Sigaretta nella sua destra, bottiglia nella sinistra. D'arkness affrontava armato la fredda notte nella sua tanto amata quanto odiata terra.
Il silenzio intorno a lui era scalfito solo da rumore dei suoi passi lenti e struscianti. La nebbia circondava ormai lampioni e vetrine lasciando filtrare una debole luce biancastra che a fatica arrivava sulla strada, resa umida e brillante dal freddo.
Intrizzito dal freddo ma effimeramente scaldato dall'alcol, il suo corpo lo trascinava senza fretta verso quel posto che una volta chiamava casa, nel quale non entrava ormai da anni, dove la polvere si era ormai impossessata di quanto rimasto di quelli che a fatica si erano potuti definire mobili, vecchi e logori come sempre li aveva conosciuti. Un piccolo, scomodo tugurio che rappresentava tutto il fallimento esistenziale dei suoi genitori e dal quale era scappato appena possibile, troppo giovane per capire la portata di quello che stava facendo e troppo vecchio per non immaginarlo.
Era da quel giorno che non tornava, ma ora non aveva altro posto, e vi si era diretto quasi divertito, con il sorriso amaro, ripensando alla parabola che lo aveva allontanato e poi riavvicinato a questo posto.
Matt non era più con lui, ne aveva persa la custodia per una stupida rissa nella quale si era trovato coinvolto. I nonni non vedevano l'ora che facesse un errore e lui l'aveva fatto, servendogli la scusa su un piatto d'argento. L'intransigente tribunale canadese non aveva impiegato molto tempo per levare il figlio a quell'indegno genitore, idolo delle folle ciclistiche, ma irresponsabile completo nella sua vita personale.
Da allora tutto era ripiombato nello stesso buio esistenziale in cui era prima dell'avvento di Matt. Tutto da rifare, sempre che si volesse farlo...