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Avrebbe compiuto 70 anni...


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Giorgio Gaber al secolo Giorgio Gaberscik (Milano, 25 gennaio 1939 – Montemagno di Camaiore, 1º gennaio 2003) è stato un cantautore, attore e commediografo italiano.

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In realtà, qualsiasi definizione va stretta ad un personaggio simile, affettuosamente chiamato "il Signor G" dai suoi estimatori. È stato anche un chitarrista di vaglia, interprete della prima canzone rock in italiano (nell'anno 1958, Ciao ti dirò).

Molto apprezzate sono state anche le sue performance come autore ed attore teatrale; è stato iniziatore assieme a Sandro Luporini del 'genere' denominato teatro canzone.

A Giorgio Gaber è dedicato il rinnovato auditorium sotterraneo del Grattacielo Pirelli, a Milano.

Gli esordi

Nato Giorgio Gaberscik a Milano in una famiglia piccolo-borghese di origini slovene da Gorizia, Gaber iniziò a suonare a causa di un infortunio alla mano che imponeva un'attività costante e non pericolosa ai fini della rieducazione motoria. Considerato che lo stato generale di salute del bimbo non era tra i migliori e che il fratello maggiore Marcello suonava la chitarra, si pensò di avviarlo allo strumento. L'idea diede buoni risultati, sia sotto il profilo medico che sotto quello artistico e a 14 anni Gaber viene scritturato per un veglione di capodanno, riscuotendo il primo cachet di 1.000 lire.

La sua carriera artistica inizia come chitarrista nel gruppo Ghigo e gli arrabbiati, band che si origina all'Hot Club di Milano; l'esordio del gruppo arriva al festival jazz di Milano nel 1954. Dopo due anni di serate, Nel 1958 scrive insieme a Luigi Tenco la canzone "Ciao ti dirò", che verrà portata al successo da Adriano Celentano e che viene sostituito alla chitarra da Ricky Gianco, Gaber inizia un nuovo sodalizio con Enzo Jannacci. , incisa dallo stesso Gaber, gli frutterà la prima apparizione televisiva alla trasmissione Il Musichiere; visto che sia Tenco che Gaber non erano ancora iscritti alla SIAE, richiesero il deposito della canzone Ciao ti dirò (ispirata a "Jailhouse Rock" di Elvis Presley), che risulta firmata da Giorgio Calabrese e Gian Piero Reverberi, anche se composta dai due. I due composero poi altri brani insieme sviluppando parallelamente anche un'intensa amicizia.

Nel 1958 Gaber e Tenco parteciparono, insieme a Adriano Celentano, Enzo Jannacci, Paolo Tomelleri e Gianfranco Reverberi, ad una tournée in Germania dai molti risvolti curiosi (vedi sito esterno).

Con Enzo Jannacci formò un duo, I due corsari, che debuttò alla fine del 1958 con due flexy-disc, Comme facette mammeta (un classico della canzone umoristica napoletana) e Non occupatemi il telefono, allegati alla rivista "Il musichiere" e proseguì l'anno successivo con alcuni 45 giri, incisi per la Dischi Ricordi; tutte queste canzoni sono state raccolte in un album pubblicato dalla Family, sottoetichetta della Ricordi, ed intitolato Giorgio Gaber - Enzo Jannacci (in nessuno dei 45 giri era invece riportato il loro nome), album pubblicato probabilmente nei primi anni sessanta (ma non è possibile stabilire una data certa perché non è stampata né nel vinile né sull'etichetta).

Dopo un sodalizio sentimentale-artistico con la cantante e attrice Maria Monti, nel 1965 Gaber sposa Ombretta Colli, allora studentessa di lingue orientali (cinese e russo) all'Università Statale di Milano. Nel 1966 nasce la loro unica figlia, Dalia.

Partecipò a quattro edizioni di Sanremo: nel 1961 con il brano "Benzina e cerini" (scritto tra gli altri da Enzo Jannacci), nel 1964 presentò Così felice; nel 1966 con uno dei suoi successi più grandi, Mai, mai, mai (Valentina), e infine nel 1967 con ...E allora dai!; inoltre è uno degli artisti-leggenda che conferma il fatto che Sanremo è commerciale. Inoltre si classificò al secondo posto al Festival di Napoli nel 1966 con il brano 'A Pizza.

