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De Luca: Una storia Simul-Vera


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Io non so quanti frequentatori di lunga data ci siano oggi in questo forum. Un paio di edizioni fa iniziai una story dal medesimo titolo, story che non è mai iniziata (e non andate a rivederla ora! :tongue: . Era basata sul database di Una Vita In Sella e aveva come protagonista proprio il mio alter-ego.

Aveva un plot narrativo molto sviluppato.

Mi piacerebbe riprenderla quella storia, e con il riprenderla intendo dunque ricopiare paro paro l'inizio di quella story, che ovviamente continuerà da dove l'avevo abbandonata, è per questo motivo che mi chiedo se il pubblico che la leggeva allora è tutt'ora presente e se accetterebbe favorevolmente questo colpo di mano. Comunque anche se così non fosse intendo riproporla comunque.

Proprio perchè si tratta di una story iniziata due anni fa, mi è ora impossibile procedere con la stessa realtà che è andata avanti in Una Vita In Sella, perchè non coinciderebbero gli eventi; per avere un esempio, nella mia story ad un certo punto il mio alter-ego esprimerà il sogno di vincere un Giro d'Italia, ma in realtà un Giro d'Italia in Uvis lo ha già vinto. Diciamo che per chi segue Uvis la storia è aggiornata sino alla stagione 2010 di Uvis, la Stagione 6. Poi dovete immaginare un 2011 che..no, non vi anticipo nulla, lo scoprirete leggendo la story che ha preso così una deviazione diversa da quella che avevo pensato due anni fa.

Almeno per il primo mese sarà molto narrativa, di immagini ne vedrete ben poche e di certo non saranno screen del gioco, dunque abbiate pazienza.

Bando alle ciance, vi rinfresco la memoria con l'inizio:

______________

Hollywood, 30 Settembre 2010, h. 17.30

Premiazione del mondiale a cronometro.

1° Cancellara

2° Balenghi

3° De Luca

PodioMondiale2.jpg

http://upload.wikime...Swiss_Psalm.ogg

(Se volete ascoltare l'inno mentre leggete, è più suggestivo)

"....Gott, den Herrn, im hehren Vaterland!"

Pancani: " E sulle note dell'inno svizzero vi sono applausi e commozione per Fabian Cancellara, che con il suo quarto mondiale è sempre più nella storia! Ma è una giornata storica anche per l'Italia, De Luca torna sul podio ed è primo ciclista italiano a vincere due medaglie nei mondiali a cronometro"

Cassani: "Si Francesco, Danilo voleva fortemente questa medaglia. Oggi ha fatto gli ultimi chilometri a tutta, era veramente stremato. Pensate il caldo stremante, oggi c'erano 35°, l'umidità altissima, l'impossibilità per questi ciclisti di rifornirsi per non perdere secondi preziosi. Gli ultimi chilometri si vedeva che non ne aveva più, spingeva sui pedali con tutta la grinta, non riusciva più a tenere una posizione aerodinamica, ciondolava con le spal.."

Pancani: "Scusa Davide ti devo interrompere perchè abbiamo Danilo ai microfoni del nostro Giampaolo Evangelista!"

Jussi:"Cancellara forse era irraggiungibile ma questo argento a tre secondi lascia l'amaro in bocca?" (Ma Giampa non poteva farmi una domanda migliore? biggrin.gif )

Io: "L'amaro in bocca per la medaglia d'oro mancata ovviamente c'è, ma oggi sicuramente prevale la gioia e la soddisfazione! Ho vissuto l'ennesima stagione travagliata, il solito infortunio primaverile non mi ha permesso di comportarmi come volevo nelle classiche del nord, al Tour piuttosto che giocare a nascondino per guadagnare una posizione (come qualcun altro n.d.r.) ho corso ogni volta che potevo all'attacco ottenendo una maglia importante come quella a pois; non ho disputato la Vuelta e ciò ha creato disappunto tra gli organizzatori che non hanno visto al via il vincitore uscente ma sappiano che è stata una scelta che non è dipesa da me. Ho poi conquistato un titolo che inseguivo da tanti anni come quello di campione Italiano, sono campione italiano a cronometro in carica, sulla maglietta porto ancora i colori dell'iride conquistato due anni fa, ma alla vigilia pareva che tutti se ne fossero dimenticati. Questa medaglia la dedico a tutti gli scettici, che s'erano un po' dimenticati di me in questo finale di stagione, e a questi dico di scommettere su di me nella prossima stagione perchè sarò ancora più combattivo e presente nelle grandi corse".

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CAPITOLO I: Ritorno a casa

Di quel mondiale mi rimasero impresse tre cose.

La prima: L'adrenalina che sentivo rincararsi nelle vene ogni volta che tiravo il respiro, rilanciavo l'andatura, sin da poter percepire i miei battiti cardiaci nelle tempie;

La seconda: Uno yankee a petto nudo che al ventesimo chilometro m'annaffiò di birra;

La Terza: Il viaggio di ritorno. Lungo, lunghissimo, infinito. Ancor più lungo dell'andata perchè all'andata avevamo fatto uno scalo da qualche parte sulla costa est, e dunque il viaggio era risultato più spezzettato, rispetto al ritorno, che fu un diretto a Malpensa. E poi all'andata c'era la tensione e l'emozione che si mischiavano dando una convulsa sensazione di piacere, e la mente era continuamente rivolta alla gara e ripercorreva ogni curva e salita di quel tracciato come in un videogame, inoltre Bettini alla sua prima volta parlava e straparlava di tattiche, aveva poi avuto modo di farci ridere parlando di Bartoli, inorgoglirsi poi parlando del Ballero, di metterci un po' di caga parlando degli avversari. Mi dicevano che tutto quel tempo durante il viaggio di ritorno potevo usarlo per rendermi conto della medaglia che avevo vinto: potevo tornare a casa accolto come un eroe. Invece la stanchezza prese il sopravvento e tornai a casa come un fantasma. Infatti ero talmente stanco che non riuscii a dormire, e quel viaggio fu agonia.

