora sotto accusa. Stavolta, a scagliarsi contro il due volte iridato livornese, è Markus Fothen, 26enne corridore della Gerolsteiner, al quale non è andata giù la mancata firma dell'olimpionico sul documento Uci in tema di lotta al doping prima di Stoccarda.

«Per me più i controlli sono duri e meglio è - ha detto Fothen alla Ard, che con l'altra tv pubblica Zdf lasciò per protesta l'ultimo Tour -. Firmo tutto pur di garantire il mio onore, però mi chiedo quanto ciò abbia senso se poi chi non lo fa, come è accaduto a Stoccarda, diventa poi campione del mondo...».

Per Fothen, la decisione di Bettini «è incomprensibile, ora è lui che deve convivere con i sospetti».

Il tedesco svela poi che il gruppo diventa particolarmente nervoso quando arriva il Tour: «Chissà cosa c'è nell'aria - si chiede -. Di certo, la notte nessuno dorme per la paura».

Infine, un'amara considerazione sui suoi colleghi: «Non metto la mano sul fuoco per nessuno».

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JUN - Il ds Delle Cese lascia la Guazzolini Coratti

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Il direttore sportivo Aldo Delle Case

Mercoledì 14 novembre 2007 - Riceviamo e volentieri pubblichiano la lettera che il direttore sportivo Aldo Delle Case ha indirizzato al presidente della Guazzolini Coratti Umberto Coratti

Ciao presidente

Nei giorni scorsi ti ho rappresentato personalmente la decisione di concludere la mia esperienza sportiva al Gs Guazzolini Coratti ma sentivo forte dentro di me il desiderio di scriverti anche queste poche righe che comunque mai riusciranno a rappresentarti fino in fondo il mio senso di gratitudine per la magnifica, ineguagliabile e indimenticabile esperienza vissuta alle tue dipendenze in qualità di direttore sportivo.

Nel corso di tutti questi anni abbiamo condiviso molte gioie ed emozioni. Insieme abbiamo accompagnato centinaia di ragazzi nella loro pratica sportiva e, al tempo stesso, nella loro crescita umana. Insieme abbiamo avvicinato tanti bambini al mondo della bicicletta e li abbiamo lasciati più che adulti. Sai, non faccio che ripercorrere nella mia mente tutte le gare, gli allenamenti, le riunioni che abbiamo condiviso in seno alla squadra. Poi le ansie, le paure ma anche le indubbie soddisfazioni che io come tecnico e tu come presidente abbiamo vissuto uno di fianco all’altro. Straordinario, tutto semplicemente straordinario.

Ti ringrazio, caro Umberto, della preziosa opportunità che mi hai offerto in tutti questi 15 anni trascorsi insieme. A presto.

Aldo Delle Cese

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Valentina Scandolara, la giovane campionessa europea si racconta

Valentina Scandolara è una ragazza semplice, che vive a Tregnago, nell'alta veronese, 17 anni e un liceo in cui primeggia grazie alle sue doti di studentessa; una ragazza normale, non fosse altro che in bicicletta sa vincere davanti a qualsiasi avversaria.

Valentina, nelle categorie giovanili hai spopolato...quest'anno era il primo anno da juniores, dicci tu com'è andata...

"quest'anno posso dire che è andata bene; sono riuscita ad inserirmi bene nella nuova categoria poi sono arrivate la vittoria all'europeo e il terzo posto ai mondiali che hanno reso la mia annata eccezionale"

Fino a quest'anno avevi vinto in tutte le specialità, dalla pista al ciclocross, quest'anno hai corso prevalentemente su strada hai dunque deciso quale sarà la tua specialità del futuro?

"si quest'anno i risultati sono giunti soprattutto la strada, credo però che continuerò a praticare anche le altre specialità fino a quando l'impegno con la strada me lo permetterà; di certo la strada è una scelta quasi obbligata per emergere"

a proposito di futuro che programmi hai dopo un 2007 così eccezionale?

