Vai al contenuto

sateo

Utente Storico
  • Numero contenuti

    1962
  • Iscritto

  • Ultima visita

Tutti i contenuti di sateo

  1. Volano in tanti, AleJet decolla Sarà il caso o sarà una capacità che, con l'esperienza della "vecchiaia", Alessandro Petacchi ha saputo sviluppare. Prima di oggi, l'ultima volata vittoriosa di Petacchi era stata al Tour de Suisse, quando Cavendish decise di beccare in pieno Haussler portandosi sull'asfalto una buona parte di gruppo; escluso AleJet, che sulla destra trovò il varco giusto per vincere, pur senza esultare. Oggi invece l'esultanza c'è tutta ed è meritata, perché Petacchi ha vinto bene, con autorità, e le cadute sono avvenute ben prima della volata vera e propria: a poco più di mille metri dall'arrivo di Bruxelles, una scivolata in una curva a destra ha coinvolto Cavendish e Freire (nonché Hunt, Klier e Lorenzetto), togliendo due dei maggiori favoriti per lo sprint finale; poi, passato da poco l'arco dell'ultimo chilometro, un capitombolo generale che ha praticamente spezzato il gruppo e che potrebbe aver lasciato anche qualche infortunio di varia entità, anche se ovviamente ci auguriamo che tutti i coinvolti non si siano fatti male. Tappa d'esordio - per quanto riguarda quelle "in linea" - che, dall'Olanda al Belgio, si sapeva poteva causare qualche incidente di percorso: l'avevamo imparato durante la scorsa Vuelta e lo scorso Giro. Vento, spartitraffici, rotonde, scalinetti nelle rotonde: mille imprevisti lungo le strade del nord Europa. Hansen (malconcio alla spalla sinistra) e Di Gregorio i primi ad andare in terra, poi un'intrusione non troppo amichevole di un cagnolino di piccola taglia (scappato a qualche padrone distratto, immaginiamo) ha mandato gambe all'aria un bel po' di corridori: tra i coinvolti, anche la maglia verde Millar, l'irlandese Roche, nonché Ivan Basso. Anche per loro, per fortuna, niente di grave (almeno a caldo, ma le indicazioni sembrano volgere per il meglio). Già da qualche chilometro, praticamente dal via, davanti si era formato un drappello di tre corridori che ha promosso la prima fuga del Tour de France 2010: Lars Boom, già attivissimo sulle strade di casa durante la scorsa Vuelta, Maarten Wynants e Alan Pérez, corridori di Rabobank, Quick Step ed Euskaltel. A parte il compagno di Freire, davanti anche per esigenze di sponsor, squadre che non hanno velocista e che dunque vedremo spesso nelle fasi iniziali di gara. A 29 km dall'arrivo, una foratura lascia attardato Freire: per il tricampeón di Torrelavega, una giornata da dimenticare. Nel frattempo, il campione moldavo Pliuschin si lanciava all'inseguimento di Wynants, che nel frattempo aveva abbandonato la compagnia di Boom e Pérez e si era avvantaggiato tutto solo in testa alla corsa. Il passista del Team Katusha dà un grande impulso al tentativo di fuga e Garmin, insieme al Team HTC ed alla Cervélo, si deve impegnare parecchio per chiudere sui due valorosi corridori. Il finale, raccontato il caos scatenato dalle due cadute, sembrava una storia tra Farrar, Hushovd e Petacchi, i tre velocisti rimasti fuori dalla selva di gambe, telai e catene riversi sull'asfalto di Bruxelles. Lancaster, ricordando il passato di campione olimpico nell'inseguimento a squadre su pista, provava l'anticipo ai 600 metri, ma Hondo - in versione cane da caccia - puntava la lepre e la lasciava disponibile alle fauci di capitan Petacchi a circa 300 metri dall'arrivo. Una volata lunga, quella dello spezzino, proprio mentre Farrar veniva arrotato da Mondory e mentre Hushovd si faceva rubare un tempo da Renshaw, orfano di Cavendish ma nient'affatto intimidito nel ruolo di sprinter designato. Petacchi però è a bocca aperta lì davanti, e nessuno riesce neanche ad affiancarlo. Mancava dalla Grande Boucle dal 2004, AleJet; un anno prima ancora, addirittura, l'ultima vittoria al Tour: si arrivava a Lione, era la sesta tappa, e Petacchi vinceva la quarta volata. Il giorno dopo si sarebbe ritirato dopo circa 40 km, sulla prima salita di giornata, mandando su tutte le furie Ferretti, che di quella Fassa Bortolo era team manager e non solo. Era l'anno delle 6 vittorie al Giro, delle 4 al Tour e delle 5 alla Vuelta. Sette anni fa; una vita, ciclisticamente parlando. E Petacchi è ancora qui, ancora davanti, ancora in grado di alzare le braccia davanti a tutti. (cicloweb)
  2. Tony Martin (HTC-Columbia) da Eurosport «Buon risultato per me, non credo di aver dato il massimo, bisognava avere cautela perché il percorso era bagnato in maniera non uniforme, c'erano delle pozzanghere pericolose e letteralmente non sapevi cosa ti aspettasse dietro ad ogni curva. Comunque guardo avanti con fiducia al resto del Tour». Daniel Oss (Liquigas-Doimo) da Raisport «Il Tour de France non inizia oggi ma molto prima, già quando ci si avvicina in Italia. L'emozione è comunque grandissima anche maggiore di quella che si prova nelle classiche. In questo prologo io ho dato tutto, qua bisogna andare sempre alla grande. La tappa del pavé è molto bella, Cancellara ha già detto che si divertirà, Lance anche lui si divertirà, vorrà dire che ci divertiremo tutti: ci sarà un po' di timore per i capitani e infatti io e Quinziato cercheremo di fare un buon lavoro per proteggere Ivan». Rinaldo Nocentini (AG2R-La Mondiale) da Raisport «A questo Tour volevo esserci e devo dire che non sto neanche male. Una prologo come questo per me non era molto facile e mi manca ancora un po' di ritmo di gara: ho fatto poche gare e spero di migliorare pian piano e trovare il ritmo giusto per la seconda settimana. Per me era quasi obbligatorio esserci quest'anno, una caduta ha provato a farmi fuori ma ho recuperato a tempo record: l'anno scorso il Tour mi ha dato molto e ora spero di dare qualcosa io». Damiano Cunego (Lampre-Farnese) da Raisport «Il percorso di questo prologo sarebbe stato molto veloce in caso di strade asciutte, purtroppo in queste condizione tutto era ben diverso. Per me l'importate era riuscire a finire la prova tranquillo e senza cadere, non ho preso rischi ed è andata bene. Il primo giorno di un Grande Giro è sempre un po' così, da domani si farà sul serio». Roman Kreuziger (Liquigas-Doimo) da Raisport «Un inizio subito abbastanza difficile, un cronoprologo lungo rispetto agli altri e in più ci si è messa anche la pioggia. In queste condizioni per chi punta alla classifica non è facile: io ho fatto praticamente le curve quadrate perché con la strada bagnata è meglio non rischiare, anche perché in montagna una decina di secondi si possono recuperare più facilmente». (cicloweb)
  3. Cancellara con o senza motorino è comunque il piu' forte a crono, ha una esplosività muscolare ineguagliabile. Bene i duellanti Contador-Armstrong, hanno perso tutti gli altri, forse intimoriti dal percorso bagnato.
  4. Anche io mi aspetto un Tour incertissimo, tutto il meglio è alla partenza di Rotterdam. Tanti i big, ma mi aspetto esplosioni di giovani e tante sorprese. Speriamo ci si possa divertire nella speranza di una corsa regolare tra atleti veri ed onesti!!!
  5. Cronoprologo Tour de Suisse: all'inizio non avevo capito come funzionasse, ma pian piano ho capito la tattica e Nibali si è ben piazzato. 1° Tappa Tour de Suisse: fuga ripresa a 20 km dal traguardo, la mia Liquigas resta in gruppo, ma sbaglio i rifornimenti e 4 corridori tra cui Bennati finiscono le forze e si staccano, volata di 80 corridori in una tappa con salitone a 100 km dal traguardo e poi piatta. Purtroppo alla fine della tappa CRASH del gioco al momento del replay.
  6. Il clou è domani con l'Alpe d'Huez con El Pistolero protagonista sicuro!!!
  7. Questo è il mio PC: Processore: Intel Core 2 Duo CPU P8600 @ 2,40 GHZ Memoria: 4 GB Scheda Video: ATI Mobility Radeon HD 4570 Può bastare per far funzionare il gioco?