A Malpensa ricordo ci fu un quadretto quantomeno pacchiano ad attendermi: mia madre che probabilmente era appena uscita da lavoro ed era ancora in divisa, mio padre che indossava la medaglia d'oro di Varese, la mia zia ottantanovenne con in testa il beretto della nazionale, e Marco, mio amico da sempre e fondatore del mio fans club, con un cartello gigante a cui aveva incollato la mia foto gigante sul gradino più basso del podio. Madò che faccia da ebete che avevo.

Io però ero davvero stanco, e non riuscii a captare più di qualche "Bravo" "Complimenti" "Amore della mamma!" Marco peraltro era in vesti d'ambasciatore per dirmi che la sera ci sarebbe stata una festa in mio onore in un locale del centro. Affaticato, gli risposi con una smorfia, lui altrettanto, facendomi intendere con la sua che non potevo mancare alla "mia" festa, e avrebbe comunque retto lui quella serata con qualche discorso a mio favore. In realtà di quella serata ricordo soltanto una torta un po' troppo "pannosa" per i miei gusti che lasciai volentieri agli invitati, qualche altro "Bravo" "complimenti", un mal di testa angosciante e due occhiaie grosse come borse di Gucci che furono il mio lasciapassare per tornare a casa dopo appena qualche decina di minuti. Saluti a tutti e grazie.

Mia mamma ogni tanto mi ricorda ancora che quella sera ero più bianco del bianco del Mulino Bianco. Infatti covavo l'influenza. M'ammalai, e restai a letto per quasi due settimane filate. E siccome mia madre lavorava, rimase a casa a farmi compagnia la mia prozia ottantanovenne, che, poveretta, è sorda, e quando suonava il telefono metà delle volte non lo sentiva, l'altra metà capiva roma per toma. Tutti i miei impegni post mondiali furono così annullati: circuiti di beneficienza, interviste con i giornalisti, la videochat Gazzetta, l'incontro con il Coni.

E non dico che mi dispiacesse. Quando tornai a casa da Campione del Mondo feci tutto molto volentieri, ero esaltatissimo! Invece allora ero debilitato e con poca voglia di veder gente.

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CAPITOLO II: "Goodbye 'Step"

Il mio programma prevedeva che dopo il Mondiale facessi un calendario di corse in avvicinamento al Giro di Lombardia, l'ultima gara della stagione. Il giorno del Giro di Lombardia fu invece il mio primo giorno fuori dal letto e ci andai da spettatore.

Il mio chiaro intento era quello d'appostarmi nella hospitality d'arrivo, sedermi tra qualche volto noto ed ex ciclista, guadagnarmi qualche pacca sulla spalla, qualche altro "complimenti", e mangiarmi qualche tartina. Invece Patrick, (Lefevere, mio ds) mi intercettò praticamente appena arrivato, e con azione degna di un placcaggio, mi fece salire subito in ammiraglia. "Oggi la corsa la segui con me!" mi disse entusiasta mentre s'allacciava la cintura. Aahhh che divertimento.

"Sei stato molto, molto, molto, molto bravo al mondiale, i miei complimenti" esordì con accento francese "Io ho allenato tanti ciclisti in vita mia, ma com....jeas du! Avant avant! Mais de manièr sens je d..." Li incominciai a non capirci più. Si perchè nel frattempo la corsa era iniziata, Patrick come invasato cominciò a comunicare via radio a Sylvain in francese e con quelle parole si troncò il nostro colloquio. Rimasi pressoché muto ad osservar fuori dal finestrino gli altri ciclisti per tutte le 6 ore della corsa. E poichè c'era Sylvain che sembrava in gran forma, ed era sempre in testa, Patrick gridava come un invasato. Più s'agitava lui, più mi sentivo un pesce fuor d'acqua io. Con tutto il rispetto per Chavanel, che era mio compagno di squadra, io tifavo più per Bitta, o Heldram. E ad essere sincero non mi sentivo un pesci fuor d'acqua da quel giorno, ma da molto prima.

Non ero soddisfatto di com'era andata quella stagione, volevo correre il Giro, me l'hanno fatto saltare per prepararmi al Tour. Ok, il Tour è importante, va bene, l'ho corso, ho vinto, sono arrivato 7°, volevo fare la Vuelta, almeno per onorare la vittoria dell'anno prima, invece Patrick era stato intransigente.."Tu vai in Germania" tuonò. E il giorno dopo sui giornali spagnoli c'era scritto che io ero irriconoscente verso corsa spagnola..io! Io volevo andarci! Ecco, lì si deve esser rotto qualcosa tra me e la squadra. Non c'è mai stato un grande feeling, ma quella fu proprio la famosa goccia che..."Triomphe! Victorie!" "Che"? mi destai dal mio stato di dormiveglia.."Sylvain ha vinto!" Sylvain aveva vinto il Giro di Lombardia. Patrick scese come un pazzo furioso dall'auto e corse ad abbracciare Chavanel ancor prima che staccasse i piedi dai pedali. Mai visto così adrenalinico con me, eppure io a Parigi ero là, sul gradino più alto del podio!... a pois ma pur sempre sul gradino più alto! In quel microistante presi la decisione che mi cambio la carriera: volevo andarmene. Ma nò, non pensate che ora volessi andarmene per gelosia, no, sarebbe assurdo. C'è che io non c'entravo proprio niente con quell'ambiente, nulla.