"nel 2008 continuerò il programma svolto quest'anno; la prima parte di stagione la correrò ancora con la officine alberti di sabaini, poi da metà stagione passerà alla safi pasta zara manatthan per iniziare a correre con le elitè. Quindi nel mirino ci sono ancora le gare juniores più importanti campionati europei e mondiali compresi, visto che sarà l'ultimo anno in cui potrò divertirmi, poi tutto diventerà più serio."

raccontaci un pò di questa maglia europea, che ricordi ti sono rimasti?

"molte belle immagini, qualche rimpianto; a sofia sono partita un pò giù di morale perchè con la pista non tutto era andato come avrei voluto poi il percorso non favoriva il nostro treno perchè gli ultimi chilometri erano in discesa e sembrava che niente girasse come doveva. invece sono riuscita ad accodarmi nel treno più veloce che mi ha portato in perfette condizioni fino ai 200 metri dal traguardo. A quel punto ho fatto la mia volata e solo dopo il traguardo mi sono accorta che avevo dato più di 15 metri alle altre; una soddisfazione bellissima."

complimenti; e in messico, un bronzo pesante per una al primo anno come te...

"si ad aguascalientes nel finale eravamo rimaste in sette davanti, io avevo il compito di tappare i buchi per la patuzzo e così ho fatto; poi eleonora ha sfruttato l'occasione ed è arrivata da sola, io ho fatto la volata e solo per meno di un centimetro ho perso l'argento. Tutto è andato per il meglio su strada e le rassegne internazionali sono state la conferma dopo tanti sacrifici."

...semmai sei mancata su pista, come mai troppi gli impegni con la strada?

"non direi proprio; ho dedicato buona parte del tempo anche alla pista purtroppo ci sono state delle incomprensioni con i tecnici azzurri e prima non ho corso agli europei i 500 metri, nei quali potevo forse dare il meglio di me. poi li ho corsi in messico ma senza averli preparati adeguatamente, così il lavoro che avevo fatto in pista è passato in secondo piano. E' andata così ma non direi che sono mancata, semmai che non ho avuto la possibilità di esprimermi al meglio; poi visti i risultati che sono arrivati dalla strada, tutto sommato può andare bene anche così"

tu ed eleonora patuzzo siete le due speranze azzurre nel settore femminile, è un caso che siate entrambe veronesi?

"mah non saprei se è un caso, probabilmente è merito dei tecnici che ci hanno scoperte e fatto crescere giorno dopo giorno; di certo posso dire che con eleonora il rapporto è buono, lei ha un anno più di me, ci siamo ritrovate in nazionale e il fatto di essere entrambe veronesi ci ha aiutato a legare."

come vedi valentina scandolara tra qualche anno? ti dividerai ancora tra studio e ciclismo?

"l'anno prossimo correrò con le elitè ma avrò ancora la maturità da conquistare tra i banchi; questo sarà il primo obiettivo, poi mi piacerebbe iniziare l'università, seglierei veterinaria ma molto dipenderà anche da come andranno le cose in bicicletta."

un ultima domanda riguarda un sogno che il tuo ds, luigino sabaini, ci ha confidato; fra circa due mesi si correranno i campionati italiani di ciclocross e poco dopo i mondiali di treviso...ti vedremo all'opera?

"con luigino stiamo pensando a che programma fare in vista del 2008; confesso che abbiamo preso in considerazione anche la possibilità di tornare a correre anche il ciclocross.

Da parte mia la disponibilità ci sarebbe, però se torno a correre sui prati vorrei fare i campionati italiani e puntare ad una maglia azzurra tra le elitè visto che per le juniores non c'è la prova iridata; ma per ora è solo un'idea, nulla più."

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Zalf, quando l'ambiente aiuta a crescere

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Quando si dice che l'ambiente in cui si cresce è importante, alla Zalf Desirèe Fior quest'anno saranno due gli atleti che lasceranno per diverse strade il mondo del dilettantismo: un professionista e un dottore.

Proprio così, i più maturi della truppa diretta da rui, camillo e faresin sono giunti al termine di un percorso che li ha aiutati a maturare e a diventare grandi; stiamo parlando di Marco Bandiera e Carlo Corrà.

Due ragazzi giunti tra i dilettanti con diverse ambizioni e usciti a strade incrociate; il neo professionista di Maser festeggierà il passaggio alla Lampre di Saronni e Martinelli il 1° dicembre tra la sua gente, mentre il dottore in dietologia ha già intrapreso la propria vita professionale dopo essersi misurato senza paura nelle due ruote.