  8. Ivan Basso: 9. Corsa quasi perfetta per il varesino che si è comunque dimostrato il più forte in salita. Capace di sacrificarsi anche per i compagni. La vittoria dell'umiltà. Di chi ha sbagliato ed è saputo tornare dal retro, senza grandi clamori, con il duro lavoro. Sarebbe da dieci se non fosse per il grande rischio corso in discesa e con la tappa dell'Aquila. David Arroyo: 8.5. Un corridore da Top 10 che viene a giocarsi il Giro, dando anche l'impressione di poterlo anche vincere sino ad un certo punto. Abile in salita, dove limita benissimo i danni, rischia di creare la grande sorpresa in discesa al termine della quale tiene aperto un giro altrimenti già concluso. Peccato per la mancata collaborazione. Con essa forse ora starebbe festeggiando lui... Vincenzo Nibali: 8. Il corridore del futuro. Sarebbe potuto anche esserlo del presente ma decide di sacrificarsi per Basso che dava maggiori garanzie. Chiude comunque al terzo posto nonostante lavori per il compagno in più di un'occasione. Senza dimenticare anche la vittoria di tappa dopo la discesa del Monte Grappa. Michele Scarponi: 7.5. L'unico a resistere sul Mortirolo, bravissimo anche sullo Zoncolan dove limita i danni paga i problemi nelle tappe di pianura. Senza quelli sarebbe potuto essere almeno sul podio, così soltanto sfiorato. Cadel Evans: 7. Da lui ci si poteva aspettare qualcosa in più in termini di risultato, ma come coraggio e determinazione ha mostrato di averne da vendere. Forse anche troppa, sfiorando l'incoscienza sullo Zoncolan dove accusa la testardaggine di voler seguire a tutti i costi Basso. Paga soprattutto però l'assenza di una squadra vera. Unico gregario di se stesso, consuma tante energie in compiti che non gli spetterebbero. Una vittoria di tappa e la maglia rossa, a dimostrazione della sua costanza, resteranno comunque negli annali. Richie Porte: 7. Sin da subito nelle primissime posizioni in classifica grazie alle sue abilità a cronometro, approfitta della fuga bidone per distanziare i big. Qualche giorno in rosa e poi in bianco. Maglia che difende sino alla fine conquistandosi la sesta piazza nella generale. Lontano dai primi, ma davanti a grandi nomi. Per un primo anno da professionista non poteva chiedere di meglio. Alexandre Vinokourov. 6.5. Un altro che supplisce alla mancanza di gambe con un cuore grandissimo ed un cervello fino. Sempre nelle prime posizioni ad inizio Giro conquista la rosa in Olanda. Considerato il maggiore responsabile, insieme alla sua squadra, della fuga dell'anno, si dimostra comunque inferiore ai big in salita dai quali paga regolarmente distacchi importanti. E' comunque sempre un piacere averlo in corsa. Carlos Sastre: 5. Lo spagnolo è nei primi dieci solo grazie alla sua presenza nella maxi fuga dell'Aquila. Paga sempre dazio in salita, come in pianura dove si ostina correre in fondo al gruppo; per lo spagnolo sembra essersi spenta la pila interna. Non tanto nelle gambe, quanto nel cervello. Se ritrova il modo di accenderla son dolori, ma senza quella è un corridore come tanti... Marco Pinotti: 6.5. Un cronoman puro come lui che arriva nella top 10 di uno dei Giri più duri degli ultimi anni merita solo che complimenti. Soprattutto se la prova più bella la fa sullo Zoncolan, dove il suo fisico cercava inesorabile di riportarlo a valle. Guadagna quando e come più facendosi sempre trovare attento. Tenta anche qualche sortita senza rimanere in gruppo a succhiare. Non dimentichiamo anche il suo lavoro di gregariato nelle tappe di pianura. Robert Kiserlovski. 7.5. Anche lui nella fuga dell'Aquila ma perde la maggior parte del suo vantaggio usandosi letteralmente per i suoi capitani. Un altro bellissimo esempio di un giovane di belle speranze pronto a sacrificarsi per il capitano, nell'attesa che la grande occasione arrivi anche per lui. Record: è il primo croato nella top 10 di un Grande Giro. Damiano Cunego: 5. Un terzo posto non basta. Illude i suoi tifosi, ma soprattutto se stesso dopo un buon inizio di Giro ma poi piano piano sparisce. Sullo Zoncolan autore comunque di una buona prova in rimonta ma da allora accusa sempre più ritardi, a partire da Plan de Corones. Non era il suo Giro, ce ne sarà mai un altro? Bauke Mollema: 6. Ci si aspettava molto da lui e pur vedendosi molto poco raccoglie un 12° posto nella generale che al suo primo grande giro è comunque un bel risultato. Da rivedere per il futuro, in Olanda si aspettano molto da lui. John Gadret: 6.5. Il Giro della parziale rinascita del francese. Ottimo scalatore, si era perso negli anni passati dopo essersi fatto vedere proprio qui al Giro, nel 2006. In salita è spesso con i primi, paga gli errori nelle prime tappe in pianura, altrimenti sarebbe stato piazzato meglio in classifica. Vladimir Karpets: 5.5. Reduce da un ottimo Romandia, convince all'ultimo la dirigenza a portarlo. Dura una settimana e poi sparisce. Qualche bella azione dove mostra il suo coraggio, ma resta un fuoco di paglia. Linus Gerdemann: 5. Illude con un bell'inizio di Giro ma poi sparisce. Ha il merito di non arrendersi e di lottare sino alla fine. Ottimo corridore da brevi corse a tappe ma tre settimane per lui sono troppe. Dario David Cioni: 4.5. Indicato dallo stesso Wiggins, suo compagno di squadra, come il vero capitano della formazione britannica, sparisce dopo poche tappe appena la strada inizia a salire. Resta in corsa chiudendo nei primi 20, come un buon gregario, ma il capitano ha dimostrato di non poterlo fare. Chris Anker Sorensen: 7. Vince una tappa, la prima di salita sul Terminillo, poi si sacrifica costantemente per il leader Porte. Un lavoro preziosissimo il suo durante tutto il Giro. Gregario eccezionale. Bradley Wiggins: 6.5. Vince la prima tappa ed indossa la prima maglia rosa. Non riesce a tenerla e pian piano sparisce dalla classifica. Era venuto per saggiare la gamba sulle dure montagne italiche, al Tour vedremo probabilmente il vero Wiggo. Tyler Farrar: 7. Approfitta delle poche volate che ci sono per diventare l'unico corridore a vincere due tappe, escludendo i Liquigas con la cronosquadre, in questa edizione. Un bel risultato per un eterno piazzato come lui. Non conclude il Giro ma era molto dura per i velocisti. Filippo Pozzato: 6. Forse dal campione italiano ci si poteva aspettare qualcosa di più, ma la sua firma in questo Giro la mette lo stesso onorando la sua maglia nell'ultima occasione in cui la indosserà. André Greipel: 6.5. Si presenta come il dominatore delle volata. Non ne vince nessuna, anzi, alcune volte non le fa nemmeno e viene battuto regolarmente, anche dal compagno Goss. Si rifà nell'ultima occasione con il merito di non aver mai mollato e di aver anche aiutato la squadra nelle tappe in cui non toccava a lui finalizzare. Un bel gesto, raramente i velocisti lo fanno. Stefano Garzelli: 6.5. Venuto per far classifica paga un'amnesia nel giorno dello Zoncolan. Si lascia uscire volontariamente di classifica per avere lo spazio di attaccare nelle tappe seguenti. Non servirà in quanto suggella la sua presenza con la bellissima vittoria a Plan de Corones. Valerio Agnoli. 8. Come per tutti gli altri della Liquigas, unica formazione a chiudere senza ritiri la corsa, un grandissimo lavoro per i capitani senza mai risparmiarsi. Gli uomini verdi sono sembrati veri marziani in questo Giro, superiori, senza se e senza ma (e senza forse). Matthew Lloyd: 8. Vittoria di tappa e maglia verde per lui. Un Giro da incorniciare per costanza e intraprendenza coronato, appunto, da una delle maglie più prestigiose della Corsa Rosa. David Moncoutiè: 5. Portato a forza dalla squadra ha il merito di provarci ma la condizione proprio non c'è. Peccato, alla sua prima apparizione al Giro d'Italia, ci si aspettava sicuramente qualcosa in più dallo scalatore francese, protagonista delle salite spagnole nelle ultime due edizioni. Wouter Weylandt, Jerome Pineau, Matthew Goss, Evgeni Petrov, Manuel Belletti, Damien Monier, Joahn Tschopp: 8. Vincere una tappa al Giro, che sia in salita, in pianura, in volata o a cronometro è sempre un grande successo. Per alcuni di loro è la prima grande vittoria, che fa brillare una stagione ed una carriera. Marzio Bruseghin, Francesco Masciarelli, Alessandro Petacchi, Domenico Pozzovivo, Christian Vandevelde: sv. Tutti alla partenza di Amsterdam con grandi ambizioni, minati nel fisico devono abbandonare senza aver occasione di mostrare cosa sarebbero stati in grado di fare in condizioni ottimali. Gilberto Simoni: 6. Se ne è parlato più di quanto si sia visto, ma il vecchio Gibo voleva a tutti i costi salutare un'ultima volta il Giro d'Italia che tanto gli ha dato e a cui ha dato tanto. Fallisce il suo ultimo obiettivo, la Cima Coppi, ma ci ha messo il cuore quando ha potuto, a scapito di gambe non eccezionali. Ciao Gibo! (spaziociclismo)
  9. Ivan Basso (Liquigas-Doimo) da Raisport «È stato un Giro difficilissimo, spettacolare, incerto fino alla fine, e penso che il pubblico si sia divertito. E per me questa è una giornata fantastica, posso abbandonare finalmente tutte le scaramanzie dei giorni scorsi, sono solo felice, qui con la mia famiglia: abbiamo sofferto tutti insieme, oggi ci godiamo insieme questa gioia. Mia moglie Micaela è una persona eccezionale, non ama apparire ma mi è sempre vicina; e approfitto di quest'occasione per dire che tra pochi mesi i nostri bimbi saranno tre: ho saputo la notizia pochi giorni fa e ho sperato tanto di fare quest'annuncio in un giorno come questo. Oggi posso dire che la parte di me che era ancora infelice è tornata felice, e penso che per la gente questo Giro sia stato più bello di quello che ho vinto 4 anni fa, perché ho sofferto di più e ho dovuto lottare tra molte difficoltà, come nella tappa di Montalcino o in quella dell'Aquila. Sì, dopo quel giorno all'Aquila ho temuto, sapevo che Arroyo sarebbe stato un osso duro e infatti ha lottato fino all'ultimo, è stato un bel problema per noi. Ma ringrazio la squadra, fantastica, dopo quel giorno non abbiamo più sbagliato niente; e una parola speciale la voglio dedicare a chi mi è stato vicino in corsa e sul podio, Nibali, con cui tra pochi anni i ruoli si invertiranno, perché lui è il futuro del ciclismo italiano. Ho corso poco in primavera perché sapevo di dover essere al top sia al Giro che al Tour: finora questo programma ha pagato, spero che continui a funzionare. Riposerò pochi giorni, poi penserò al prossimo obiettivo: è chiaro che vado in Francia non tanto per esserci, ma per correre al livello dei migliori. Sono molto migliorato rispetto all'anno scorso, certo la superiorità di Contador è a tratti imbarazzante, ma penso di poter lottare con lui». Cadel Evans (BMC) da Raisport «Ho iniziato ottimamente il Giro, secondo i programmi, ma poi sono crollato nella seconda settimana e di questo povrete chiedere conferma al responsabile medico della squadra. Ho comunque provato a tenere, ma sul Mortirolo la Liquigas è stata troppo forte, e in queste ultime tappe ho provato a fare qualcosa ma tutto è stato inutile. Mi rimane il rammarico per aver tenuto la maglia rosa solo un giorno, a causa della sfortuna». Vincenzo Nibali (Liquigas-Doimo) da Raisport «Ho preceduto Scarponi di pochi secondi, ma me lo merito, lui mi ha fatto star male un giorno intero in occasione della caduta di Montalcino... Questo podio è importante per me e per la squadra, e penso che sia io che Ivan che tutti gli altri compagni abbiamo veramente meritato questi successi». Damiano Cunego (Lampre-Farnese) da Raisport «Sono andato abbastanza bene in classifica, anche se il Giro è stato difficile per tanti aspetti, come la tappa dell'Aquila, o il maltempo che ha influito parecchio sulla corsa, o i lunghi trasferimenti. Il mio è stato un Giro all'attacco, sempre protagonista nelle tappe più importanti, come quella dello Zoncolan o quella di Montalcino, che verrà ricordata per anni. È mancato l'acuto, ma sono abbastanza contento della mia corsa. E poi oggi a Verona è una festa bellissima, c'è tanta gente che è qui per me più che per il Giro, tutto è fantastico. Ero entrato nell'Arena una volta da bambino, ma oggi la ritrovo in una veste indimenticabile». Gilberto Simoni (Lampre-Farnese) da Raisport «Per me è stato un bel congedo dal ciclismo, anche senza successi. Tappa dopo tappa ho un po' rivissuto tutti i momenti della mia carriera che chiudo qui, con tutte le mie persone care che mi sono vicine. Sono senza parole, non ho più parole. Penso che mi ricorderò solo dei successi ciclistici e dimenticherò le tante piccole sconfitte... Ma da domani è un altro giorno, un'altra vita».