Patrick dopo aver fatto le feste a Chavanel tornava da me con l'aria di uno che voleva invitarmi al ballo. No grazie. "Patrick, io me ne vado". La più brutta del corso aveva appena rifiutato l'invito a ballare di Mister College. "Ma come, già vai? Non festeggi con noi? Sei ancora un po' debilitato?" "No signor Lefebrè, non ho detto che vado, ho detto Me Ne Vado. Rescindo, non mi va più di stare nella sua squadra, grazie dei due anni assieme, grazie per il supporto, grazie per tutto ma non ho più voglia!" Non era certo né il luogo né il momento più adatto per far quel tipo di discorsi, e il mio non era neppure degno di un film, forse avrei dovuto usare parole migliori, forse davanti ad una scrivania con incolonnate sopra un po' di carte che riassumessero risultati e clausole contrattuali sarebbe stato il luogo più opportuno. Una volta avevo un agente, e questi mi sconsigliava sempre queste azioni di istinto perchè potevo rimetterci. In effetti non ricevetti nessuna liquidazione.

Patrick non tardò a sbolognarmi per andar in cerca d'altre principesse, io invece tornai a casa, molto più leggero, ma con un'indicibile tristezza nel cuore.

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Vai ti segui anche io!

Usi le tue tappe con le indicazioni stradali??

Guarda..in quel modo ho fatto sin'ora il Lombardia che è stata una mazzata x fatica e termini di tempo. La mia idea era iniziare una story solo dopo aver finito il Giro. Ma poi ho fatto un resoconto del mio tempo libero e realizzato che con quella premessa avrei riniziato nel duemilaemai. Cercherò di portarmi avanti in entrambe le cose, lentamente, e userò le mie varianti dalla stagione successiva..!

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CAPITOLO 3: "E se provassi a lavorare?"

Tornato a casa il telefono squillò almeno sei o sette volte nel giro di un ora. Il primo a chiamarmi fu Marco, che venne a sapere della notizia da Mauro (Facci n.d.r.) e voleva sapere il perchè, disse che c'era sgomento nel fansclub. "E' un momento particolare...non so se ho ancora voglia...dai ti richiamo" sbiascicai lentamente. Non sapevo dargli delle spiegazioni perchè in fondo non le sapevo dare anche a me.

La seconda fu mia madre "cretino!" la prima parola che mi disse appena alzato al telefono. Evidentemente aveva saputo da Marco della mia rescissione del contratto. Il terzo fu incredibilmente un manager di un'altra squadra, italiana, di cui per rispetto non faccio il nome ma a cui risposi negativamente. Anche la terza, e la quarta, e la quinta furono di questo tipo. Ero svincolato da meno di un ora ed ero stato già cercato da tre team, incredibile.

Il sesto fu un giornalista, che voleva sapere, domandarmi ed investigare sulla mia "clamorosa" decisione. "No guardi ora non.." " De Luca ma ha avuto conflitti con il suo ds..?" "No, no, non dipende da lui ma ora non..""Ma è vera la notizia che è stato trovato positivo ad un controllo interno""Come scusi?""Dunque sta confermando che lei ha fatto us..tu tu tu tu".Non gli lasciai nemmeno terminare la frase, adirante! Doping, doping, sempre doping..! Sto male, mi ritiro da una corsa.."fugge ai controlli". Dò il meglio di me stesso, vinco "é dopato". E cazzo!

Suonò il citofono, essendo ormai ora di cena, era torna mia madre dal lavoro: "Apri cretino!". Credevo in un cazziatone megasuper come quelli a cui ero abituato quando tornavo a casa con un 4 in una versione, o un 3 in matematica dal liceo, invece mia madre non mi disse più nulla, e anche mio padre che comunque sapeva del fatto, non andò mai sull'argomento. Per i miei genitori posso spezzare una lancia: mi hanno sempre supportato al massimo, ma non capendo nulla di ciclismo non hanno mai interferito con le mie decisioni.

Passai altri sei giorni rintanato dentro casa, facendo la spola tra divano, letto, tivù, pc. Su qualche sito già la sera dopo v'era qualche trafiletto riguardo il mio abbandono, qualcuno azzardava addirittura che questo fosse il mio ritiro dal ciclismo e sul sito della Gazza v'era un articoletto di Pastonesi che paragonava il mio caso con quello di Figueras. Ritirarmi io? Mahh.....! La prima cosa che volevo fare era prendere la mia Pinarello, uscire e sfogarmi, perchè m'ero tenuto tutto dentro e non capivo neanche io quel che avevo, avevo bisogno di respirare. Però i primi giorni non avevo il coraggio d'uscire di casa, avevo paura: paura che ci fosse qualcuno fuori casa, un giornalista dietro l'angolo, qualche tifoso accanito dietro l'angolo dopo ancora. E poi, i giorni successivi, semplicemente, non avevo più voglia. Ritirarmi? Si, c'ho pensato.