Per Bandiera il passaggio nel ciclismo che conta sembrava cosa impensabile da juniores, quando i risultati mancavano e la passione era solo un piccolo germoglio; tra i dilettanti la musica è cambiata e il "bandieron" ha dimostrato di essere un musicista eccezionale capace di acuti indimenticabili sotto la neve di Trieste come sul muro di Capodarco, sulle vette del Giro del Veneto come in quelle del Giro della Valle d'Aosta.

La sua è stata una maturazione graduale che lo ha portato a mettere in mostra proprio tra i dilettanti tutte le sue qualità tra cui certamente spiccano la generosità e il coraggio; nei primi stage tra i professionisti non ha sfigurato ed è ormai pronto a spiccare il grande salto sicuro di non fallire.

Per Corrà, che da giovane era uno dei talenti più in vista del ciclismo azzurro, il destino ha riservato qualcosa di diverso dal mondo delle due ruote; dopo 5 anni in Zalf, durante i quali il ragazzo di Schio non ha perso tempo, laureandosi alla grande presso l'ateneo patavino e vicendo tra l'altro anche un titolo regionale under 23, il suo futuro è già in cassaforte.

Due storie diverse che raccontano di come alla Zalf il clima sia quello giusto per maturare i propri talenti, non solo quelli ciclistici "Merito dell'ambiente che abbiamo voluto costruire" sostiene il decano Luciano Camillo "qui i ragazzi si sentono parte di una grande famiglia che li vuole assistere in ogni esigenza". "Il lato sportivo è certamente predominante" rimarca patron Gaspare Lucchetta "ma dai nostri ragazzi non pretendiamo solo i risultati, il nostro obiettivo è trasmettere i valori dello stile Zalf; una "mission" che va oltre lo sport coinvolgendo tutti gli ambiti di vita."

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DOPING - Vertici dello sport a Madrid per il nuovo codice mondiale. Pound la presidenza per l’australiano Fahey

Madrid (Spagna) - mercoledì 14 novembre 2007 - L'approvazione del nuovo codice mondiale antidoping e l'impegno di tutte le federazioni ad adottare gli standard indicati: questi gli obiettivi più importanti della terza Conferenza mondiale sul doping nello sport, che si aprirà domani al Palazzo dei Congressi di Madrid. Per due giorni, oltre 1500 delegati delle federazioni nazionali delle varie discipline sportive e rappresentanti dei governi di tutte le nazioni, discuteranno delle modifiche proposte al codice antidoping della World Antidoping Agency. Il governo italiano sarà rappresentato dal ministro per le Politiche giovanili e le Attività sportive Giovanna Melandri, che giungerà domani nella capitale iberica. Per il Coni sarà presente il segretario generale Raffaele Pagnozzi.

Al termine della conferenza, l'Agenzia eleggerà il nuovo presidente, in sostituzione del canadese Dick Pound, che l'ha guidata dalla sua creazione, nel 1999. Dopo 8 anni lascerà il posto al candidato unico alla sua successione, l'australiano John Fahey.

Assente all'appuntamento di Madrid il presidente della Fifa, Joseph Blatter, che ha giustificato con problemi di agenda la sua mancata partecipazione. «Il calcio sarà comunque rappresentato», ha assicurato il portavoce della Wada Frederic Donze. La Federcalcio internazionale invierà infatti una delegazione tecnica guidata dal responsabile del settore medico, Jiri Dvorak.

La conferenza sarà l'occasione per la Wada di informare sui passi avanti compiuti nella lotta all'uso di sostanze illecite nello sport. Ma, soprattutto, sancirà l'adozione del nuovo Codice mondiale antidoping, che segnerà, come ha sottolineato Pound, una svolta e «l'inizio di una nuova era» nella cooperazione internazionale per la lotta al fenomeno.