  10. Il trionfo e l'abbraccio - Basso, quel che ha dimostrato, quel che dimostrerà Ne abbiamo regalate tante, di parole, a Ivan Basso in queste settimane. Viene quasi difficile trovare un pensiero che riassuma quanto detto finora in una forma nuova. Si potrebbe cominciare dall'attualità più stretta, analizzando la crono che ha sancito la sua vittoria nel Giro 2010: potremmo trarne qualche elemento per proiettarci sul progetto-Tour che dovrebbe finalmente decollare, e non sarebbe certo una fuga in avanti da parte nostra, visto che il primo a parlare senza problemi e senza patemi della prossima avventura francese è lo stesso Ivan. Ma in realtà per approfondire e sviscerare qualsiasi aspetto del prossimo obiettivo del varesino, ci sarà tempo. Potremmo allora riandare con la mente e con le parole al momento in cui il sogno si spezzò, quattro anni fa, e chiederci cosa è cambiato nel ciclismo in questi anni e cosa è cambiato in Basso, ma anche questo rischierebbe di portarci lontano dal senso di questa giornata. Una giornata in cui sì, c'è anche il retaggio di quanto è successo, perché l'uomo non è stato progettato a compartimenti stagni, quel che è stato resta sempre impresso e funzionale, propedeutico a quel che sarà. Ma una giornata in cui c'è anche la caratura mai messa in discussione dell'atleta Basso. Un corridore partito da lontano, cresciuto gradualmente fino a imporre se stesso all'attenzione della platea internazionale. Poi pit stop. E ritorno, concentrati in pochi mesi gli stessi passi che aveva già percorso negli anni: grandi promesse, una transizione fatta di balbettanti esibizioni di forza, e poi la liberazione da ogni vincolo mentale per ritornare ad essere vincente. Come dire che se uno è fatto con quello stampo, sarà destinato a ripercorrere sempre gli stessi passi, qualunque cosa succeda intorno. È una questione antropologica, o forse proprio biologica. Non piace e non piacerà a tutti, Basso, a maggior ragione dopo il già citato pit stop. Ma di sicuro in questo Giro d'Italia ha saputo conquistare nuovi cuori pronti a palpitare per lui; e certamente avrà riguadagnato alla sua causa alcuni dei vecchi tifosi che si erano raffreddati. Alcuni (o molti) si sono esaltati, anche più di quello che questo successo promette: Ivan ha vinto un Giro in cui mancavano molti dei più forti interpreti delle grandi corse a tappe. Contador e Schleck, Menchov e Valverde, Riccò e (mettiamocelo) Armstrong non c'erano, per un motivo o per l'altro (e ci siamo limitati ai nomi dei corridori attualmente attivi e non sospesi). Ha piegato molto nettamente la resistenza di corridori blasonati che però non hanno mai vinto un GT (vedi Evans ma pure Scarponi), o di corridori blasonati ma molto in là con l'età (Vino o Sastre), o di corridori graziati da una fuga bidone (Arroyo o Porte), o di compagni di squadra che non avrebbero messo in discussione - se non a parole nella prima parte di Giro - la sua leadership (Nibali). Ha pure vinto un Giro molto molto duro, che come ogni Giro duro che si rispetti fa fisiologicamente emergere i corridori dotati di fondo e resistenza (le sue caratteristiche, in pratica). Ha vinto correndo con l'appoggio di una squadra platealmente superiore a tutte le altre, specie quelle dei principali rivali. E allora, dati questi fatti, com'è che nutrivamo mille dubbi su di lui alla vigilia, com'è che non avremmo scommesso a occhi chiusi sul suo nome, specie dopo averlo visto all'opera nelle sue pochissime uscite primaverili? Ecco, forse proprio per questo motivo. Non l'avevamo praticamente mai visto, non ci eravamo potuti formare un'idea compiuta sul suo stato e le sue possibilità. Allo stesso modo e per quanto scritto poco sopra, non possiamo sbilanciarci sulle sue effettive possibilità di vincere il Tour, dove incontrerà avversari diversi e (in alcuni casi) molto più tosti di quelli battuti in Italia. Di sicuro, ora sappiamo di nuovo che c'è da fidarsi delle sue sensazioni, per cui se Basso dice che farà bene in Francia, si può essere abbastanza ottimisti. E si può coltivare la consapevolezza che, in effetti, tra una carriera e l'altra, Ivan non abbia ancora definito il suo posto nella lunga piccola storia del ciclismo. E, detto di uno che ha nel palmarès già due Giri d'Italia, vale come un grande complimento. (cicloweb)
  11. Ivan Basso (Liquigas-Doimo) da Raisport «Ho dei compagni di squadra esemplari, li ringrazio, mi basta uno sguardo per capirmi con loro. Oggi siamo stati attaccati praticamente dal km 0, e i ragazzi hanno lavorato praticamente tutto il giorno. Vanotti in particolare è stato eccezionale, in tanti mi hanno fatto i complimenti per lui. E che dire di Nibali, è un campione, un fuoriclasse, il futuro è dalla sua. Non è tanto facile trovare un giovane ambizioso che si mette a disposizione come ha fatto lui, questa maglia rosa è in buona parte merito suo. È stata un'altra giornata felice per noi, ora penso solo a superare domani senza problemi, mi ricordo di quanto successo l'anno scorso a Menchov a Roma e non voglio festeggiare prima del tempo. Dopodiché, da lunedì penserò al Tour, dove mi presenterò con alte ambizioni e dove credo di poter fare molto bene». Michele Scarponi (Androni-Diquigiovanni) da Raisport «Sapevo che sul Tonale, al termine di una tappa tanto dura e dopo un Giro tanto difficile, ci sarebbe potuto essere qualche cedimento. Ho guadagnato qualcosa su Nibali, domani proverò in tutti i modi a scavalcarlo anche se so che sarà difficile». Vincenzo Nibali (Liquigas-Doimo) da Raisport «Veramente una fatica incredibile oggi, un'altra giornata pesante, abbiamo lavorato dal primo all'ultimo chilometro e anch'io ringrazio i ragazzi. E ringrazio Ivan per aver tolto gli 8" di abbuono a Scarponi. Non so ancora bene se farò il Tour o la Vuelta, non abbiamo ancora stabilito nulla di certo con la squadra, ne riparleremo nei prossimi giorni». David Arroyo (Caisse d'Epargne) da Raisport «La discesa era davvero troppo difficile, con un asfalto malridotto, per poter attaccare. Non era il caso di rischiare tutto per una caduta, già giù dal Mortirolo sono andato al limite. Comunque oggi ho fatto un passo importante per salvaguardare il secondo posto in classifica, e spero di mantenerlo anche domani. Certo, ci vorranno buone gambe». Alexandre Vinokourov (Astana) da Raisport «Ho provato a vincere la tappa, ho dato tutto. Non ce l'ho fatta, pazienza». Johann Tschopp (Bbox Bouygues Telecom) da Raisport «Simoni ha vinto tanto, io niente, non me la sono sentita di rinunciare alla soddisfazione di passare per primo al traguardo della Cima Coppi, del resto si trattava anche di una lotta per il successo di tappa. Sono andato in fuga e ho provato a tenere il più possibile, come faccio sempre, e stavolta sono riuscito ad andare in fondo, è stato un grande exploit per me. Sono emozionatissimo, dedico questa vittoria a mia moglie e a mio figlio che ha sei mesi: tutto questo è il coronamento di un sogno per me». (cicloweb)