"Se vuoi, ti cerco un posto di lavoro, qualcosa di temporaneo; s'avvicina Natale, da me cercano promoter, qualcuno che faccia promozioni, che venda prodotti, mi informo?"

____

Comunque, per chi aveva già letto queste pagine nel thread del 2010, avviserò l'esatto punto in cui riprendere la storia :laugh:

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promoter...? ma tutti i soldi presi da Patrick Lefevere, dove li hai spesi?

CAPITOLO 4: "E' per caso interessata a..."

Come detto, i miei non interferivano nelle mie decisioni ciclistiche, ma visto che al momento, ciclista non lo ero più, mia madre stanca di vedermi a far da soprammobile dentro casa, mi fece una proposta di lavoro. Non è che avessi bisogno di soldi, anzi, di soldi da parte ne avevo parecchi perchè nonostante tutto prendevo un sacco di soldi dalla Quickstep, ed è per questo che mia madre appena saputa la notizia si incazzò! Ricordo ancora lo scandalo e il malumore nell'ambiente quando si seppe del mio contratto con la Quickstep, fu tutto merito di quel Campionato del Mondo! Fu una giornata magica, un fulmine a ciel sereno o, meglio, un raggio di luce in un cielo nuvoloso. Fino a quel giorno avevo vinto poco, qualche piazzamento qua e là nelle classiche e nei piccoli giri, già la convocazione sembrava un miracolo. Ed invece il miracolo fu doppio. Vinsi, una settimana dopo la Quick chiamò il mio procuratore, il risultato fu un contratto triplicato rispetto al precedente e lasciai così a malincuore, ma non troppo, la prima squadra che mi lanciò nel professionismo: l'Acqua & Sapone.

Non avevo bisogno di soldi, ma avevo voglia di sentirmi utile, così incominciai a reclicarmi nella vita di tutti i giorni. In fondo non era un mestiere difficile, solitamente lavoravo nei weekend e nei giorni di maggior flusso di gente nei supermercati e nei centro commerciali: v'era il responsabile di reparto che mi piazzava in centro corsia o in qualche angolo, lì marcavo il mio territorio e recitavo la mia cantilena a chiunque mi passasse davanti: "Buoongioorno signoraa!!!, è per caso interessata a..". E vendevo, o almeno, cercavo di vendere, un po' di tutto: un giorno mozzarelle, un giorno succhi di frutta, l'altro olive, o detersivi, o qualsiasi cosa che mi si chiedesse di promuovere.

C'è da dire una cosa del Ciclista: che seppur famoso, anche il ciclista più famoso non sarà mai famoso quanto il meno famoso dei calciatori. Nelle prime settimane di lavoro mai nessuno pareva avermi riconosciuto, forse per le insolite vesti, comunque nessuno mai mi chiese un autografo, una foto assieme, finché un giorno, chiamato a lavorare in un centro commerciale a Vimodrone, un signore sulla cinquantina, brizzolato mi si avvicinò. Lui non voleva una splendida mozzarella di bufala Campana 25€ al Kilo con in omaggio una meravigliosa pirofila: "Lei è De Luca, il ciclista!". Emozionatissimo, con un filo di voce, quasi vergognandomi di quello che in quel momento facevo risposi.."Si!" la più scontata delle sue domande fu chiedermi che ci facevo in quel posto ma..."Guarda mamma!" un ragazzotto che stava facendo la spesa con la madre indico nella mia direzione, sta a vedere che è il mio giorno fortunato, e oggi mi riconoscono tutti.."Mamma, mamma, quello è Beccalossi, quello che giocava nell'Inter!" Avete in mente Beccalossi, quello che fa le ospitate su Telelombardia, che ogni tanto passa in pubblicità dicendo scusate-se-insisto-mi-chiama-evaristo? Quel Beccalossi, era il signore brizzolato sulla cinquantina che m'aveva riconosciuto. Il Beccalossi si fermò a fare una foto con il ragazzo ed io ritornai a vendere mozzarelle.

Non so se mi piacesse o no quella nuova occupazione, però mi riempiva le giornate, raramente avevo momenti di pausa, uscivo la mattina presto come un normale operaio, tornavo la sera per cena, stanco, come un qualsiasi operaio. E la domenica, anzichè fare un'uscita in bicicletta come un qualsiasi cicloamatore, restavo a casa o facevo un giro a piedi nel parco, ero diventato un cultore della vita pigra. Il ciclismo, le vittorie, tutto mi sembrava lontano, io non avevo più cercato nessuno, e per di più, dopo le quattro o cinque telefonate di quel lontano 15 ottobre, nessuno dell'ambiemente m'aveva più chiamato.

Arrivò il 28 novembre (data che difficilmente scorderò), ero stato chiamato in un Supermercato vicino Milano per fare una promozione piuttosto strana, di panettoni e avvicinandosi le feste, dovevo vestirmi da Babbo Natale. Ciò mi stimolava, era un diversivo alle solite giornate. La giornata iniziò come il solito comunque: avevo il mio spazietto con la montagna di panettoni a fianco, ed il mio compito era venderli tutti. Prima cercai di convincere qualche vecchietta, poi qualche madre di famiglia, poi arrivarono i bimbi piccoli ai quali dissi di fare i bravi e comprarsi un Paluani altrimenti a Natale niente regali, poi arrivò..."Bruno!"

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CAPITOLO 5: Bruno!

