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10 ragazzi dietro ad un sogno


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CAPITOLO 1 - IL TUTTOFARE DI SAN VIGILIO

Novembre

Edoardo si svegliò quando il sole doveva ancora sorgere. Erano i primi giorni della stagione sciistica e non si era ancora abituato a svegliarsi all'alba.

In pochi minuti si vestì e, dopo una rapida colazione, uscì di casa. Faceva molto freddo a San Vigilio e neanche i tanti vestiti che si era messo addosso, sembravano proteggerlo dal termometro, che segnava -9°. Prese la sua Graziella e si avviò verso la stazione sciistica di Plan de Corones. Quel viaggio, tra il freddo e la sveglia all'alba, sembrava essere la sofferenza peggiore. Era una salita durissima che lui, ogni giorno, percorreva con uno zaino sulle spalle, e sopra una Graziella scassata.

Purtroppo a casa sua, l'unica macchina che avevano, serviva alla madre per recarsi ogni mattina a Trento a lavorare e, visto che stentavano anche per arrivare a fine mese, non potevano permettersi nè un'altra macchina, nè un semplice motorino.

Edoardo oramai lavorava da due anni alla stazione sciistica, da quando aveva finito la scuola superiore. Non guadagnava molto, ma bastava per aiutare la madre nell'economia della casa, e nella gestione economica delle sue tre sorelline. A Plan de Corones, faceva un po' di tutto, accompagnava le delegazioni, sostituiva i baristi, si dedicava alle pulizie, a volte si era trovato anche a riparare gli sci. Era conosciuto da tutti come un ragazzo volenteroso e silenzioso. Lo chiamavano il Tuttofare di San Vigilio.

E pensare che fino a qualche anno prima, Edoardo sognava di diventare un grande ciclista. Poi però, di fronte alle problematiche che ha vissuto la sua famiglia, è stato costretto ad appendere al chiodo il suo sogno e mettersi a lavorare seriamente.

Ma un giorno, si sarebbe tolto lo sfizio di comprarsi una vera bicicletta da corsa e mettere da parte quella vecchia Graziella, alla quale era comunque, molto affezionato.

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CAPITOLO 2 - TRA BIRRE E PANINI

Il sabato sera era forse il giorno più duro. C'era talmente tanta gente dentro al pub, che non si aveva la possibilità di riprendere fiato, perchè appena consegnavi una cosa, il capo te ne dava subito un'altra. Andrea guardava continuamente l'orologio, sperando che arrivassero quanto prima le due, quando il pub avrebbe chiuso. Non vedeva l'ora di tornare a casa e mettersi a letto. Sentiva le gambe che gli dolevano e gli occhi che si chiudevano. Quella mattina, infatti, si era alzato molto presto e, insieme ad Antonello, si era andato a fare un lungo giro in bicicletta, cosa che non faceva da mesi. Nonostante la fatica, comunque, era felice di esser ritornato a pedalare. Quando era più piccolo, era considerato da tutti un piccolo campioncino: correva le corse locali e, se non vinceva, ci andava molto vicino. Sognava di diventare, un giorno, un grande professionista, magari correre il Giro d'Italia o il Tour de France. Quando si era trovato però, di fronte alla scelta, di privilegiare la bicicletta o altre cose, non era riuscito a fare quello che doveva. Dopo tre mesi in una squadra juniores, si era infatti reso conto delle rinunce che doveva fare e alla fine non era riuscito a resistere.

Da un anno a questa parte, dopo che aveva sentito il suo caro amico Diego diventare professionista in una grande squadra come la Lampre, la sua scelta di lasciare il ciclismo era sempre più rimpianta. Quella mattina, insieme ad Antonello, avevano iniziato a sognare su come sarebbe stata la loro vita da ciclisti e avevano deciso che, da quel momento in poi, si sarebbero allenati come veri corridori e, magari, sarebbero riusciti a disputare qualche Gran Fondo locale.

Era bello tornare ad avere un obiettivo sulla bicicletta. Ad Andrea sembrava essere ritornato ancora una volta 15enne.

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CAPITOLO 3 - SFIDE AD ALTA QUOTA

- Scatto del micidiale scalatore sulle durissime rampe della Maielletta. Gli avversari dietro di lui arrancano! - esclamò Dario, mentre si alzava sui pedali, lasciando dietro i suoi due compagni.