  12. La legge del padrone - Lotta per il podio, 1" tra Nibali e Scarponi È piovuto talmente tanto, su quel benedetto Gavia e sulla sua discesa, che anche le polveri di molti si sono ritrovate bagnate, nell'ultima tappa in linea del Giro 2010. Il percorso invitava senz'altro all'azione, con quell'interminabile Forcola di Livigno nella prima parte e poi in rapida successione Eira e Foscagno prima del Gavia. E l'azione c'è pure stata, se è vero che a vincere la tappa è stato un valido pedalatore come Johann Tschopp, protagonista della lunga fuga di giornata. Una fuga che ha avuto al suo interno gente (quasi) di classifica come Vinokourov e Sastre, ma che non ha mai dato l'impressione di poter sovvertire alcunché. La corsa addormentata dalla Liqugas, in tutta la sua durata, non ha in effetti dato quell'impressione. Tutto ruotava del resto intorno al Grande Spauracchio, la discesa del Gavia, talmente terrificante nei pensieri di Basso da far prevedere alla Liquigas di stringere una cintura di sicurezza intorno al capitano, e a tale scopo impostare quindi un'andatura sostenuta sì ma regolare su tutte le salite, Gavia stesso compreso, per non far staccare i fidi gregari verdi. Quest'anestesia piombata sul gruppo dei migliori ha forse tolto idee anche agli altri, a Scarponi o a Evans, o perché no allo stesso Arroyo, che tutti attendevamo a una discesa col coltello tra i denti, e che invece non ha fatto gli stessi numeri esibiti giù dal Mortirolo. E invece di quella picchiata ricorderemo la prudenza degli uomini Liquigas e non la voglia di rischiare di chi avrebbe dovuto attaccarli. Gambe certo svuotate dalle fatiche di tre settimane e dallo sforzo ancora fresco della frazione di ieri. E poi una certa acquiescenza alla legge del padrone, come negarlo? Con Arroyo che - a parte tutti i discorsi sul rischiare o meno in discesa - ringrazia Dio per questo podio su cui non avrebbe certo scommesso alla vigilia, con Nibali buono e accucciato al terzo posto, con Scarponi che non poteva neanche contare sulla crono di Verona per un suo ipotetico ritorno su Basso, e con gli altri, da Evans in giù, francamente troppo lontani ormai per impensierire Ivan; con tutto questo in campo, da chi avremmo dovuto aspettarci quegli sfracelli che forse con troppo ottimismo ci eravamo prefigurati dopo la bella tappa di ieri? Resta comunque, il Gavia, la pietra miliare che ancora mancava al nuovo Giro di Basso. Verona, se non ci saranno cataclismi, sarà nulla più che una formalità, una tesi di laurea, diciamo; ma gli esami più difficili sono stati tutti superati, alcuni a pieni voti, alcuni balbettando un po', altri affrontati brillantemente with a little help from our friends. Con un po' di fortuna, anche, ma quella non guasta mai. E con la consapevolezza di dovere un grazie speciale, a quel Vincenzo Nibali che questo Giro avrebbe anche potuto vincerlo, se l'avesse corso in maniera diversa. Se avesse mollato gli ormeggi come ha fatto giù dal Grappa, se si fosse ripetuto ieri e ancora oggi, approfittando di discese nate per essere lo scenario delle sue imprese che verranno. Non l'ha fatto, è stato ligio ai comandi dell'ammiraglia, avrebbe anche potuto ribellarsi (se ne sarebbe assunto le responsabilità col mondo o almeno coi suoi datori di lavoro) ma non l'ha fatto. Oggi, negli ultimi chilometri, ha mostrato un po' di fiato corto e ha perso contatto da Scarponi, perché poi in un Giro non ci sono solo il primo e il secondo a lottare, qui c'è in ballo ancora un posto sul podio. Scarponi ha attaccato, Nibali è rimasto in panne, e Basso a mezza strada, a non sapere se aiutare il compagno tirandolo fino all'arrivo o andare con l'avversario per limitarlo almeno nella ricerca dell'abbuono. La seconda opzione è stata quella che, a conti fatti, comportava meno rischi per il gioco generale della Liquigas, e quindi quella perseguita da un Basso che, attaccato al mozzo di Scarponi, l'ha poi bruciato per il terzo posto di tappa (ovvero 8" di abbuono). (Evans, secondo dietro a Tschopp, abbiamo già detto che non faceva più di tanto notizia, vista la distanza in classifica). Neanche per una sera, quindi, Scarponi si fregia del terzo posto in classifica: paga ancora 1" a Nibali, e con tutta probabilità domani, nella crono di Verona, perderà altro terreno. È stato comunque un battagliare generoso e leale, il suo. Il risultato premierà il giovane: in fondo, è proprio giusto così (cicloweb)
  13. Ivan Basso (Liquigas-Doimo) da Raisport «Sono molto molto felice, sicuramente è stata una giornata fantasitca. Sul Mortirolo potevo allungare ma la nostra strategia era di stare assieme con Nibali per guadagnare su tutti; in più abbiamo trovato un grande Scarponi ed è stata proprio la strategia migliore. Questi quattro anno ormai sono alle spalle e l'unica cosa a cui voglio pensare di quattro anni fa è la nascita di mio figlio Santiago: ora preferisco parlare del presente perché questo è un momento bellissimo della mia carriera. Ci aspettano ancora due tappe molto dure ma la Liquigas non cambierà il suo atteggiamento e continueremo a correre come un gruppo molto compatto. In discesa non ho avuto paura perché stavo bene e sapevo che la situazione era ottima perché in tre avremmo potuto guadagnare molto verso Aprica. Devo ringraziare tanto Nibali ma anche Scarponi e tutta la squadra che come al solito ha fatto un ottimo lavoro». Michele Scarponi (Androni-Diquigiovanni) da Raisport «È stata una grandissima tappa, veramente dura e sono davvero contento per come è andata. Sul Mortirolo sono riuscito a rimanere attaccato a Ivan e siamo andati via molto bene: abbiamo trovato subito un accordo per aiutarci e arrivare insieme, ho collaborato fino all'ultimo a alla fine ho vinto la tappa. Ora l'obiettivo del podio è vicino anche se vincere la tappa del Mortirolo è già una soddisfazione enorme: io non mollerò di certo e domani saremo di nuovo a dare battaglia perché ho un grande morale e nonostante il male alle gambe che ho ora voglio fare bene di nuovo». Vincenzo Nibali (Liquigas-Doimo) da Raisport «Già da giorni stavamo pensando a questa tappa, eravamo molto concentrati e devo dire che stamattina alla partenza ero anche un po' nervoso: ora bene è andata bene, Ivan è in rosa e siamo tutti molto contenti. In cima al Mortirolo abbiamo trovato un buon accordo anche con Scarponi perché sapevamo che potevamo guadagnare tanto su tutti ed è stato in quel momento che abbiamo capito che potevamo prendere la maglia rosa: su una salita come l'Aprica era in tre era molto importante per guadagnare. Per me chiudere sul podio sarebbe molto importante in prospettiva futura: l'anno scorso al Tour ho dato ottimi segnali, quest'anno al Giro altrettanti e in futuro spero di essere un grande protagonista dei grandi giri. In tutto il Giro ho fatto tanta fatica ma l'esperienza passata mi ha aiutato. Domani c'è un'altra giornata molto dura ma sono molto fiducioso sul fatto che riusciremo a controllare la corsa: poi magari posso fare anche un pensierino alla cronometro di Verona».
