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MORTO VITO TACCONE, CAMOSCIO D'ABRUZZO9cffca273b36a6509e97b7c936d89cc5.jpg AVEZZANO - Dalle scalate solitarie al Giro d'Italia ai guai con la giustizia passando per le celebri polemiche al 'Processo alla Tappa' di Sergio Zavoli fino alla morte per infarto stamani nella sua casa di Avezzano. E' la storia tribolata con epilogo drammatico dell'ex ciclista italiano Vito Taccone, il 'Camoscio d'Abruzzo', che era rimasto segnato dall' arresto subito il 14 giugno per il reato ipotizzato di associazione per delinquere finalizzata al commercio di capi di abbigliamento ed accessori con marchi di fabbrica contraffatti o provenienti da furti o ricettazione.

Carattere esuberante, scalatore provetto nella fase più felice della sua carriera, Vito Taccone era nato ad Avezzano il 6 maggio 1940 e aveva esordito fra i professionisti nel 1961, raccogliendo importanti risultati agonistici. Per le sue particolari doti di arrampicatore Vito Taccone era stato soprannominato 'Il camoscio d' Abruzzo'. Carattere non facile, in alcune occasioni, era stato accusato di aver causato cadute in arrivi in volata. E' stato il corridore che ha contribuito al successo delle prime edizioni del famoso 'Processo alla tappa' condotto da Sergio Zavoli, in quanto con le sue espressioni dialettali e schiette, suscitò curiosità tra gli addetti ai lavori e tra il pubblico degli appassionati. Numerose le vittorie conseguite nei Giri d'Italia e nelle classiche su strada in diverse regioni italiane. Resta il record delle cinque tappe, di cui quattro consecutive, vinte nel Giro d'Italia del 1963. Nel 1968 si classificò quinto al campionato del mondo disputato ad Imola.

Durante il Tour de France del 1964 venne accusato di aver causato diverse cadute negli arrivi in volata per i suoi scatti scomposti; la tensione con gli altri atleti culminò in una scazzottata con il corridore spagnolo Fernando Manzaneque. Da allora rifiutò di prendere parte alle successive edizioni di quella corsa. Terminata l'attività agonistica aveva intrapreso quella di imprenditore fondando prima una azienda che produce liquori e, successivamente, una fabbrica per abbigliamento sportivo. Negli ultimi anni aveva tentato anche l'avventura politica.

Si era presentato alle elezioni provinciali dell'Aquila e, proprio nel mese di maggio scorso, si era candidato Sindaco, con una sua lista, alle elezioni amministrative di Avezzano. Grazie al suo interessamento ed alle sue conoscenze, il giro ciclistico d'Italia per professionisti, ha fatto tappa in Abruzzo in più occasioni. Taccone aveva avuto diversi disavventure con la giustizia: nel 1982 aveva ottenuto dalla corte d'appello dell'Aquila l'amnistia per i reati di lesioni personali gravi e rissa: in primo grado era stato condannato a tre anni e tre mesi di reclusione di cui un anno e nove condonati.

Nel 1973 Taccone e altre dieci persone si azzuffarono per futili motivi ad Avezzano, intervenne polizia che denunciò gli autori della rissa. Nel 1985 era finito in manette per un raid compiuto in un albergo di Avezzano: dopo pochi giorni aveva ottenuto la libertà provvisoria. Poi 14 giugno scorso era stato arrestato per il reato ipotizzato di associazione per delinquere finalizzata al commercio di capi di abbigliamento ed accessori con marchi di fabbrica contraffatti o provenienti da furti o ricettazione: aveva ottenuto prima gli arresti domiciliari che erano poi stati revocati ed era tornato in libertà. Ma questa vicenda l'aveva segnato e il 2 ottobre scorso si era incatenato davanti al tribunale di Avezzano per ottenere un processo rapido.

GIMONDI, SE NE VA PARTE NOSTRO MONDO

"La notizia della morte di Vito Taccone mi è arrivata presto e mi ha lasciato con il morale a terra". Felice Gimondi si dice 'dispiaciuto e commosso', anche perché con il grande Camoscio abruzzese aveva legato in maniera particolare, taciturno bergamasco, l'altro esuberante abruzzese. "Ho avuto ottimi rapporti con lui, dal mio ritiro da professionista ero in camera con lui, quindi appena sono diventato grande, il primo corridore che ho frequentato è stato Vito. In gara era aggressivo, agonista, è una gran bella parte del nostro mondo che se ne va - racconta abbattuto Gimondi - lascia dei bei ricordi". C'era qualche anno di differenza tra i due, ma in un Matteotti, Taccone è riuscito a battere Gimondi: "Aveva temperamento e uno scatto bruciante - spiega Felice - aveva un grande pregio, ed era quello che se puntava un obiettivo ci andava sempre vicino. Sì, aveva un bel caratterino, ma tutti noi corridori abbiamo nella nostra vita litigato con qualcuno".

DI LUCA, IO SUO EREDE IN ABRUZZO

"Un simbolo, un grande simbolo della mia terra. Mi dispiace ancora di più perché ho preso nel ciclismo la sua eredita". Danilo Di Luca, vincitore del Giro d'Italia 2007, ha appreso la notizia della scomparsa di Vito Taccone con un groppo alla gola. "L'ho visto per l'ultima volta prima del Giro D'Italia e lui mi disse che alla Liegi mi aveva visto davvero bene e che secondo lui avrei potuto vincere il Giro d'Italia - ha spiegato il ragazzo di Spoltore - lui ha creduto in me fin dal primo momento e la sua scomparsa mi riempie davvero di dolore", ha chiuso Di Luca. ).

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