- Il solito esagerato - gli urlò da dietro Federico.

- Poi come al solito tra un chilometro si pianterà ignobilmente - disse Filippo - ed entra in gioco il micidiale passista di Guardiagrele.

- Eccone un altro - ribattè Federico, guardando storto l'amico, mentre Dario davanti aveva acquisito qualche centinaia di metri di vantaggio - chiacchierate chiacchierate, ma intanto chi ha il record sulla scalata secca sono io.

- E che c'entra, tu hai la bicicletta migliore - rispose Filippo.

Erano quelli i discorsi che facevano tra loro, ogni domenica mattina, questi tre ragazzi che abitavano nel paesino abruzzese di Guardiagrele. Ogni volta che uscivano in bicicletta, non mancavano di lanciarsi sfide e a scherzare tra loro. Naturalmente questa rivalità era del tutto amichevole ma serviva a spronarli.

Era da circa un anno che avevano deciso di prendere in mano la bicicletta, e divertirsi ad esplorare tutte le zone incontaminate dell'Abruzzo. Si faceva molta fatica, visto che dalle parti loro il territorio era prevalentemente montuoso e collinare, ma si divertivano, ridevano, scherzavano e, talvolta, gli capitava di incontrare anche qualche campione locale, come Danilo Di Luca, Francesco Masciarelli o Fabio Taborre. Tentavano di seguirli, ma andavano talmente forte che spesso li mettevano in crisi. Questo però non era motivo di depressione, anzi stimolava i tre ragazzi a fare sempre di meglio nella speranza, un giorno, di poter seguire la loro scia.

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CAPITOLO 4 - VISITA A SORPRESA

Aveva sempre un po' di paura a scendere da Plan de Corones. La strada non era proprio al meglio ed inoltre era molto ripida. Con i freni tirati, si consolava comunque pensando al fatto che così facendo non avrebbe faticato, a differenza dell'andata. Faceva molto freddo, e non vedeva l'ora di mettersi a casa, sul divano davanti al caminetto, a riposarsi. Lo faceva sempre, ed era il momento più bello della giornata.

Arrivato dinanzi al cancelletto della sua abitazione, notò la macchina di sua madre: evidentemente era già rientrata dal lavoro. La porta di casa infatti era aperta e quando entrò, sentì la voce della madre che stava chiacchierando con qualcuno in cucina. La raggiunse per scoprire chi fosse l'ospite, e vide un ragazzo con lunghi capelli biondi, legati in una coda di cavallo, che portava un pesante maglione rosso. Edoardo rimase a bocca aperta...

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CAPITOLO 5 - LA SCOMODITA' IN POLTRONA

- Amò ti prego stai fermo! E' da quando è iniziato il film che non trovi pace - sussurrò Daniela.

- Lo so - rispose Giovanni - ma ho il sedere che mi fa malissimo.

- Così ti impari a passare tutto quel tempo in bici - disse Daniela, perfidamente.

Federico si trovava al cinema, in compagnia della sua fidanzata, al termine di una giornata stancante. Erano ormai due settimane che usciva regolarmente con la sua nuova bicicletta da corsa e quella mattina, che si sentiva particolarmente bene, gli era salito, come diceva sempre lui, "il Cancellara", decidendo di pedalare sulle strade del parco dell'Appia Antica che, da buona strada romana, non prevedeva tratti in asfalto, ma solo pavè. Federico era ben conscio della sofferenza che gli avrebbe provocato quella scelta, ma amava talmente le corse al nord, che anche simularle lo faceva divertire. Dopo aver fatto su e giù per oltre 40 chilometri, lungo la strada dell'Appia Antica, era ritornato a casa, con tutta la parte inferiore del corpo indolenzita e, sulle mani, due grosse vesciche, sintomo degli scossoni che aveva provato per quasi due ore.

Quella sera non aveva una gran voglia di uscire con la sua ragazza, visto che era troppo stanco e acciaccato, ma alla fine si era lasciato convincere per un tranquillo cinema. Voleva però tornare a casa e riposarsi, conscio del fatto che fare il "Cancellara" richiedeva tanta, tanta fatica.

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CAPITOLO 5 - LA SCOMODITA' IN POLTRONA

- Amò ti prego stai fermo! E' da quando è iniziato il film che non trovi pace - sussurrò Daniela.