"Bruno!". Bruno si avvicinò con fare sospettoso..."Lei, mi conosce?" Abbassai la barba finta, "Bruno, sono Danilo!" Con quel gesto mi riconobbe subito, ed ebbe una reazione di stupore mista a leggero imbarazzo e incomprensione. "Ma che ci fai qui? Così? Non dovresti essere ad allenarti?!" "Bruno ascolta, fra 5 minuti inizia la mia pausa pranzo, possiamo trovarci fuori al..mh..c'è un ristò, vicino all'entrata, quello con i tavolini verdi, ci possiamo trovare lì!"

Bruno era Bruno Cenghialta, il mio vecchio direttore sportivo all'Acqua & Sapone. Definirlo solo direttore sportivo è però troppo poco. Bruno era il mio maestro, la mia figura di riferimento, il mio confidente, era il mio scopritore! Devo a lui la mia entrata nel professionismo!

Cenghialta pare fosse venuto ad osservare per l'Acqua & Sapone in una piccola gara dalle mie parti, a Correzzana, un ucraino. Uno forte, uno che andava come in treno e quella stagione stava vincendo tutte le gare a cui partecipava ma che nessuno aveva visto negli anni prima, così si mormoravano le più svariate ipotesi: c'è chi ovviamente l'accusava di doping, chi addirittura sospettava che avesse già avuto esperienze nel professionismo e avesse cambiato nome. Io invece, ero alla quarta gara della mia vita, e le tre precedenti furono una vera odissea! Correvo per la squadra del mio paese, quindi correvo gare quasi esclusivamente in Brianza o nei dintorni. Alla prima scattai dopo una decina di chilometri dalla partenza, non feci la differenza, mi ripresero a metà corsa e non riuscii nemmeno a concludere la corsa. Alla seconda rimasi in gruppo fino a 20 km dal traguardo, mi preoccupai più di passar borracce ai miei compagni che della mia prestazione, poi mi staccai e mi ritirai stanco. La terza fu storica, si correva dalle parti di Sondrio, percorso duretto con due GPM e arrivo in cima ad un breve strappo. Anche quella volta scattai praticamente subito dopo la partenza, e quella volta non fui solo, m'accompagnò un ragazzo di Como, un bravissimo ragazzo che tirò per tutta la cosa, generosissimo. Arrivammo fino al rettilineo d'arrivo, ai lati della strada era pieno di gente, emozione unica, sentivamo già l'autoparlante dell'arrivo, il commentatore che citava le nostre pettorine, il nostro nome, il mio nome...il gruppo ci raggiunse, arrivai decimo.

In quella corsa a Correzzana l'ucraino non si presentò: poco prima della partenza avevo intravisto il suo direttore sportivo parlare con gli organizzatori, probabilmente s'era ammalato, erano giorni umidi quelli. Io, come in un copione già scritto, scattai dopo pochi chilometri. Amavo la fuga perchè amavo la solitudine, ma andavo in fuga soprattutto perché avevo una paura marcia quando pedalavo manubrio contro manubrio, ruota contro ruota, in gruppo. Quel giorno nessuno mi segui, e la tappa era duretta. Correzzana, Brugora, Montesiro, Casaglia... paese dopo paese non vedevo arrivare nessuno alle mie spalle, il mio direttore sportivo non m'aveva nemmeno seguito perché non credeva così tanto nel successo della mia azione, quella di un uomo solo. Era un circuito di 6 giri, tagliai il traguardo solo, per 5 volte. Mi sentivo bene, la mia pedalata era sciolta, ero concentrato, non faceva caldo, la gente non era molta, alcuni pezzi del percorso li conoscevo bene perchè li avevo fatti in allenamento decine di volte.

Tagliai il traguardo solo per 5 volte.

Mancavano 5 km all'arrivo e mi raggiunse il mio direttore sportivo. "Danilo, vai! Vai, Danilo, spingi! Hai ancora 2 minuti di vantaggio, ce la puoi fare!". Salita di Canonica, 2 km all'arrivo, al bivio del Fossati giro a sinistra, come copione, primi 50 metri al 10%, li conoscevo a memoria, alla fine di quella salita, primo incrocio a destra, via Bonarroti, abitava la mia ragazzina d'infanzia. Fine della salita. Meno 1,5. "Vai Danilo, vai, un minuto, un minuto, spingi!" Incrocio con via Bonarroti, improvvisamente spunta un auto, una Golf scura. Niente transenne, nessun vigile, la Golf si accorge un po' tardi e frena oltre il segnale di Stop. Un gesto istintivo e mi butto tutto a sinistra, e cado nel campo a fianco. Salvo. Salvo ma sconfitto. Al volante della Golf, c'era proprio lei. Si si, Lei. Ovviamente non l'aveva fatto apposta, anzi, credo avesse appena fatto la patente perchè sul vetro posteriore aveva fissato la P... P di pirla! Ero certo d'aver perso l'occasione della vita.

Invece avevo guadagnato l'occasione della vita. Ero davvero incavolatissimo, il mio d.s. mi fece salire in auto, mi rincuorò, mi portò al traguardo e lì, appena vidi i miei genitori, che mi aspettavo, scoppiai in un pianto isterico.