Fra le proposte di modifica contenute nel nuovo Codice, le sanzioni per gravi violazioni che dovrebbero passare da 2 a 4 anni. È poi previsto uno stop di 12 mesi dall'attività sportiva per tutti coloro che si sottraggono a 3 test fuori dalle competizioni. Un atleta risultato positivo può ottenere sconti fino al 75% della pena in caso di collaborazione con le autorità, ad esempio producendo prove sulla diffusione del doping fra altri tesserati. «Vogliamo incoraggiare gli atleti ad aiutarci - ha detto Pound - Ma non ci basta una confessione fatta nell'interesse del singolo, per egoismo o per alleggerire la posizione del colpevole».

La prima opportunità per i dirigenti e le autorità governative di discutere del fenomeno e concordare una strategia comune a livello internazionale, fu la prima Conferenza mondiale permanente sul doping nello sport, convocata nel 1988 ad Ottawa, su iniziativa del Governo canadese e del Cio. I tre documenti approvati in quell'occasione riguardavano: i principi sull'eliminazione del doping nella pratica sportiva; la Carta Olimpica internazionale Antidoping, poi adottata dal Cio nel settembre del 1988; gli elementi e le direttive da utilizzare per contribuire allo sviluppo di una strategia che consenta l'approvazione e l'adozione della Carta; il modello di un programma antidoping nazionale.

A seguito della Conferenza mondiale di Losanna, nel 1999, fu creata la Wada, l'Agenzia mondiale destinata a sostenere e promuovere i valori fondamentali dello sport inteso come fattore indispensabile di crescita individuale e collettiva.

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VARIE - Mamma Tonina Pantani: «Voglio incontrare Vallanzasca»

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Il grande Marco Pantani

Mercoledì 14 novembre 2007 - «Chi ha venduto mio figlio in quel Giro? Vorrei capirlo». È la domanda che si pone Tonina Bellanti, mamma di Marco Pantani, che ai microfoni della Rai ha confessato di voler incontrare Renato Vallanzasca. Nel libro «I fiori del male», il bandito della Comasina, infatti, confessa che in carcere nel 1999 un compagno di detenzione gli disse di scommettere contro Pantani, perché non avrebbe vinto la corsa rosa. Fu, il 1999, l'anno di Madonna di Campiglio, quando Pantani fu fermato per tasso di ematocrito alto ed il momento dal quale sono cominciate tutte le disavventure successive del Pirata. Per questo motivo la richiesta dell'incontro con Vallanzasca, che arriva a distanza di qualche settimana dalla richiesta della mamma di Pantani di riaprire il fascicolo relativo al figlio perché convinta - dopo l'uscita del libro «Vie et mort de Marco Patani» scritto dal giornalista francese dell'Equipe Philippe Brunel - che Marco possa essere stato ucciso. «Il pm Bruno Giardina - racconta mamma Tonina - ascoltò Vallanzasca come persona informata dei fatti, ma questo lo scopro solo adesso. Vorrei sapere anche su questo chi non ha voluto che partecipasse al processo e comunque voglio incontrarlo per vedere se sa qualcosa di più. Anche l'avvocato voleva andare da Vallanzasca e gli è stato impedito. Ci sono troppi perché» conclude la signora Pantani.

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Caccia scatta per primo

Il ciclismo secondo Diego: "L'essenza di questo sport è la fuga. E' un bisogno, un'arte, una voglia. Il primo tentativo non è mai quello buono. L'importante è non voltarsi mai, come in amore"

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Diego Caccia, 26 anni, è nato a Ponte San Pietro (Bg). Cyclingnews

MILANO, 14 novembre 2007 - "Tengo duro in salita, mi arrangio sul mangia-e-bevi, vedo la fuga. E non vinco mai". Il ciclismo secondo Diego Caccia. Eccolo. Caccia in pista equivale a fuga su strada. O no? "Eh, la fuga, il ciclismo sta tutto lì. E' un bisogno, una voglia, un'arte. La fuga si coglie correndo davanti, naso al vento, antenne diritte, occhi anche dietro. Il primo tentativo non è mai quello buono. Il secondo e il terzo già di più. Forse il quarto e il quinto sarebbero i migliori, ma a quel punto è difficile avere ancora gambe. Perché la fuga nasce da un complesso di cose: quando il gruppo si apre, e per un attimo tutti sono stanchi morti, e tu hai la fortuna di cogliere quell'attimo, e di coglierlo non da solo, ma con qualcun altro, e che quel qualcun altro vada forte e ti dia una bella mano".