Il Signor G

Gaber, entrato grazie alla conduzione di alcuni programmi televisivi Rai nelle case di tutta Italia, si impone come giovane cantautore dai testi intelligenti e garbati. L'azienda televisiva puntava su di lui per un pubblico giovane, appassionato di musica d'importazione statunitense. Ma, sul finire degli anni '60, Gaber comincia a maturare uno stile più aggressivo, impegnato politicamente. La sua immagine di cantastorie garbato e mai sopra le corde, non lo soddisfa più. Nel 1969 lancia uno dei suoi successi più noti, "Com'è bella la città", esempio di inserimento di tematiche sociali nella canzone.

Ma il disagio di Gaber è meglio espresso nella canzone che segna il passaggio dal primo al secondo Gaber: "Suona chitarra", dove rivendica il diritto di esprimere le problematiche dell'uomo senza dover per forza divertire e distrarre il pubblico con la sua chitarra. Nel 1970, al Piccolo teatro di Milano, si presenta con la prima felice edizione de "Il Signor G", un recital che avrebbe portato in molte piazze italiane nelle numerose ripetute edizioni.

Questo è il momento di svolta nella sua carriera: Gaber rinuncia all'enorme successo televisivo e porta la "canzone a teatro" (creando il genere del teatro canzone). In teatro, Gaber si sente più libero. I testi (quasi interamente scritti con il suo amico pittore Sandro Luporini) si caratterizzano per l'intelligenza dello sviluppo di molte tematiche sociali e politiche, spesso controcorrente. Gaber si fa più aggressivo e arrabbiato e, in nome di un personalissimo spessore artistico, si scaglia contro le ipocrisie della destra e della sinistra italiana.

Nel 1974 gli viene consegnato il Premio Tenco nella prima edizione della rassegna musicale. Ha ricevuto anche la Targa Tenco nel 2001 per il brano La razza in estinzione e nel 2003 per l'album Io non mi sento italiano.

1970-1974

Il primo periodo del Teatro-canzone vede un Gaber in linea di massima entusiasta dei movimenti e delle istanze di rivoluzione che caratterizzano quegli anni.

Il primissimo approccio al palcoscenico, lo spettacolo Il signor G, sebbene non abbia contenuti esplicitamente politici, già annuncia i temi fondamentali che caratterizzeranno l'intero lavoro del cantattore: il bisogno di individuare una coscienza collettiva che soddisfi in pieno le istanze individuali, la critica ai luoghi comuni e agli aspetti più vergognosi e censurati di quegli anni.

In Dialogo tra un impegnato e un non so, Gaber prosegue il proprio discorso, affrontando in maniera originale ed emozionante argomenti quali la disumanizzazione dell'individuo nel mondo capitalizzato (L'ingranaggio, Il pelo) e la presa di distanza da moralisti e intellettuali. In Far finta di essere sani, infine, nonostante si sottolinei una certa incapacità di far collimare i propri ideali con il vivere quotidiano, è il forte slancio utopistico, che ha il suo culmine nel brano Chiedo scusa se parlo di Maria a dominare la scena. È questo lo spettacolo che conclude il periodo più "ottimista" della discografia teatrale di Gaber. Da qui in avanti, infatti, il cantattore prenderà gradualmente le distanze da un movimento ormai incapace di aggregare gli individui se non cedendo al processo di massificazione.

1974-1982

È questo forse il periodo più critico e di rottura dell'intera produzione gaberiana. Da qui in avanti sarà difficile, per i movimenti di sinistra, quelli cioè che si erano fatti portavoce delle istanze rivoluzionarie di quegli anni, monopolizzare il personaggio Giorgio Gaber.

Anche per oggi non si vola è il primo spettacolo ad insinuare il dubbio che il bisogno di cambiamento avvertito in quegli anni si stia dissolvendo in una sorta di moda o di atteggiamento di comodo. Pezzi come Il coniglio, Angeleri Giuseppe, L'Analisi, La realtà è un uccello, smascherano con pungente ironia l'incapacità di proporre nel quotidiano dei veri e propri cambiamenti.