- Lo so - rispose Giovanni - ma ho il sedere che mi fa malissimo.

- Così ti impari a passare tutto quel tempo in bici - disse Daniela, perfidamente.

Federico si trovava al cinema, in compagnia della sua fidanzata, al termine di una giornata stancante. Erano ormai due settimane che usciva regolarmente con la sua nuova bicicletta da corsa e quella mattina, che si sentiva particolarmente bene, gli era salito, come diceva sempre lui, "il Cancellara", decidendo di pedalare sulle strade del parco dell'Appia Antica che, da buona strada romana, non prevedeva tratti in asfalto, ma solo pavè. Federico era ben conscio della sofferenza che gli avrebbe provocato quella scelta, ma amava talmente le corse al nord, che anche simularle lo faceva divertire. Dopo aver fatto su e giù per oltre 40 chilometri, lungo la strada dell'Appia Antica, era ritornato a casa, con tutta la parte inferiore del corpo indolenzita e, sulle mani, due grosse vesciche, sintomo degli scossoni che aveva provato per quasi due ore.

Quella sera non aveva una gran voglia di uscire con la sua ragazza, visto che era troppo stanco e acciaccato, ma alla fine si era lasciato convincere per un tranquillo cinema. Voleva però tornare a casa e riposarsi, conscio del fatto che fare il "Cancellara" richiedeva tanta, tanta fatica.

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CAPITOLO 6 - L'INCREDIBILE PROPOSTA

Edoardo era rimasto qualche istante muto, vedendo chi si trovava in cucina di sua madre. Quel ragazzo biondo era Tito Traiani, un grande appassionato di ciclismo che aveva organizzato, qualche anno prima, una vacanza in bicicletta, alla quale lui aveva partecipato, insieme ad altri ragazzi italiani. Era stata un'esperienza fantastica e aveva avuto modo di conoscere un sacco di gente appassionata davvero simpatica con la quale però, da qualche tempo, aveva perso i contatti. Ora Tito era venuto a trovarlo, e chissà cosa voleva da lui.

- Edoardo! - esclamò - non ti aspettavi di vedermi?

- Beh se devo essere sincero, no - rispose Edoardo - Però mi fa piacere. Come stai?

- Tutto bene grazie - rispose Tito - sto lavorando ad un progetto del quale, appunto, ti sono venuto a parlare.

- Beh dimmi tutto - disse Edoardo curioso. Doveva essere qualcosa di serio, se aveva fatto tutta quella strada per andare fino a casa sua.

- Tre mesi fa, sono riuscito ad ottenere il tesserino di direttore sportivo - iniziò Tito.

- Grande! - esclamò Edoardo.

- Naturalmente, trovare una squadra in europa è molto difficile. Diciamo che non sono propriamente un nome noto nell'ambiente e non potevo certo presentarmi alla Lampre e chiedere di entrare nello staff e, nello stesso tempo, non avevo molta voglia di iniziare in una squadra juniores o dilettantistica, preferivo il professionismo. Allora ho deciso di esplorare le nuove frontiere del ciclismo, e mi sono recato in Cina. Sai che lì il ciclismo sta muovendo i primi passi e che quest'anno ospiteranno anche una corsa World Tour, il Tour of Beijing. Qui mi sono imbattuto in un signore, un certo Wang Chang Ju. E' un piccolo imprenditore appassionato di ciclismo che, per mia fortuna parlava bene inglese. Ci siamo messi a chiacchierare, e gli ho raccontato della mia passione e del fatto che ero da poco direttore sportivo. Dal canto suo, lui mi ha raccontato di voler collaborare a render grande il ciclismo cinese, finanziando una squadra e, poco dopo, mi ha proposto a me di gestirla.

- Forte! - commentò Edoardo.

- Abbiamo deciso che la squadra avrà una matrice cinese, ma anche italiana e composta da 10 ciclisti della penisola e 5 provenienti dalla Cina, tutti però molto giovani. Naturalmente si inizierà disputando le corse locali, nella speranza poi, un giorno, di poter crescere ed espanderci verso le grandi corse Europee.

- Beh un progetto interessante - disse Edoardo.