Poi?

"L'importante è guadagnare subito più tempo possibile. I primi 10-15 chilometri si devono fare a tutta, poi si controlla il vantaggio attraverso la radio o le moto. E se il vantaggio te lo permette, cominci a gestirti. Molli un po' in salita, ci dai dentro in discesa, vai a tutta nei punti favorevoli. La tattica è simile a quando si va in fuga, ma dall’altra parte: non davanti, ma dietro".

Il gruppetto?

"Proprio il gruppetto. Molli in salita perché non ne hai, vai al massimo in discesa per recuperare, cerchi di tenere sul piano. Solo che, in questo caso, non cerchi di vincere, ti basta salvarti. Comunque, se fosse per me, andrei sempre in fuga. Prima o poi dovrà pur arrivare quella giusta, quella che va al traguardo".

La fuga più folle?

"Giro di Lombardia 2006. Scappati io e l'austriaco Totschnig, dopo 20 chilometri. Poi si sono uniti Pagoto e il sudafricano Perry, mio compagno di squadra. Siamo stati ripresi dopo il Ghisallo, quando ormai l'arrivo era nell'aria. Ma è così: se parti presto, la benzina finisce, il serbatoio si svuota e rimani con una gamba su e una giù, in croce".

La fuga più amara?

"Due tappe in Portogallo. In una sono stato ripreso all'ultimo chilometro: ero da solo. Nell'altra sono stato ingoiato ai 500 metri: eravamo in due".

E che cosa si pensa?

"Se sei partito da lontano, ti dici: "Lo sapevo". Se sei beccato a un niente dall'arrivo, ti ripeti: "Proprio vero che la fortuna ci vede poco o niente". Però la speranza c'è sempre. Prima muore il corridore, poi muore la speranza".

Alla... Caccia della vittoria?

"L'ultima risale ai tempi da dilettante. Neanche a dirlo: in fuga, da solo. E la più bella, sempre da dilettante, in una corsa in Emilia: il gruppo si era riportato sotto, ne sentivo il fiatone, resistevo disperatamente all'effetto aspirapolvere e alla tentazione di voltarmi indietro. Mi è arrivato a 10 metri".

Mai voltarsi?

"Mai. E' un guaio. Perdi tempo, morale e vittoria. Come l’amore: certe volte è meglio non vedere, non sapere. Invece bisogna continuare a dirsi "dai, è fatta, è lì, ancora due colpi di pedale". A costo di imbrogliarsi".

Voi corridori non siete gente normale: d’accordo?

"D'accordissimo. Tutta la mia famiglia pedalava: papà dilettante, zia appassionata, anche il nonno, che però non poteva correre perché ai suoi tempi chi portava gli occhiali non aveva il permesso di gareggiare. A me avevano cercato di far fare di tutto, dal nuoto al basket. Finché un giorno mi sono presentato a mio padre direttamente su una bici da corsa. "Io vado", gli dissi".

E lui?

"Era contento. Contento che fossi stato io a decidere, e non lui a spingermi. Avevo 10 anni. All'inizio mio padre faceva finta di niente, lasciava fare, controllava da lontano, forse di nascosto. Rispettava i miei sforzi. Poi, piano piano, ha cominciato ad aiutarmi. Solo pochi consigli, nelle piccole cose. Goccia a goccia fa un mare".

Adesso?

"Sono un privilegiato. Del mio sogno ho fatto un mestiere, della mia passione una professione. Non chiedo di più, sono contento così. Oddio, se poi ne vincessi una... Ma mi sento importante anche se non figuro nell'ordine d’arrivo. Mi piace tirare la volata a Hunter e in salita a Soler, mi piace sentirmi dire grazie, mi piace cercare di superare me stesso".

Per esempio?

"Spagna, Alcobendas, arrivo a 1900 metri, stavo nel gruppetto, gli altri parlavano, io non andavo su neanche a spinta. Pensai: "Ho sbagliato mestiere". Ci dormii su, e la mattina dopo ero come nuovo, pimpante, pronti e via per una nuova avventura".