Libertà obbligatoria mette invece in maggiore rilievo il progressivo spegnersi ed allontanarsi del movimento nato dal 1968, attraverso canzoni indimenticabili come I reduci, Il delirio, Le elezioni e simpatici siparietti come Si può.

Polli d'allevamento è il recital della vera e propria svolta: in un vortice di critiche crescenti che hanno il loro culmine in La festa e Quando è moda è moda, le mezze misure vengono abbandonate per lasciare posto all'assoluto distacco da tutto ciò che è stato, come se si sentisse il bisogno di isolarsi da una società in caduta libera per recuperare frammenti di individualità, di vera rivoluzione. Tale spettacolo scatenerà una grande ondata di sdegno da parte di quelle aree del mondo politico che avevano sempre tentato di tenere sotto controllo l'uragano mediatico scatenato dal Teatro-canzone.

Anni affollati, forse il capolavoro di Giorgio Gaber, è un recital più conciso e colto, ma non per questo meno tagliente. Già dal pezzo di apertura, Anni affollati, appunto, si riesce a percepire il distacco che ormai si è creato fra il fervore degli anni Settanta e l'attuale condizione sociale. Quasi tutti i monologhi prendono spunto da particolari estremamente divertenti ed irriverenti (La masturbazione, L'anarchico) per giungere a conclusioni terribili e disperate (Il porcellino). Ed infine, quando l'insostenibile peso dell'ipocrisia pare aver fatto traboccare il vaso, tutto l'astio verso le idiozie e le bassezze del mondo viene riversato nella spietata ed apocalittica invettiva di Io se fossi Dio, canzone in cui tutto viene rimesso in discussione, e nella quale Gaber trova addirittura il coraggio di attaccare ancora una volta Aldo Moro, leader democristiano assassinato dalle Brigate Rosse nel 1978.

Con Io se fossi Dio, Gaber si consacra definitivamente come libero pensatore, in lotta con qualsiasi parte politica. La canzone è uno sfogo che incarna alla perfezione i disagi di molti italiani, disillusi ma arrabbiati, ed esplica la sfiducia nei confronti dell'uomo che Gaber, sui modelli letterari di Louis-Ferdinand Céline e Giacomo Leopardi, applica al teatro canzone. Questo gusto per le invettive intelligenti e dissacranti non lo abbandonerà più, consegnando al pubblico canzoni come "Io non mi sento italiano" o "Il potere dei più buoni".

Gli ultimi anni

Durante il suo fertile periodo di attività teatrale, rare sono state le volte in cui il signor G si è presentato sul piccolo schermo. Ricomparirà in televisione solo negli Anni ottanta e negli anni novanta, con un paio di partecipazioni a spettacoli di intrattenimento di massa (in una occasione eseguirà Pressione bassa e in un'altra Il dilemma, pezzi certamente non di facile ascolto, senza minimamente lasciarsi prendere dal gioco dell'autocitazione con annesso medley rievocativo), probabilmente come gesto di affetto e rispetto per il suo pubblico che non sempre era in condizione di seguirlo nelle sue performance teatrali. Infine, già segnato dalla malattia, comparirà nel 2001 in un programma di e con il vecchio amico Adriano Celentano, insieme ad Antonio Albanese, Dario Fo, Enzo Jannacci e lo stesso Celentano in una surreale partita a carte.

Da tempo malato di cancro, si spense nel giorno di Capodanno del 2003 nella sua casa di campagna a Montemagno, località in provincia di Lucca. Il corpo riposa nel Famedio del Cimitero Monumentale di Milano, come voluto dalla moglie Ombretta Colli.

Acuto osservatore del costume, autore mai banale e sempre originale, con una visione particolarmente orientata verso temi sociali, Gaber è stato capace di combinare l'ironia con la melodia: ha sempre subito reiterati (ma vani) tentativi di etichettatura politica, ma lo sguardo di Gaber sulla società, sul costume e sulla politica, ha sempre mostrato un profondo spirito critico, capace di colpire amaramente ogni ideologia.

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