Intanto il mio d.s. era stato avvicinato da un uomo con occhiali scuri. Li guardavo tra le braccia di mamma e papà, da lontano: incominciarono a parlare. ogni tanto si facevano dei cenni, ogni tanto quell'uomo, parlando con il mio d.s. mi dava un'occhiata. "Danilo, quell'uomo è un direttore sportivo di una squadra professionista, e oggi t'ha seguito in tutta la corsa, ha detto che gli sei piaciuto, che hai buoni numeri, insomma, l'hai impressionato! Gli piacerebbe sapere se tu sei interessato ad ascoltare una sua proposta che ti vuol fare. Anzi, vieni..vieni..! Così ci parli anche tu, anche i tuoi, se vogliono sentire..."

L'uomo in occhiali scuri era Cenghialta, fu il giorno in cui diventai un corridore professionista.

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CAPITOLO 6: Bruno! /2

Bruno era lì dove avevamo accordato di incontrarci, e nell'attesa stava sfogliando una rivista. "Bruno?" "Oh, ciao Danilo!" Poggiando la rivista "Ma mi spieghi cosa ci fai qui?"

A Bruno dissi la verità, nient'altro che la verità: non avevo più stimoli.

Lui s'accigliò alla notizia, anzi, ci rimase veramente male. "Danilo perchè? Ma sei uscito tutto matto? Puoi vincere ancora molto Danilo! Diamine Danilo, tu sei il ciclista che avrei voluto essere, hai un talento cristallino, sei il mio successo tu, non deludermi così..." "Bruno mi spiace, ma io..." "Non hai ricevuto offerte d'altre squadre, la Lampre? La Lampre ha dato via Zucchi, serrve giusto uno come te, in grado di fare classifica nelle grandi corse. Conosco qualcuno in Lampre, se vuoi chiamo e ci metto una buona parola... come se fosse poi necessario una mia raccomandazione poi per trovarti squadra...!" e già stava allungando la mano nella giacca per prendere il telefono. "La Lampre m'ha già contattato Bruno.." lo bloccai.." E non mi interessa, credimi, ora sto meglio così." Mi squadrò da testa e piedi, forse, con un vestito rosso e piumino bianco non mi prendeva tanto sul serio. "Ma che testa di..""E tu Bruno sei ancora all'Acqua & Sapone"? Come un calciatore lancia palla in orizzontale per cambiar fascia, così cambiai discorso. Bruno non era più direttore sportivo dell'Acqua & Sapone, non era più direttore sportivo di nessuna squadra. Il suo contratto era scaduto alla fine della scorsa stagione, e non trovò altra squadra. Così anche lui dovette reciclarsi nella vita di tutti giorni: faceva il rappresentante per conto di un negozio di un biciclette di un suo amico, a Milano. Lui però non era per niente soddisfatto della sua nuova vita. Tutt'altro, si sentiva un mezzo fallito, ed era abbastanza sconsolato. Sognava di togliersi da direttore sportivo quelle soddisfazioni che non aveva avuto da ciclista, di poter salire sul podio con uno dei suoi ragazzi, sul gradino più alto del podio del Giro d'Italia, e che nella sua carriera soltanto una volta aveva sfiorato la possibilità di poter vivere questa emozione. "Danilo, con te, con te! Chi altri, Stefano (Garzelli n.d.r.) ? Stefano aveva tanta grinta, tanto cuore, ma non aveva l'età per farlo, o Francesco (Masciarelli)? Quello non è un ciclista completo, e non ha il tuo motore, Danilo. Ah Danilo che spreco.." e tornava sconsolato ad imprecare sulla brutta notizia che gli avevo dato, quasi fosse colpa sua il mio ritiro. E mi commuoveva, Bruno mi voleva bene come un padre, lui mi sapeva sempre dare le giuste motivazioni, non mi lasciava solo mai.

"Danilo ti ricordi al Melinda, il primo anno? Eh che gara..Garzelli si ritira, Vandenbroucke, quel povero ragazzo, Vande è un po' stanco, mi si avvicina in ammiraglia e mi dice che stava facendo fatica, io allora gli consegno una borraccia, gli dico di darla a te, quello era il tuo giorno" Quella giornata fu fantastica, arrivai con il primo gruppo, 5° "E a Varese, chi c'era dietro a te, ad incitarti, a seguirti? ""Già tu Bruno!" Ero legato talmente tanto a lui che per la cronometro del mondiale chiesi se poteva esserci lui sull'ammiraglia che mi seguiva. "Io speravo che lasciando la nostra squadra, alla Quickstep, potessi intraprendere una luminosa carriera..ma ormai...sei un ciclista Danilo, chi si ricorderà di te fra un anno? Forse già ora..! Sono seduto con un campione del mondo!" alzò la voce ironicamente "Shh..che mi conoscono!" "Come Babbo Natale forse!"

Bruno m'aveva punto nell'orgoglio, mi stava convincendo, stavo cambiando idea.

"Va bene Bruno, allora torno, torno a correre". Così dissi secco, deciso. Una frase tutta d'un fiato, sarebbe bastato un secondo di ragionamento e probabilmente non l'avrei detta. Come quando decisi di ritirarmi, lo feci senza pensarci due volte, così ora. Ogni tanto i miei, e gli amici più cari, mi rimproverano d'esser un'indeciso nella vita, di non saper mai quello che voglio, di non esser in grado di programmarmi per questo neanche una giornata del mio futuro. Il problema non è che io sia una persona indecisa, forse in qualche frangente lo sono, ma in verità, sono una persona istintiva, molto, e applico esattamente all'opposto quella regola elementare insegnatami da piccolo: pensa due volte prima di parlare. Io parlo due volte e dopo penso.