- Quando mi ha presentato il budget, non altissimo ad essere sinceri, per una squadra di 15 corridori che deve comprare tutte le attrezzature, mi sono attivato per andare a trovare ciclisti in Italia. Trovare qualcuno disposto a trasferirsi in una formazione continental cinese, si è rivelata un'impresa più impossibile che difficile, e allora ho avuto una grande idea.

- Cioè? - domandò Edoardo curioso.

- I dieci ragazzi della famosa vacanza in bicicletta. Saranno loro a comporre la parte italiana della squadra.

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CAPITOLO 7 - UN SOGNO CHE SI REALIZZA

Edoardo non riusciva a credere che Tito dicesse sul serio, come poteva essere... lui... in una formazione continental...

- Ma... stai scherzando vero? - domandò Edoardo.

- Affatto - rispose Tito - tu sei il primo che ho incontrato, ma nei prossimi giorni passerò a trovare i tre abruzzesi, i due toscani, il romano e anche quelli di Bologna. Faccio sul serio.

- Però scusa, da quanto so, l'unico che ha continuato ad andare in bicicletta seriamente e che ora milita in una squadra buona è Paolo, o sbaglio? - disse Edoardo.

- Beh sì - disse Tito - ma sbaglio o tu ti fai tutti i giorni la terribile salita di Plan de Corones su una Graziella?

- Sì, ma mica vado forte - ribattè Edoardo.

- Sei comunque allenato - disse Tito - so perfettamente che tutti voi non siete al livello del ciclismo professionistico, ma so anche che avete un talento e una passione comune a pochi. Ho imparato a conoscervi quei giorni in bicicletta, e ho visto in voi il vero amore per il ciclismo. Sono convinto che con un allenamento ben fatto, riuscirete a trovare un ritmo nelle gambe che vi permetterà di correre tra i grandi e da lì potrete lavorare per diventare dei campioni.

- Addirittura campioni - disse Edoardo, un po' scettico.

- Io ci credo - disse duro Tito - ora sta a voi far sì che tutto questo mio progetto non sia un'utopia. In tal caso cercherò altri ragazzi disposti ad aderire al progetto.

- Ci sto - disse Edoardo convinto. Era emozionatissimo, ancora non riusciva a realizzare il fatto che sarebbe tornato in bicicletta a tempo pieno.

- Ne ero convinto - disse Tito che poi iniziò a frugare nello zaino - tieni. Questo è il biglietto aereo per Pechino. Ci vediamo tra due domeniche alle 7 al terminal A di Malpensa, anche con gli altri. Per l'alloggio laggiù è tutto risolto.

- Cioè vuoi dire che partiamo subito? - domandò Edoardo stupito.

- Ma certo - ribattè Tito - siamo già a metà novembre e a fine gennaio saremo al via del Tour of Wellington, non c'è tempo da perdere.

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CAPITOLO 8 - DI NUOVO INSIEME

Tito si trovava a fare la fila per il check in, in vista dell'imbarco sull'aereo che lo avrebbe portato a Pechino. Davanti a lui vedeva i ragazzi, Edoardo, Antonello, Andrea, Dario, Federico, Filippo, Giovanni, Paolo, Fabio e Mattia. Nonostante la maggior parte di loro si fosse rivista a distanza di due anni, sembrava che tutti si conoscessero da una vita. Ridevano, scherzavano, come dei bambini piccoli. Tito ne era convinto, che con loro, il ciclismo avrebbe aperto una nuova pagina, di nuovi grandi campioni. Sapeva che sarebbe stata dura, e che la strada si sarebbe rivelata piena di insidie, ma la passione che trasmettevano questi ragazzi era di persone che amavano andare in bicicletta, non per vincere, non per fare soldi, ma per il gusto di andarci... questa sarebbe stata la loro arma in più.

Il viaggio sull'aereo fu molto lungo. Giovanni, che era stato il primo ad arrivare da Roma, si era addormentato praticamente subito dopo il decollo e lo stesso avevano fatto Andrea e Antonello, che il giorno prima avevano fatto le ore piccole con gli amici. Paolo, che era l'unico che aveva proseguito un'attività ciclistica di un certo livello in quegli anni, era immerso in una fitta conversazione con Edoardo. Il ragazzo di San Vigilio sembrava emozionatissimo e avido di sapere. Non vedeva l'ora di cominciare gli allenamenti, e lo stesso valeva per gli altri. Fabio e Mattia infatti, i due ragazzi di Bologna, che tra l'altro erano i più giovani del gruppo, si divertivano a leggere le tabelle di allenamento che Tito aveva dato loro. Si ricordava dei ragazzi, e le aveva preparate in Cina con un preparatore di quelle parti.