  14. Quanto t'abbiamo atteso! - Basso in rosa 4 anni dopo. Un grande Nibali, tappa a Scarponi In un Giro sorprendente e avvincente, la tappa chiave non poteva che essere a sua volta sorprendente e avvincente. Davvero, sarebbe difficile chiedere di più a questa corsa, che giorno dopo giorno non smette di tessere l'intrigante trama del suo romanzo. O meglio, può essere che siamo arrivati al punto di svolta, e che ormai abbiamo scoperto l'assassino, a un paio di capitoli dalla fine: molti indizi portavano già a Basso, ma le prove che abbiamo visto nella Brescia-Aprica sono schiaccianti: non solo il varesino ha senz'altro la gamba migliore del lotto, in questa seconda parte di Giro; non solo ha di gran lunga la squadra più attrezzata, e ne abbiamo avuto riprova già nella prima parte della frazione, e poi ancora sul Trivigno con Agnoli, e poi ancora all'inizio del Mortirolo con Kiserlovski e Szmyd; ma Basso può anche contare su una stampella d'oro zecchino, e non si offenderà Nibali per l'ingiusto paragone, ma quello che abbiamo visto fare a Vincenzo oggi trascende forse anche la dialettica capitano-gregario. Perché il siciliano ha messo completamente da parte le sue pur legittime ambizioni personali, è stato leale sino alla fine, sino a quei 2 km conclusivi in cui ha tirato a tutta per incrementare il più possibile il vantaggio sugli inseguitori; ma soprattutto, è stato fondamentale nella discesa dal Mortirolo, laddove il confine tra incubo e speranza s'era fatto sottilissimo per Ivan: tanta fatica e tanto sciupìo del team avevano portato la coppia Liquigas (sempre scortata da Scarponi) ad avere quasi 2' di vantaggio su Arroyo al penultimo Gpm di giornata. La discesa successiva aveva invece quasi annullato tutto quel vantaggio, grazie ad una maglia rosa scintillante su quei tornanti in cui stava rimontato quasi tutti quelli che la precedevano; ma a causa anche e soprattutto dell'incapacità di Basso di scendere fluido. Un Ivan formato San Carlo 2006, sul bagnato di una strada che però nascondeva troppe insidie (per conferme chiedere a Vino ed Evans, a cui è andata di lusso su due lunghi) per rischiare di riporre la cautela e mandare tutto in malora. Anche perché Basso sapeva che sulla salita dell'Aprica sarebbe tornato a guadagnare. Certo, la lunga, entusiasmante rincorsa di Arroyo, che ci aveva tenuti avvinti, dal punto di vista del capitano Liquigas era una sorta di mannaia pronta a cadere sul suo capo. E invece, in quei concitati momenti, appoggiandosi come detto a Nibali che gli ha fatto da balia nella picchiata e ha tirato a più non posso sui falsopiani, Ivan ha ritrovato il ghigno malefico, quello dei momenti migliori, quello che prelude alle affermazioni più importanti. Così come la rimonta di Arroyo era stata straordinaria, allo stesso modo la replica dei tre di testa è stata eccitante: secondo dopo secondo, col povero David a chiedere vanamente un aiuto a gente che si chiama Sastre, Evans, Vinokourov, ma che dietro al nome non serbava più l'energia necessaria per pedalare rotondo, secondo dopo secondo, con Scarponi onestissimo a dare la sua mano ben sapendo che all'arrivo poteva esserci una giusta ricompensa anche per lui (che ora vede davvero il podio, tra l'altro: Savio non scherzava quando lo vedeva sicuramente da top-3), secondo dopo secondo, con la gente sempre più urlante nelle orecchie e su quella strada che nel 2006 lo vide (forse) compiere uno sgarbo nei confronti di Simoni, e che nel 2010 lo cala invece nella dimensione dei gentiluomini, tra quei due compagni d'azione che hanno onorato fino al termine i patti stipulati. Secondo dopo secondo, dopo secondo dopo secondo, la tonalità del viso di Basso, forse per riflesso camaleontico, s'è fatta sempre più rosa e accesa, luminosa, verrebbe da dire, buona a rischiarare anche ciò che circondava il campione di Cassano Magnago. Rosa virtuale a 3 km dal traguardo, rosa vero alla fine. Non un bottino grasso da conservare sugli inseguitori, ma la consapevolezza di essere tornato là dove meritava di stare (secondo quanto dimostrato 4 anni fa). Tutto quello che c'è in mezzo, a questi 4 anni, scivola via. Come la grande fatica di oggi, che stasera, piano piano, si scioglierà in un sonno finalmente (cicloweb)
  15. Si, l'ha fatto con Bugno e Cunego. Ora in onda.
  16. André Greipel (Team HTC-Columbia) da Raisport «Un successo che ho inseguito per tutto un Giro che per me è iniziato male, ma in cui ho saputo tener duro, anche grazie all'aiuto di una squadra di cui sono orgoglioso: anche oggi hanno lavorato tanto, li ringrazio e posso finalmente dire che per me questo è un buon Giro». Alan Marangoni (Colnago-CSF) da Raisport «Volevo andare in fuga perché finora non è che mi sia fatto tanto vedere, per un motivo o per l'altro. Kaisen è stato un ottimo compagno, ha tirato tanto, e alla fine abbiamo pure iniziato a crederci, visto che dietro erano a tutta ma non riuscivano a recuperare chissà quanto. Poi mi hanno preso a 1800 metri dall'arrivo, pazienza, ci riproverò prima o poi». Marco Velo (Quick Step) da Raisport «Per me è stata una grande emozione arrivare col Giro a casa mia. In passato a causa di infortuni non ero mai riuscito ad essere presente alla tappa di Brescia, e oggi ci tenevo a far qualcosa di buono in volata. Nel finale mi sono coordinato con Tosatto, ma poi all'ultima rotonda sono stato rallentato da una sbandata di Sabatini, che davanti a me si era toccato con un altro corridore. Sono comunque contento di questa giornata. Domani sarà una tappa molto dura, poi in gruppo si avverte il classico nervosismo di fine Giro. Comunque è un nervosismo positivo, da cui poi scaturisce l'agonismo che ci sarà in corsa». Daniele Righi (Lampre-Farnese) da Raisport «Domani saremo vicini al capitano, e penso che questa vicinanza possa anche dargli una carica supplementare. Se Cunego si gioca bene le sue carte, se sta a ruota e lo portano al traguardo, potrà far valere il suo spunto veloce». David Arroyo (Caisse d'Epargne) da Raisport «Un'altra tappa abbastanza tranquilla, anche il fatto di essere partiti tardi ci ha permesso di rilassarci un po' stamattina. L'inizio della frazione è stato un po' battagliato, almeno finché non è partita la fuga, dopodiché ho gestito la mia giornata in maniera serena. Domani cercherò di stare il più a lungo possibile con Basso, Evans e Nibali: se riesco a salvare la maglia rosa, poi nelle ultime due tappe la vittoria al Giro me la posso giocare». Vincenzo Nibali (Liquigas-Doimo) da Raisport «Anche oggi la tappa è stata tirata al di là delle apparenze: le squadre dei velocisti volevano assolutamente un arrivo allo sprint, quindi hanno tirato tutto il giorno per non lasciare spazio alla fuga, quindi l'andatura è stata comunque alta. Domani sarà durissima, ma se starò bene - come penso - avrò tante carte da giocare insieme a Basso. Decideremo insieme strada facendo quale sarà il caso di giocare. Molti mi dicono che aspettano qualche mio attacco in discesa, ma in realtà nelle prossime due tappe la differenza vera si farà in salita; quel che è certo è che stiamo bene, siamo a un passo dalla maglia rosa e già domani daremo il massimo per attaccare Arroyo. Mi sento in debito con la Liquigas, mi ha cresciuto dal 2006 senza pressioni, spero di regalare alla squadra un successo importante, anche nei prossimi due anni: sono contento che lo sponsor ci abbia confermato la fiducia, e sono contento di restare in questa squadra fantastica».. Alessandro Vanotti (Liquigas-Doimo) da Raisport «Per noi è una vigilia serena, siamo consapevoli della nostra forza e ormai siamo allo scoperto, quindi faremo la nostra parte. Di sicuro domani, col Mortirolo, sarà il giorno decisivo. Per me sarà una bella tappa di fatica, ma spero e credo che riusciremo a dare spettacolo». (cicloweb)
  17. All'ultimo sprint ecco Greipel - Si sblocca il tedesco. 3° Dall'Antonia Ci sono volute 18 tappe ma alla fine anche André Greipel è riuscito a cogliere un successo parziale in questo Giro d'Italia: il tedesco della HTC-Columbia era una delle ruote veloci più attese della corsa rosa ma dei piccoli problemi fisici prima del via ne avevano limitato il rendimento. Sul lungo rettilineo finale di Brescia, Greipel ha dato sfogo a tutta la sua potenza ed è sembrato il velocista che in questa prima parte di stagione era riuscito a vincere ben undici volte, più di chiunque altro: dopo la vittoria a Locarno nel 2008 la terza settimana del Giro continua a portare fortuna a questo velocista tedesco. Tante montagne nei giorni scorsi e una tappa tutta in pianura come quella di oggi era l'ideale per tirare un po' il fiato. La pioggia e il vento contrario nei primi chilometri hanno fatto tenere al gruppo un'andatura molto tranquilla (prima ora 37.7 km/h) e la fuga del giorno s'è sganciata al km 21: l'attacco è stato portato da Marangoni (Colnago) e Kaisen (Omega Pharma) ma le squadre dei velocisti non hanno mai lasciato più di tre minuti. Il solito gioco di andare al risparmio per poi dare tutto nel finale s'è verificato anche oggi e negli ultimi 20 km tra la coppia di testa e il gruppo tirato da HTC e Sky è iniziata una lunga battaglia a più di 50 all'ora e solo l'intervento in prima persona di Pinotti e Wiggins ha fatto spostare le previsioni a favore di chi inseguiva: a 10 km dall'arrivo il gap era di 45" e Marangoni è stato ripreso a 2000 mentri dalla conclusione mentre Kaisen s'era staccato poche centinaia di metri prima. Nel finale è la Sky a prendere in mano la situazione ma nonostante un buon lavoro di Hayman e Sutton il neozelandese Henderson si è sciolto negli ultimi 300 metri ed ha chiuso solamente in quarta posizione: il tentativo di anticipo di Julian Dean ha portato il corridore della Garmin al secondo posto, distante, però, da un Greipel che oggi era veramente inarrivabile. Molto buono il terzo posto di Tiziano Dall'Antonia che si è perso per strada Sabatini (nono) e che quindi ha optato per fare le cose per se stesso e si è comportato molto bene. (cicloweb)