Gazzetta.it

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Tinkoff: largo alle bici nelle grandi città

Ci sarà anche il presidente della Federazione Ciclistica Italiana Renato Di Rocco alla conferenza stampa che si terrà domani, venerdì 16 novembre alle ore 17.30, presso il Centro Dabliu di Viale Cortina d’Ampezzo, 377 - Roma.

All’incontro, organizzato dalla Tinkoff Credit Systems, in collaborazione con Dabliu il più grande network italiano di centri Fitness, Di Rocco interverrà per dare il suo pieno contributo sul tema della bicicletta come mezzo di locomozione nelle grandi città, un argomento che sta molto a cuore anche alla stessa Federciclismo.

Tra gli altri ospiti illustri, hanno annunciato la loro presenza lo sceneggiatore e produttore Enrico Vanzina e l’olimpionico di Canottaggio, Raffaele Leonardo, numerosi sportivi e personaggi del mondo della cultura.

Tuttobiciweb.it

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Roberto Damiani e le emotTHioni della maratona di New York

Roberto Damiani, direttore sportivo della Predictor Lotto, ha partecipato anche quest’anno alla maratona di New York. E di ritorno dalla Big Apple ci ha regalato le sue emozioni e le sue riflessioni. Che noi vi proponiamo.

New York “EmoTHion”

Mi chiedo cosa ci porta a cercare il nostro limite e molto spesso a renderci conto che un limite vero non c’è mai. Poi mi vien da ridere se penso che il buon Cristoforo Colombo forse è venuto in America perché pure lui non credeva nei limiti umani e forse... voleva fare anche lui la Maratona di New York.

Un po’ di umorismo per cominciare a raccontarVi il nostro viaggio da Big Busti a Big Apple anche perché non mi sono sbagliato nel titolo. Siamo venuti qui come un gruppo del PanaTHlon Malpensa per cercare il nostro limite correndo la MaraTHon e quindi sono evidentemente EmoTHion che solo qui senti direttamente sulla pelle e nell’anima. Questo TH che può essere comun denominatore della nostra avventura potrebbe leggersi come Total Heart, perché chi non sa mettere il cuore sulla strada non può provare le emozioni di questo grande evento sportivo e popolare.

Bene allora per raccontarvi queste emozioni parto… dall’arrivo e mi chiedo cosa si chiedono gli scoiattoli di Central Park quando una volta all’anno sentono le vibrazioni generate da ottantamila piedi che portano quarantamila storie di vita con i loro sogni verso il cuore verde di Manhattan.

Sono le stesse vibrazioni che senti quando, appena dopo la partenza, sei sul ponte di Verrazzano e le gambe sono ancora fresche e in grado di percepire quella strana onda che fa fremere una degli emblemi americani.

Quanta forza generano tanti piedi insieme!

Penso sia inferiore alla stupenda sensazione che ho provato leggendo uno dei tantissimi messaggi scritti sulla schiena dei maratoneti : “imagine the world without cancer”. Abbiamo il dovere di credere che questo sia un traguardo raggiungibile come quello di Central Park.

Che dire dei “Survivor”, i sopravvissuti dal cancro che sono lì con noi a lottare forse per dire, prima di tutto a se stessi, che sono vivi ed ai malati che bisogna lottare fino in fondo.

Eccoci ormai alla mezza maratona: è il momento in cui sei contento di aver passato la prima parte ma sai che sta arrivando il momento in cui la testa deve violentare le gambe per continuare.

In questo momento penso al mio amico Davide Balboni detto “Balbo” che sta correndo con un legamento crociato rotto con la maglia della sua “Stella Alpina di Renazzo” per portare all’arrivo il ricordo di Riccardo, un giovane ciclista che a sedici anni è volato via, più in alto dei suoi sogni di emulare Robbie McEwen. Caro Davide arrivare al traguardo con Riccardo è stata una di quelle cose che due settimane fa sembravano impossibile ma anche tu hai scoperto che non esistono limiti. Come ci dicono molti cartelli di spettatori: “ You can”. Proprio qui tra i grattaceli di Manhattan scopro per il secondo anno che è vero e sulla First Avenue, quattro miglia di strada diritta in leggera salita, scopro che si può correre e resistere anche ai crampi che mi dicono chiaro che tra me e i keniani non cambia solo il colore della pelle e io mi rispondo : “dai vecio, You can”. Come dicevo, la testa sta violentando le gambe.