In fondo all'aereo, c'erano intanto i tre abruzzesi che, tanto per cambiare, si sfidavano tra loro. In quel momento però era impossibile sfidarsi in bicicletta e così avevano scelto una classica sfida a briscola.

Dopo 15 ore di lungo viaggio, l'aereo iniziò la lenta discesa verso l'aereoporto di Pechino... una nuova avventura stava per iniziare.

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CAPITOLO 9 - IL DURO LAVORO

- Ao ma pure i cinesi hanno ste salite - imprecava sbuffando Giovanni, che stava per perdere contatto dagli altri.

- Forza Giò - lo sosteneva Paolo - tieni duro che è quasi finita la salita.

Era ormai una settimana che si allenavano duramente. Ora le uscite iniziavano a farsi più lunghe e su percorsi più duri. Quel giorno infatti, Tito aveva pianificato per loro un percorso di 132 km, con una salita di 7km, con una pendenza a volte anche intorno al 10%. La condizione dei ragazzi andava migliorando. Paolo, naturalmente, era sempre più brillante, ma la crescita degli altri era evidente. Sembravano tutti già più magri e più agili in bicicletta e questo non poteva che essere un bel segnale. Presto sarebbero stati presentati allo sponsor della nuova squadra, e avrebbero conosciuto i cinque compagni cinesi.

L'inizio della stagione era sempre più vicino.

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CAPITOLO 10 - INCONTRO AL VERTICE

Ormai la salita la conosceva bene, visto che Tito gliela faceva affrontare tutti i giorni. Edoardo si sentiva sempre meglio, e quella mattina voleva provare ad azzardare. Di solito stava a ruota di Paolo, cercando di tenere il più possibile il suo ritmo (cosa che gli riusciva con sempre minore difficoltà), ma ora era tempo di prendere in mano la situazione. Sapeva che al 4° km ci sarebbe stato il tratto più duro e lì, si mise in testa al drappello dei suoi compagni a scandire il ritmo.

Il contachilometri indicava velocità molto elevate, e dietro sentiva i suoi compagni imprecare e staccarsi. Si sentiva benissimo e dietro a lui era rimasto solamente Paolo, anche lui piuttosto affaticato.

- Ti sei scatenato Edo! - esclamò.

Edoardo si girò, gli sorrise, poi continuò a menare. Anche Paolo sembrava sul punto di staccarsi, ma la salita era terminata e l'amico era riuscito a resistere alla sua ruota.

In cima, i due furono fermati da Tito, alla guida del suo mitico Pandino, utilizzato per l'occasione come ammiraglia.

- Molto bene ragazzi - disse - ottimo allenamento. Ora però fermatevi qua, che abbiamo ospiti.

Prima che Edoardo e Paolo potessero chiedere qualcosa, videro sopraggiungere un macchinone nero metallizzato, che si fermò proprio di fianco a loro.

- E' la nuova ammiraglia? - domandò scherzoso Paolo.

- E' il nostro sponsor - rispose Tito.

- Ammazza oh, questo va in giro col Cayenne e non ci dà manco i soldi per comprà una macchina adatta a fa l'ammiraglia! - esclamò Giovanni, che nel frattempo era arrivato in cima alla salita.

- E non ti lamentare - disse Tito con un mezzo sorriso.

Il loro sponsor scese dalla macchina. Il loro sponsor, Wang Chang Ju, oltre ad essere un piccolo imprenditore era anche piccolo di statura. Accolse la squadra con un grande sorriso, e iniziò a dire parole di circostanza che i ragazzi, capirono poco. Gli spiegò che il 15 gennaio ci sarebbe stata la presentazione ufficiale della squadra e che presto avrebbero conosciuto i cinque ragazzi cinesi che si sarebbero uniti a loro. Sembrava una persona simpatica ma che, nello stesso tempo, si aspettava molto da questo progetto che, avrebbe contribuito a far crescese. Questo fu motivo di stimolo per i ragazzi, che nei giorni a seguire si impegnarono sempre di più.

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