  18. Grand Monier, dolce brindisi - Fuga a 19, vince il francese Con un percorso come quello della tappa di oggi, chi avesse voluto attaccare avrebbe potuto tentare delle belle cose. Il punto è che per inventarsi un assalto nella Brunico-Pejo Terme sarebbero servite gambe sane (e non lo sono più dopo oltre due settimane di Giro) e mente sgombra (impossibile da avere quando sai che ti aspettano il Mortirolo e il Gavia nei prossimi giorni). Sicché nella 17esima tappa della corsa rosa hanno trovato spazio 19 fuggitivi. Sin dalla partenza si sono moltiplicati i tentativi di fuga, ma la Lampre in prima battuta ha tenuto la corsa abbastanza chiusa. Solo al km 54 sono riusciti ad avvantaggiarsi 19 corridori, che qui elenchiamo: Wyss (BMC), Ochoa (Androni), Kireyev (Astana), Arashiro (Bbox), Amador (Caisse d'Epargne), Konovalovas (Cervélo), Duque e Monier (Cofidis), Stortoni (Colnago), Hondo e Marzano (Lampre), Moreno (Omega Pharma), Kruijswijk (Rabobank), Cummings (Sky), Reynes (HTC), Ignatiev (Katusha), M. Fothen (Milram), N. Sorensen (Saxo) e A. Efimkin (AG2R). La Lampre, evidentemente conscia di non poter tirare fino alla fine (a beneficio di Cunego, magari), ha infilato due uomini nell'azione e si è fatta da parte. La Caisse d'Epargne della maglia rosa Arroyo, più che controllare che il distacco non prendesse proporzioni ingestibili (avendo Efimkin a quasi 20' di ritardo nella generale), non ha fatto. E così la fuga ha preso il volo, raggiungendo il vantaggio massimo di 12'09" ai piedi del Passo delle Palade (al km 90). In cima alla lunga salita i 19 hanno visto il loro vantaggio abbattersi a 8'18", ma dietro l'interesse a lavorare per recuperare sugli attaccanti era veramente nullo, e quindi dopo lo scollinamento i battistrada hanno ritrovato via libera per procedere. Tra tanti fuggitivi, era chiaro che qualcuno avrebbe provato l'anticipo. A poco meno di 30 km dal traguardo ci prova Ignatiev, ma la sua idea è destinata a non durare a lungo. E tra l'altro il russo è il primo a staccarsi all'abbrivio (piuttosto dolce) della salita finale che porta al traguardo di Pejo, a 15 km dalla conclusione. Il più pimpante e convinto, forse pure troppo, è Daniel Moreno, che piazza un paio di scatti a 14 km dal traguardo, ma poi si distrae sul più bello, quando gli partono in contropiede Kruijswijk, Hondo e Monier. Moreno resta un po' a bagnomaria, poi aspetta gli altri fuggitivi, dopodiché prova in tutti i modi (collaborando con Cummings, a sua volta avvantaggiatosi sul drappello) a recuperare sul terzetto di testa, ma senza fortuna. Intanto fra i tre battistrada, a 3 km dal traguardo Monier parte subito prima dell'inizio del tratto più duro, e fa il vuoto. Kruijswijk stacca dapprima Hondo, ma poi addirittura subisce il ritorno del velocista tedesco, che sarà secondo al traguardo alle spalle dell'ormai irraggiungibile Monier, che centra la sua prima vittoria da professionista. Terzo Kruijsijk, quarto Moreno, quinto Cummings, sesto e primo degli italiani Stortoni, mentre il gruppo nel finale accelera per opera della Liquigas, che schiera i suoi uomini in testa ad aumentare l'andatura. Si direbbe un preambolo per un possibile attacco di Basso, ma di fatto non accade niente (a parte che qualche nome importante si stacca, vedi Garzelli), e tra gli uomini di classifica l'unica cosa da segnalare è il secondo guadagnato da Scarponi nella volata finale. (cicloweb)
  19. Ivan Basso (Liquigas-Doimo) da Raisport «Ho fatto una buona crono, sapevo che avrei pagato qualcosa a Evans ma ritengo la mia prova positiva: ho guadagnato su Arroyo e Sastre, malgrado per me fosse difficile fare una cronoscalata dopo il giorno di riposo. Continuerò ad attaccare, con l'aiuto della squadra che ha dimostrato di essere compatta, e non temo solo Evans: rispetto tutti gli avversari, e penso che siano in 4 o 5 a poter ancora puntare alla vittoria finale». Michele Scarponi (Androni-Diquigiovanni) da Raisport «Ero convinto di essere andato meglio nella seconda parte che nella prima e invece scopro che è il contrario. Evidentemente non ho interpretato bene la mia azione sullo sterrato. Comunque il mio Giro non finisce qui, ci sono ancora tre tappe in cui inventarsi qualcosa». Stefano Garzelli (Acqua&Sapone-Caffè Mokambo) da Raisport «Sono strafelice, contavo di arrivare nei 5 e invece ho addirittura vinto. Uno dei successi più belli della mia carriera, per come è venuto, per gli avversari che c'erano e che l'hanno fatta a tutta, per il fatto di averlo ottenuto a 37 anni. Ho una buona attitudine alle cronoscalate, ma ancora fatico a credere a questa vittoria. Era per me una questione d'orgoglio, perché dopo il Grappa, su cui appena ho capito di non essere al massimo ho deciso di uscire di classifica, dopo aver salvato la gamba sullo Zoncolan, e dopo il giorno di riposo, volevo lasciare un segno. Pensavo più alla tappa di domani, ho anticipato di 24 ore, va benissimo. E sono contento anche per aver onorato questo Giro, intanto perché non so quanti altri ne farò, e poi per la squadra, che essendo stata invitata dagli organizzatori deve comunque dimostrare qualcosa». Cadel Evans (BMC) da Raisport «Garzelli mi ha impressionato. La mia esperienza da biker mi è tornata utile in determinati frangenti, ad esempio per decidere il tipo di pedalata sullo sterrato. Resta il fatto che bisognava comunque metterci una gran forza». Carlos Sastre (Cervélo) da Raisport «Sono salito più forte che potevo, ma a vedere i tempi deduco che ci sono stati altri corridori che hanno fatto meglio di me. Al momento alcuni miei avversari sono più forti di me, ma non penso di arrendermi prima che il Giro sia finito». David Arroyo (Caisse d'Epargne) da Raisport ««Sono contento, ho perso più o meno quanto mi aspettavo, comunque non troppo, e sono ancora in rosa dopo un altro giorno importante come questo di Plan de Corones. Continuerò a difendere questa maglia con l'aiuto della squadra, anche se so che sarà difficile tenerla fino alla fine. Ci proveremo, vivremo alla giornata, e comunque anche l'obiettivo di un podio non è disprezzabile». Alexandre Vinokourov (Astana) da Raisport ««Ho fatto la crono col mio ritmo, è stata molto dura, specialmente l'ultimo chilometro che era impressionante. Mi sto allontanando dai primi posti della classifica, ma il Giro finisce a Verona e c'è spazio per attaccare. I due favoriti sono Basso ed Evans, e vedo Ivan in crescita mentre Cadel mi pare in flessione». (cicloweb)
  20. Tra Evans e Basso spuntò Garzelli - Cadel recupera 28" a Ivan. Arroyo tiene Nell'annunciato duello e tra Basso ed Evans a Plan de Corones è spuntato il classico terzo incomodo: si tratta di Stefano Garzelli che ha dominato la cronoscalata lasciando molto distanti Evans e Gadret, rispettivamente secondo e terzo di tappa. Il capitano dell'Acqua & Sapone era uscito di classifica tra Grappa e Zoncolan e forse le energie risparmiate in queste due occasioni hanno fatto la differenza. Rispetto al 2008 i tempi sono più alti di circa 1' ma, probabilmente, il vento contrario ha avuto una grande influenza. Il duello tra i grandi favoriti del Giro, invece, se lo è aggiudicato Cadel Evans che con la sua potenza e la sua andatura spesso sui pedali ha avuto la meglio sull'agilità di Ivan Basso: ora la classifica è ancora più corta e tutto si deciderà nelle ultime tre tappe. Anche quest'anno, come accaduto anche nel 2008, gli organizzatori hanno diviso i corridori partenti in batterie per permettere ai mezzi di supporto di rientrare a San Vigilio di Marebbe. Tra i ciclisti del primo gruppo il migliore è stato il francese Damien Monier che ha concluso la prova in 44'15". Molto più interessante dal punto di vista tecnico la seconda batteria dal momento che al via c'era anche il trentino Gilberto Simoni: il corridore della Lampre, dopo aver fatto registrate il miglior tempo all'intermedio, ha chiuso la prova solamente in 44'27", quasi quattro minuti peggio che nel 2008. Poco dopo Simoni è arrivato al traguardo anche il polacco Szmyd che è stato il primo ad abbattere il muro dei 44 minuti, 43'40" il tempo finale: nonostante il primo posto anche il forte gregario della Liquigas ha peggiorato leggermente (una trentina di secondi) rispetto al 2008. Nella terza ed ultima batteria, quella con tutti i meglio piazzanti nella classifica generale, i tempi sono scesi sensibilmente e nel giro di pochissimi minuti si sono alternati in testa Tschopp, Samoilau e Uran. In questa fase è stato fatto registrare anche il grandissimo tempo di Stefano Garzelli: già all'intermedio del Passo Furcia il varesino era in testa con 21'23" ma s'è letteralmente scatenato sullo sterrato terminando la prova in 41'28" (18,66 km/h di media), addirittura 1'36" meglio del colombiano Uran che deteneva in quel momento il miglior tempo. Ottima quindi la prestazione di Garzelli ma nel tratto fino al Passo Furcia Evans e Scarponi hanno fatto meglio del corridore dell'Acqua & Sapone: 21'11" per l'australiano, 21'15" per il marchigiano mentre Basso è transitato con 18" di ritardo, Sastre addirittura con 1'28" e Arroyo con 1'20". Brutta giornata per Damiano Cunego che non è riuscito a replicare la bella prestazione dello Zoncolan e ha chiuso con 2'10" di ritardo da Garzelli. Una conferma sull'eccezionale seconda parte di Garzelli è giunta da Scarponi che ha chiuso con 1'07" di ritardo, 6" peggio di Nibali: per il corridore dell'Androni una prova abbastanza deludente e completamente opposta a quella dello Zoncolan quando era riuscito a gestire molto bene le proprie forze riuscendo a recuperare qualcosa nel finale. Anche Evans, nonostante il miglior tempo intermedio, si ritrova dietro a Garzelli all'arrivo di ben 42": questo significa ben 54" persi negli ultimi cinque chilometri. Il corridore australiano è riuscito comunque a guadagnare 28" su Ivan Basso, 55" su Vinokourov e quasi 2' su uno spento Carlos Sastre. Ancora in difesa Arroyo che ha fatto registrare un tempo di 43'44": lo spagnolo ha perso solo 1'06" da Basso (ora secondo nella generale) ed è riuscito a tenere ancora la maglia rosa con 2'27" di vantaggio. (cicloweb)