Eccomi a Central Park con ancora mille storie da raccontare ed un pensiero per la mia famiglia che vorrei fosse qui per provare le splendide sensazioni che sto provando io.

Due miglia all’arrivo e non due chilometri ma corro al fianco di un ragazzo cieco verso l’arrivo e penso che anche lui sta sentendo le splendide vibrazioni della gente che ti grida : “good job boy” , “give me five, hero”. Mi sento orgoglioso di essere italiano quando mi gridano “go Italia” , l’abbiamo scritto apposta sulle maglie. Il passare dei chilometri della maratona può essere paragonato allo scorrere di una bella musica con tanto di ouverture, crescendo con variazioni e finale, ma invece di pensare a qualche buon brano di jazz o blues mi viene in mente il grande Giorgio Gaber e canticchio : “...el purtava i scarp del THenis el parlava de per lù”. Va bene che siamo in america ma è più tricolore ed in THema.

Rettilineo finale.

La grande fatica viene superarata dal pensiero: “è già finita”. Quasi mi dispiace di uscire da questo fiume lungo 42.195 km con due milioni di persone come sponde e negli ultimi metri penso ad Abebe Bikila che alle Olimpiadi di Roma ’60 vinse la maratona scalzo. Anche lui oltre ogni limite della logica.

Arrivo.

4 h 38’ , peggio di 30’ rispetto lo scorso anno, ma mi vien voglia di ringraziare ugualmente Vince Chiappetta e Fred Lebow, primi organizzatori della New York Marathon che partì, nel 1970 con 127 “cercatori del proprio limite”.

Ci ritroviamo in hotel dopo la doccia Anna e Luca Castiglioni, Davide “Balbo”, Anna la President-Runner ed io: sentiamo molto bene quello che i “residui” delle nostre gambe ci dicono e proprio ora, nel momento della grande soddisfazione, al di là del tempo impiegato, capiamo di aver trovato un nuovo limite che ci servirà anche nella vita di tutti i giorni. Probabilmente anche Lucio Battisti aveva assaporato la New York City Marathon prima di scrivere: “ tu chiamale se vuoi emoTHioni”.

Roberto Damiani

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Donne: scatta domani il primo raduno della Safi Pasta Zara

Si delineerà in questo fine settimana, da domani a domenica, il programma di massima che vedrà impegnata nella nuova stagione 2008 la formazione Safi-Pasta Zara-Manhattan: tre giorni di raduno per confrontarsi, provare i nuovi materiali e definire il calendario degli impegni che culmineranno con i Giochi Olimpici di Pechino e i Mondiali su strada a Varese. Due date importanti che determineranno la preparazione stagionale delle singole atlete, in particolar modo della campionessa del mondo, Marta Bastianelli, della medaglia di bronzo Giorgia Bronzini, dell’azzurra Luisa Tamanini e della lituana Diana Ziliute che intende chiudere, proprio a Pechino una carriera agonistica costellata da numerosi e prestigiosi successi.

Il primo raduno pre-stagionale della formazione trevigiana vedrà impegnati non solo atlete (diciannove nell’organico completo, ndr), ma anche i direttori sportivi, fra i quali la nuova ma già conosciuta Gabriella Pregnolato, affiancata da Enrico Zanardo, Primo Grespan, Francesco Fabbri e Aldo Piccolo.

La scaletta degli impegni prevede il ritrovo venerdì pomeriggio per le prime visite mediche delle atlete e la prova dei nuovi materiali, a partire dalle biciclette che, nel 2008 cambieranno brand ma non famiglia: la formazione femminile sarà infatti equipaggiata con bici Pinarello Paris FP in carbonio. Seguiranno poi gli incontri con le singole atlete per valutare e definire i programmi di preparazione individuale. La formazione al gran completo si trasferirà poi sabato in mattinata a Levada di Piombino Dese (Pd) dove, nella Villa dei Conti Marcello è prevista l’assegnazione del 17° Premio Nazionale Rotonda di Badoere, quest’anno assegnato a Stefano Zanatta (Liquigas) e fra i quali sarà premiata anche la nuova ds della formazione giallo-rossa e già stradista emiliana, Gabriella Pregnolato.