"Lo sapevo, lo sapevo che avresti cambiato idea!" In un istante un sorriso intergalattico gli si incollò in volto. "Ora chiamo in Lampre e chiedo..." Stava nuovamente per mettere mano al telefono "No Bruno! No! Ma quale Lampre! Io torno a correre, ma lo faccio con te!" "Con me? E come? Dimentichi che io non ho più una squadra, come te. E non mi vogliono da nessuna parte, nemmeno in Lampre, non come te" "La facciamo noi la squadra!" "Ahah la fai facile tu!" incominciò a credere che la mia fosse una boutade "Ci vuole uno sponsor, tanti sponsor, tanti soldi, ciclisti, permessi, chi investe più nel ciclismo oggi?" "Bruno, lo trovo io lo sponsor, lo trovo io, te l'assicuro. E abbastanza per coprire il tuo stipendio e quello di altri ragazzi, e acquistare tutto quello che serve, io correrò gratis. E sui permessi, sulle questioni burocratiche, Bruno tu sei un eccellente ds, sai benissimo come muoverti e cosa fare" "Se trovassi uno sponsor..."Bruno tentennava..."Con un budget ed uno sponsor 3/4 dei problemi son risolti no? M'aiuteresti vero?""Danilo, mi sorprendi, io non pensavo a questa eventualità, però, se troverai uno sponsor, vedremo di provare a tirar su una squadra". Convinto! Colpito. De Luca tornava a correre.

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Dunque, cari vecchi lettori di lunga data, semmai ce ne fosse qualcuno, da qui riniziano i nuovi capitoli della mia story, abbandonata nel dicembre 2010 e ripresa in queste settimane.

CAPITOLO 7: " Va l'che c'è un tuber"

Ci sono team manager nel mondo ciclismo a cui basta un giorno per trovare uno sponsor in grado di finanziarli, e direttori sportivi come Bruno che ritengono ciò la parte più complicata del loro mestiere.

Io, un'idea su chi rivolgermi per una sponsorizzazione già l'avevo nel momento stesso in cui azzardai la mia proposta a Cenghilata, infatti in quel preciso istante avevo chiaro in test l'identikit della persona che mi avrebbe supportato con entusiasmo.

Quella professione così poco nobile che stavo praticando da circa un mese m'aveva infatti portato anchee degli aspetti positivi: avevo conosciuto molte persone, proprietari di varie aziende, tra le quali Fabio.

"Il Fabio" era il responsabile della più grande cooperativa casearia della Valtellina, la Latteria Sociale Valtellina per l'appunto. E per farvi capire, vi farò degli esempi. Avete in mente il formaggio Bitta, il formaggio Casera, la Magnuca? Sono alcuni dei formaggi prodotti dal suo caseificio. Se mai avete mangiato un buon piatto di pizzoccheri, a meno d'usufruir di improba cucina creativa, quelli li avete mangiati con i formaggi usciti dalla sua azienda. E se berrete del buon latte certificato in lombardia, 8 volte su 10 quel latte uscirà dalle sue stalle.

Ciò che però lo rendeva potenzialmente appetibile, era la sua grandissima passione per il ciclismo della quale m'aveva raccontato: lui, con il nome della sua azienda, s'era mosso in prima persona per promuovere le varie tappe del Giro che negli ultimi anni partivano, o finivano, a Morbegno, o Chiavenna, in quelle zone.

Era dunque un colpo facile facile, ma erano necessarie delle dovute precauzioni per avere la massima certezza.

Da buon appassionato di ciclismo pensai dunque di sfondare quella porta già aperta non di forza, con una spallata, ma con una maglietta: quella di Campione del Mondo.

Sapete, uno che conquista il titolo di Campione del Mondo ci tiene veramente tanto a conservare quella maglietta. In realtà, uno che vince una qualsiasi competizione in generale ci tiene a conservarne la maglietta di quel giorno a prescindere. Per esempio nel quarto cassetto a sinistra del mio letto, sotto alcune cianfrusaglie, si cela ancora quella maglietta un po' consumata che indossai quando da piccolino, a otto anni, vinsi la mia prima partita di tennis. Ma quella della mia carriera da tennista è un'altra storia, che potrei molto celermente concludere aggiungendo che quella fu anche l'unica vittoria della mia carriera tennistica.

Bene, io di quella maglietta ne avevo esattamente due paia: Quella che mi fecero indossare là sul podio ad hollywood, linda da sponsor ma insita di santità ciclistica, che era conservata a casa in una teca al pari di una reliquia, e quella sponsorizzata dalla mia squadra spedita a casa un paio di settimane dopo, ancora imbustata. Presi quella maglia, presi la macchina, mi sciroppai, un'ottantina di chilometri e arrivai a Delebio dove c'era l'azienda. Lì mi comunicarono che Fabio in quel momento era fuori, in una stalla nemmeno troppo lontana, e avrei potuto trovarlo lì.