  21. Ivan Basso (Liquigas-Doimo) da Raisport «Per me è una giornata fantastica, ringrazio la squadra, i miei compagni hanno tirato per 100 km, sono stati splendidi. Lo Zoncolan è una salita terribile, va aggredita, e bisogna restare concentrati fino alla fine. Dopo tanti anni di sofferenza, questo è il giorno più bello da quando sono rientrato». Michele Scarponi (Androni-Diquigiovanni) da Raisport «Non sono riuscito a salire col passo di Basso, a un certo punto ho preferito staccarmi e salire col mio ritmo, al meglio delle mie possibilità. Meglio così, visto che la salita era durissima e se andavi fuori giri rischiavi di fermarti lì». Vincenzo Nibali (Liquigas-Doimo) da Raisport «Ho sofferto dopo la grande fatica di ieri, ma ho cercato comunque di gestirmi, prendendo come punto di riferimento Sastre. Abbiamo fatto la corsa dall'inizio e questo successo è meritato, siamo tutti contenti per Basso che ha dimostrato di avere una marcia in più». Gilberto Simoni (Lampre-Farnese) da Raisport «Oggi me la sono goduta, mi son goduto il pubblico friulano, che mi ha sempre incitato e che ringrazio di cuore. È stata una grande emozione, certo diversa dal vincere, ma comunque grande». Carlos Sastre (Cervélo) da Raisport «Sono stanco, come tutti dopo 12 giorni di Giro in cui è successo di tutto. Comunque mi sento meglio, dopo un inizio difficile. Abbiamo davanti tre tappe che possono essere adatte a me, spero di lasciare almeno un segno. I due favoriti principali sono Evans e Basso. Ivan è uno dei più grandi professionisti che conosca, anche se al momento penso che Contador gli sia comunque superiore». David Arroyo (Caisse d'Epargne) da Raisport ««La Liquigas ha controllato sin dall'inizio, andando molto forte. Temevo questa tappa, lunga e dura, per fortuna l'abbiamo superata. Per il successo finale tutto è ancora aperto, il Giro è lungo, Basso ha dimostrato di essere fortissimo, comunque viviamo giorno per giorno». (CICLOWEB)
  22. Ivan ora vede la maglia rosa - Arroyo ormai è a tiro A distanza di un anno Ivan Basso torna a vincere una corsa ma quella di oggi ha davvero il sapore dell'impresa perché ha dominato lo Zoncolan dando una dimostrazione di forza assoluta. L'esultanza contenuta sul traguardo, nonostante i grossi distacchi rifilati a tutti e nonostante non vincesse una tappa in linea dal 2006, ci fa capire quanto sia grande la sua voglia di tornare ad altissimi livelli e di poter lottare di nuovo per vincere il Giro d'Italia: dal suo ritorno dopo la squalifica mai avevamo ammirato un Basso così forte e con la vittoria di oggi il corridore della Liquigas diventa forse il favorito principale della corsa rosa. Da Mestre, questa mattina, non sono partiti Farrar e McEwen: con il ritiro dell'americano è praticamente certo che la maglia rossa della classifica a punti non verrà vinta da un velocista. L'andatura in gruppo è stata ancora una volta molto sostenuta fin dalle prime pedalate ma al km 18 sono andati via in sei: Pineau e Reda (Quick Step), Le Floch (Bbox), Turpin (Ag2r), Sijmens (Cofidis) e Rodriguez (Androni) hanno toccato un vantaggio massimo di 14'20" dopo circa 80 km. Questo grosso distacco è rimasto a lungo invariato perché nel gruppo maglia rosa nessuno aveva preso in mano la situazione e la Caisse d'Epargne aveva lasciato fare. In prossimità della prima salita di giornata, la Sella Chianzutan, è salita la Liquigas in testa al plotone e sul Gpm, a 69 km dall'arrivo, il ritardo si era già ridotto a 9'16". Nel tratto in pianura prima del Passo Duron anche qualche goccia di pioggia ha voluto dare fastidio ai corridori. Nei chilometri che precedevano la salita c'era anche il traguardo volante che è stato vinto da Pineau con il gruppo a 7'08": il francese ha così conquistato otto punti per la classifica della maglia rossa. Sul Passo Duron è stata ancora una volta la Liquigas, prima con Agnoli, poi con Kiserlovski e Szmyd a fare un grande forcing fin dai primi metri: tanti corridori hanno perso contatto qui e il primo nome di grido a staccarsi è stato Bradley Wiggins mentre chi è andato proprio in crisi è stato lo spagnolo Xavier Tondo. In testa alla corsa, nel frattempo, erano rimasti in cinque (staccato Reda) ed al Gpm il vantaggio di questi battistrada sul gruppo maglia rosa, ridotto a circa 25 unità, era di 4'56". Nel tratto in discesa rientrano in molti e come prevedibile sulla Sella Valcalda non è successo nulla e la Liquigas ha continuato ad imporre un ritmo abbastanza elevato ma regolare: al Gpm i fuggitivi potevano contare ancora su un vantaggio di 3'39"; ovviamente tutta l'attesa in gruppo era per lo Zoncolan ed è anche comprensibile che nessuno si sia voluto muovere prima della salita finale. Il gruppo dei migliori è arrivato all'inizio dello Zoncolan con poco meno di tre minuti di ritardo. Tra gli uomini meglio messi in classifica generale Kiserlovski è stato il primo ha patire le pendenze proibitive del "Mostro" proprio mentre a tirare era il suo compagno Szymd. Appena il polacco della Liquigas ha terminato il suo lavoro sono entrati in scena i big ed è stato Scarponi a mettersi in testa con grande decisione: alla ruota del marchigiano sono rimasti solo Basso ed Evans con Cunego, Vinokourov e Nibali a 15" e con la maglia rosa Arroyo poco più indietro. A 6 km dall'arrivo, proprio quando viene ripreso l'ultimo fuggitivo (Turpin), ha allungato ancora Ivan Basso con Evans a ruota e stavolta Michele Scarponi è costretto ad alzare bandiera bianca preferendo salire del suo passo. Un Basso scatenato ci prova ancora ai meno 5,4 ma Evans, sempre sui pedali, ha ben risposto: a cinque chilometri dal traguardo Scarponi accusava circa 25" dalla coppia di testa, Cunego (in rimonta) e Vinokourov erano a 50" mentre Arroyo perdeva circa 1'25". L'allungo decisivo Ivan Basso lo porta a 3700 metri dall'arrivo e il varesino ha scavato in poche pedalate un gap di una decina di secondi su un Evans apparso nettamente appesantito nella sua azione. Ai meno tre il ritardo dell'australiano era addirittura di 33", quello di Scarponi di 57", Cunego invece era 1'20", Vinokourov a 1'43", Sastre e Nibali a 2' mentre Arroyo era più indietro a 2'33". L'assolo di Ivan Basso è stato assolutamente irresistibile anche nei tratti in cui pendenza scendeva sotto al 10% e per gli altri non è rimasto che contare i danni sul traguardo: Evans ha perso 1'19", Scarponi 1'31", Cunego 1'58", Vinokourov 2'25", Sastre 2'44", Nibali 3'07" e Arroyo 3'50". Lo spagnolo della Caisse d'Epargne ha tenuto quindi la maglia rosa ma ha visto praticamente dimezzato il suo margine in classifica dal migliore di quelli che alla vigilia erano i favoriti: Basso, infatti, è risalito in testa posizione a 3'33" da Arroyo. (CICLOWEB)
  23. Il ritorno di Ivan il Terribile - Basso, l'ascesa, la caduta, la risurrezione Lo chiamano kaiser lo Zoncolan. Imperatore tra le salite d'Italia e d'Europa, porta dell'Inferno come recita uno striscione diventato ormai consueto all'inizio di quella strada infinita verso il cielo. Kaiser come era soprannominato Jan Ullrich, che se solo avesse voluto ben più di un impero avrebbe instaurato in giro per il mondo. E kaiser avrebbe dovuto essere anche il vincitore di quest'oggi. Magari Gilberto Simoni, col sogno, la voglia di confermarsi dominatore incontrastato di questa salita già conquistata due volte e che gli ha reso comunque l'omaggio che merita un sovrano degno, giunto al tempo della resa. Molto più semplicemente il kaiser avrebbe dovuto esser colui che questo Giro lo vuol vincere sul serio. E forse non poteva essere che lui, chi sovrano del Giro lo era diventato prima che il corso degli eventi prendesse un'altra piega. È tornato Ivan Basso, con quella grinta, quella capacità di lasciarsi tutti dietro come nei giorni belli, distruggendo la resistenza di avversari che i propri distacchi li contavano in minuti. Non appare neppure un caso che questa vittoria sia venuta quest'oggi, perchè quando i presupposti per la giornata da ricordare ci sono tutti non si può fallire, il trono aspetta per ritrovare il sovrano ferito in battaglia e che pazientemente ha curato le sue ferite. Piegato ma non ucciso dal destino ed ora tornato là, dato che quello che non uccide fortifica. Il sovrano, il Kaiser o semplicemente Ivan il Terribile