Al freddo non v'era mai fine. D'arkness, dopo essersi fatto entrare nelle ossa il gelido vento dell'Irlanda del Nord, non ebbe neppur il tempo di godersi il caldo dell'aereo che dovette riatterrare. Ad accoglierlo la fredda Tallin, capitale di un paese la cui crescita economica era durata solo qualche anno, prima di ripiombare nel buio della crisi mondiale.
Un paese pieno di contraddizioni, dove la ruralità di alcune zone, fra cui quella dove si stava dirigendo, faceva da contraltare alla grande espansione delle nuove tecnologie, simboleggiato dall'enorme presenza del wi-fi e dalle invenzioni nel campo dell'informatica. D'arkness questa volta optò per la macchina, evitando di prendere il treno a quelle temperature, la cui media in quel periodo era inferiore allo zero. Il suo viaggio fu breve, erano meno di 150 km, ma il mondo gli cambiava intorno dopo ogni metro. La storia scorreva al di là dei finestrini. Le auto, le costruzioni, i vestiti fino ai volti delle persone si modificavano facendolo sentire sempre più in un'altra dimensione, seppur rassicurandolo avvicinandosi maggiormente alla sua idea del luogo, così errata nella capitale e così esatta nel piccolo paese che era sempre più vicino.
Il satellitare della macchina a noleggio lo portò esattamente fuori dalla casa del corridore da cui si stava recando, non lontano dalla statua di Johann Voldemar Jannsen che campeggiava al centro della città.
Proprio facendo leva su quell'illustre concittadino D'arkness riuscì a strappare l'accordo al suo giovane interlocutore, ex promessa del ciclismo nazionale, ma non solo, a cui non era stato rinnovato il contratto dopo essere passato professionista in Francia a poco più di 20 anni. Il ragazzo, che aveva accettato di regredire, tornando al dilettantesimo, si mostrò restio, forse intimidito alla proposta del canadese, ma cedette alle pressioni di D'arkness che seppe fare leva nel punto giusto...