Il raduno preseguirà quindi per l’intero week-end con la riunione generale sabato pomeriggio e, domenica, le foto ufficiali con le nuove maglie, prodotte da Sportful fra le quali spiccano la nuova iridata di Marta Bastianelli e le due speciali, di Bronzini e Tamanini con un piccolo scudetto iridato, fortemente voluto dal presidente Maurizio Fabretto in segno di riconoscenza per l’aiuto determinante delle due atlete per la vittoria azzurra del mondiale.

Per la campionessa del mondo Marta Bastianelli gli impegni del week-end culmineranno invece lunedì sera quando, al Ristorante Fior di Castelfranco Veneto (Tv) le verrà assegnato il prestigioso riconoscimento Radicchio d’Oro.

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Anche Cristian Gasperoni appende la bici al chiodo

Dopo dodici stagioni di militanza tra i professionisti, il romagnolo Cristian Gasperoni ha deciso di appendere la bicicletta al chiodo. Nato a Lugo, in provincia di Ravenna, il 15 ottobre 1970, Gasperoni è passato al professionismo nel 1996 con la Scrigno BlueStorm vincendo subito la tappa di Bussigny del Giro di Svizzera. In seguito ha vestito poi le maglie di Scrigno Gaerne, Amore&Vita, Cantina Tollo, Mercatone Uno, Landbouwkrediet Colnago, Naturino e Ceramica Flaminia, ottenendo complessivamente sette successi. Nonostante le proposte ricevute per continuare a correre, Gasperoni ha deciso di smettere e ha confidato che difficilmente resterà nell'ambiente del ciclismo.

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Rogge: curioso di vedere come finirà l'Operacion Puerto

In apertura dei lavori della Wada a Madrid, a tenere banco naturalmente è sempre l'Operacion Puerto e all'argomento non è sfuggito nemmeno il presidente del Cio, Jacques Rogge: «Siamo tutti curiosi di vedere come va a finire. Siamo ansiosi di sapere come si pronuncerà la suprema corte spagnola. Speriamo che l'esito sia positivo e che l'inchiesta possa essere riaperta. Rispettiamo la separazione tra i poteri e l'autonomia della magistratura, ma ci auguriano che la giustizia prenda una decisione. Spero che permetta alle autorita' sportive di usare le informazioni contenute negli atti. Così potranno essere presi i provvedimenti necessari nei confronti degli atleti coinvolti».

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Vuelta España, si torna sull'Angliru

Il direttore generale dello Sport del Principato delle Asturie, Misael Fernández Porrón, ha annunciato che la prossima Vuelta - il cu tracciato sarà svelato mercledì 5 dicembre - tornerà a scalare il temutissimo Angliru e salirà alla stazione sciistica di Fuentes de Invierno, dove si concluderà una tappa.

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Gand, una targa per ricordare Isaac Galvez

Gli organizzatori della Sei Giorni di Gand scopriranno all'ingresso del velodromno una targa commemorativa dedicata a Isaac Gálvez, il pistard spagnolo che morì proprio un anno fa sulla pista belga, durante l’edizione 2006 della Sei Giorni. Gli stessi organizzatori hanno comunicato di aver ulteriormente migliorato le misure di sicurezza per gli atleti.

Alla cerimonia parteciperanno tutti i corridori del circo delle Sei Giorni che scatterà il prossimo 20 novembre.

«Non sarà un momento facile da affrontare - ci ha confidato Marco Villa, unico italiano che sarà in pista a Gand - ma è la vita che ti impone di andare avanti. Issac era un nostro amico e lo ricorderemo con quello che sappiamo fare meglio: correre e dare spettacolo».

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Vuelta España, si torna sull'Angliru

Il direttore generale dello Sport del Principato delle Asturie, Misael Fernández Porrón, ha annunciato che la prossima Vuelta - il cu tracciato sarà svelato mercledì 5 dicembre - tornerà a scalare il temutissimo Angliru e salirà alla stazione sciistica di Fuentes de Invierno, dove si concluderà una tappa.

Tuttobiciweb.it

Sarà un tappone, ma l'arrivo con quel nome non mi sa di buono.

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