che torna a prendersi il suo regno lì, nel tripudio di folla straordinario dello Zoncolan, a ricordarci senza che ce ne fosse bisogno quanto la bellezza dellla passione, del sostegno e del tifo genuino del ciclismo non siano secondi a nessuno, proprio come il Basso di quest'oggi, secondo a nessuno. A proposito di passione e di tifo poi non era neppure facile l'ulteriore impresa, che solo i grandi, gli eletti ad imporre la propria legge, sono in grado di realizzare: riportare (o cercar di riportare) l'attenzione su di sè di un intero popolo, riprendendosi le prime pagine dei giornali. Non sappiamo ancora se Ivan quest'oggi è riuscito anche in questo ma se non altro, in un Paese inevitabilmente distratto anche dai tripudi nerazzurri, ha tenuto a ricordare che si sta correndo anche un Giro d'Italia, la festa di popolo per eccellenza e che di fronte ad una squadra di calcio capace di vincer tutto nello stesso anno (sembra tornare il tema del kaiser anche qui), passa quasi mediaticamente in secondo piano (con tanta comprensione per il buon Nibali, che forse ha avuto la colpa di far la sua impresa proprio ieri). Probabilmente era destino che la disputa si risolvesse tra Basso ed Evans. Tra il vecchio sovrano che risale la strada della gloria e l'aspirante sovrano che il suo regno iridato l'ha già conquistato, a neppure troppa distanza dai confini italici e deciso a conquistare l'Italia intera. Gli otto chilometri o poco meno che restavano al traguardo e soprattutto un'erta assassina e affilata come una lama, al 22%, era solo l'avvio della disputa reale. Tanti pretendenti, poi ancora meno, poi il duello finale finchè non ne resta soltanto uno. Seduto Basso a forzare, in piedi sui pedali Evans a ricordare il biker che era, più serio, lui che col buon umore convive, Scarponi, a chiedersi quanto ancora proseguirà la lotta. Era lotta tra imperatori, di cavalieri piagati dagli scontri ed altri fieri nella loro volontà di non subir l'onta della sconfitta, non lì dove le pendenze della strada creano una cappa ovattata in grado di celar qualsiasi voce, urlo, proveniente da pochi metri. Se la devono giocar loro questa disputa e così Scarponi, quasi in ossequioso rispetto, si defila ai meno sei. E' il momento di Basso ed Evans, di giochi di sguardi, di magliette semi-aperte per contrastar le temperature gradevoli finalmente vissute da questo Giro, di andatura tremendamente efficace e mulinante da seduti opposta a quella ciondolante da scalatore vero. Si è voltato Basso, invitando anche eloquentemente alla battaglia il suo degno rivale, di andar soli un pò più su dove si sarebbe consumato lo scontro decisivo. Una prima stilettata ai cinque chilometri e mezzo, per veder se Evans accusava il colpo. Niente, si va avanti. Si prosegue ai meno 3,8 dall'arrivo. Un istante. Ivan da seduto si alza per una decina di metri, piazza la botta. Evans si siede, china il capo sconfitto. Mancano ancora più di tre chilometri e mezzo ma passa una vita davanti. Immagini che passano davanti a Evans, in cerca disperata di pendenze più dolci dove rianimarsi ma che non gli consegneranno quel trono che svanisce davanti a lui e alla progressione di Basso. Tante immagini che hanno iniziato a passare davanti ad Ivan, a cominciare da quella maglia iridata indosso al suo avversario. La prima maglia che lo fece diventar grande a Valkenburg nel 1998, da Under 23. La maglia di un ragazzo salito in cima al suo mondo, un reuccio che il mondo, quello delle grandi corse a tappe e forse non solo, lo voleva conquistar davvero. Anni di gavetta, un passo per volta, ad imparar dalle sconfitte che fanno pur parte del percorso di chi un giorno vuol diventare leader. Ivan che un kaiser sulla sua strada l'ha trovato, cominciando ad osservarlo fin da quando una maglia bianca testimoniava che risiedeva in lui la meglio gioventù. Quell'Ivan Basso che sognava di opporsi a un padrone americano, che aveva fatto delle strade di Francia la sua terra di conquista e che, nei suoi duelli in grado di fargli conquistare il rispetto del sovrano ancora al suo posto, tanto da raccoglierne quasi l'ideale investitura. Prima che con Armstrong però il destino si doveva provare a scrivere sulla madrepatria, domando lo Stelvio e tutti i molossi che via via si frapponevano. Il Colle di Tenda si piegò, lo Stelvio e il Colle delle Finestre restarono in piedi maestosi e rinviarono i propositi all'anno successivo. Quando Ivan era più sicuro di sè, condottiero con al servizio compagni in grado a loro volta di regnar per conto loro (Sastre per dirne uno), capace di fermare il tempo, anzi di demolirlo quando ci si doveva lottar contro prima che la salita facesse da giudice supremo. Ivan il Terribile che faceva quel che voleva, che i suoi minuti, marchiati quasi alla maniera di Zorro e della sua spada, li distribuiva in doppia cifra, mulinando a più non posso, asfissiando chiunque volesse provare a contrastarlo. L'Italia era conquistata, restava la Francia. E tale restò, quando l'Operacion Puerto intervenì a cambiare il corso degli eventi. Il guerriero ferito, costretto all'esilio forzato, con la reputazione da ricostruire, a testa bassa, con il volto del pentimento da esibire d'ora in avanti invece di corone luccicanti. A che pro andare avanti con allenamenti-massacro? A far su e giù dal Cuvignone, simulando chissà quali tappe, immaginando di trovarsi in chissà quale vetta? Ad apparir un Rocky Balboa nella silenziosa attesa dei giorni che contano? Il motivo c'era ma prima c'era da ricominciare a testa bassa, il regno doveva aspettare. Il tempo dell'umiltà e della riconquista di gradi e sostegno doveva necessariamente venir prima. Una piccola contea per cominciare (il Giro del Trentino) ma poi nei regni testa alta ma appena sufficiente a far vedere che era lì, che alla lotta di successione si poteva assistere ma non partecipare attivamente, magari col compiacimento di chi da quel momento in poi l'avrebbe voluto sempre lì, guerriero di seconda linea incapace di riprendersi un regno, di quelli a cui far vivere pochi giorni di gloria per tornar in una dimensione opaca, quasi anonima. Può accettare una condizione simile chi è stato sovrano? Dubitiamo, fortemente dubitiamo e ora neppure traggono in inganno le settimane in disparte, con gli altri già in prima linea a combattere e lui ad affilar le armi, in attesa di usarle al momento opportuno. Ed intanto scudieri sempre più fidi, altri guerrieri da lanciare all'attacco, compreso il futuro erede alla successione a trovarsi lì sulla strada, a ridar fiducia al sovrano che vuol tornare alla caccia del suo regno. L'umiltà di Agnoli e Szmyd, a cui vanno riconoscenza e rispetto; l'esuberanza giovanile di Kiserlovski, da esporre per procurar pericolo ad altre truppe; l'intesa diabolica con Nibali, gettato all'avanguardia col coraggio di chi sa di poter esser pronto a colpire al momento opportuno. A confondere le idee, a far credere che il sovrano neppure questa volta magari tornerà. E che intanto si fa beffe dei suoi avversari, all'alba della nuova battaglia. Tante immagini, una miriade ne sono passate davanti allo splendido Ivan Basso di oggi, tornato a vincere alla sua maniera, con gli avversari lasciati a minuti, dilaniati dal ritmo infernale della sua pedalata. Uno solo è giunto alla meta, nel tripudio della folla che il suo tributo non lo fa mancare mai, quali che siano stati o che siano gli eventi. Il pomeriggio va verso la conclusione col sole ancora alto, nitido ad illuminare il ghigno rabbioso di Basso, che torna a vincere una tappa dopo quattro anni. Il pugno nell'aria che sostituisce le braccia al cielo, a testimoniar un successo voluto come non mai. Avevamo lasciato un sovrano che alla gloria del regno appena conquistato abbinava la gioia ben più immensa della nascita di un figlio, l'erede magari sognato, che sul traguardo dell'Aprica mostrava orgoglioso la foto del suo Santiago. Ritroviamo l'uomo tornare sovrano. Kaiser Ivan sul Kaiser Zoncolan e la storia che ricomincia da capo. L'Aprica l'attende anche quest'anno e tra pochi giorni sapremo cosa succederà. E pazienza se la dignità di Arroyo e Porte, splendidi protagonisti in questo Giro folle, ancor si frappone al riconoscimento del primato. Quest'oggi Basso è tornato, ha vinto, ha staccato tutti facendo il vuoto. E' tornato Kaiser e Kaiser vuol restare. (CICLOWEB)
  24. Lo Zoncolan fa paura solo a pronunciarlo specie se il suo nome è accostato a quello di Ovaro, località da cui inizia il versante più duro della salita carnica: sono "solo" 10 km ma la metà di essi hanno una pendenza media (!) del 15% e questo basta e avanza per fa capire la durezza. A differenza degli anni scorsi, però, prima dello Zoncolan avremo anche altre salite molto impegnative come Sella Chianzutan, Passo Duron (tratti al 18%) e Sella Valcalda: ci sono tutte le premesse per una tappa spettacolare, si entra nella parte decisiva del Giro e non si può più giocare a nascondino. Le tattiche di squadra non conteranno molto nel finale di tappa e ognuno dovrà salire con il suo ritmo cercando di terminare il calvario nel minor tempo possibile. Ci sarebbe anche spazio per una fuga da lontano, magari con Simoni che conosce meglio di chiunque altro quest'arrivo o Garzelli che ieri ha perso un quarto d'ora proprio per avere il via libera per azioni dalla lunga distanza. (cicloweb) TUTTE LE SALITE DI OGGI: http://www.gazzetta.it/Speciali/Giroditali...e/salite_15.pdf
×
×
  • Crea Nuovo...