La giornata era buona, ma il gelo lì era pungente: quella parte della valle a quell'ora del mattino era sempre maledettamente all'ombra, il nevischio depositato diventava ghiaccio, ed io arrivato per poco piantai una frenata così lunga che per poco non mi ci ritrovavo dentro la stalla, tra le mucche. Comunque bastò per farmi sentire. Uscì un uomo con barba sfatta, stivali di gomma, berretto con paraorecchi e sulla mano destra un....secchio di merda!"Uèèèè chi l'èèèè?" "..Buongiorno, starei cercando il signor Gerola...Fabio...è qui per caso? " "Uèèèèèè Fabioooooooo. Va l'che c'è un tuber che el te cerchen!" "Ahssììììììì n'atttiim che el nudria le vache el arrivi!" "Dice che arriva!" "Si grazie, ho sentito..!" Per quanto fosse solito tenere la voce alta il Fabio avrei potuto starmene comodamente a casa e avrei sentito ugualmente. Intanto feci qualche passo nella stalla.. era una stalla vecchio stampo, niente a vedere di quelle cose ultravvenieristiche con mungitori elettronici e profumo di mughetto. Qui era tutto legno, paglia e...odore di merda. Fabio arrivo dal fondo, anche lui con un secchio, ma pieno di mangime. Appena mi riconobbe mi corse incontro, abbracciandomi! "Ueeeeeee!! Il Daniloooooooooooooooooooo, t'e! Che surpresaaaaaa! Se te fet chiiiiiiiii!?!!?!?, Uè rùbeeerttt, el t'è se chi l'è che's chi?" "'so 'mia!" " 'un teè seeeeee?" "Al su nò!""" M'al cisà!"

Ne stava nascendo un siparietto tra Fabio e l'altro contadino che m'aveva accolto, che si doveva chiamare Roberto. Io rimasi fermo, imbarazzato.

.."El te se nòòò!!???" "Nooooo!" "Ma lè il De Lucccaaaa, Campiun del Mondooooo!!!" "Aaaaaahhh il De Lucccaaaa!! ...mai sentì".

E gli dissi i motivi del perchè io fossì lì: prima gli diedi lo zuccherino, la maglietta, e allora fu talmente felice che mi diede un nuovo abbraccio talmente forte che fui a rischio blocco respiratorio. Poi gli chiesi, chiaro e tondo di cos'avessi bisogno di lui. In quel momento Fabio divenne più serio, e mi chiese di seguirlo in azienda, nel suo ufficio. In quel frangente si notarono le mille sfacettature di Fabio: quel montanaro così sanguigno, tanto guascone, ma altrettanto serio, intelligente, preparato, che era in grado di guidare un'azienda comunque non piccola.

Comunque, potevo tornare a casa soddisfatto.

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CAPITOLO 8: 9 Dicembre 2010

Non volevo perdere tempo, ed in barba al codice della strada, chiamai immediatamente Bruno!

"Buonissime notizie, la Latteria Delebio, sarà lo sponsor principale della nostra squadra! Fabio è un amico, è stato gentilissimo!"

"Davvero Danilo? In così poco tempo! Oh Danilo, hai futuro come Team Manager! E cos'ha detto, quanto ci mette a disposizione?"

"Fabio è un bravo ragazzo, ha detto che ne deve discutere in consiglio d'Amministrazione, ma è acclarato che almeno un mezzo milione ce lo mette, lui poi è impegnato con l'azienda e quindi non può mettere troppo il naso in ingaggi e gestione della squadra, ma gli ho fatto il tuo nome, sa benissimo chi sei e si fida ciecamente. L'unica condizione è se si possono ingaggiare due ragazzi lì, dell zona, che corrono per la Morbegno, non sembrano malaccio".

"Perfetto Danilo! Si può fare, si può fare! Non ingaggeremo Cancellara, ma ho dei nomi buoni da contattare. Io sto andando giusto da un paio di ragazzi, stasera ti farò avere copia firmata dei contratti, così, saprai chi sono. Ora Danilo devi stare tranquillo, pensa ad allenarti, io ti farò avere una squadra da Giro, Danilo, vincerai il Giro!!"

"Grazie Bruno, ma mi accontento del Tour!"

L'indomani, ero molto più sereno, molto, ma molto più sereno.

Il cielo era terso, il freddo era pungente e il clima asciutto, così quella mattina saltai sulla mia Pinarello senza un'idea precisa di dove andare, l'importante era essere a casa per l'ora di pranzo, Bruno infatti doveva comunicarmi alcune novità e avevamo concordato di vederci per mangiare qualcosa. Ben conscio che quelle novità potevano ben essere tradotte in contratti, ciclisti, ragazzi che avrebbero condiviso la mia stessa passione!

Per la prima volta da settimane finalmente sulla mia Pinarello non con l'intento di fuggire da chissà quale spettro e paura del domani, ma con la testa che navigava tra mille progetti, e fremeva dalla voglia di scoprire, certo che per ogni ora che sarebbe trascorsa qualcosa di nuovo sarebbe avvenuto! E così pedalavo felice, e pedalavo più veloce: ad ogni nuovo sussulto della mente seguiva un colpo più rapido di pedale, finchè...

....FRRREEEEEEENAAAAAAAAA!

Non ricordavo dov'ero finito, chi avevo incontrato, se era una provinciale, una statale o quelchesia, non ricordavo se ero vicino a casa, se ero finito lontano nella brianza più cupa o giù nel milanese; neppure m'ero accorto se la strada saliva, era in discesa o semplicemente in pianura. E non è che non me lo ricordassi perchè, come continuavano a ripetermi quelli intorno a me, è normale avere poi questo tipo di amnesie. Giuro che non lo ricordavo perchè effettivamente avevo la testa fra le nuvole, e neppure m'ero reso conto dove diavolo ero finito.

Ciò che ricordai fu però il posto dove mi risvegliai dieci giorni dopo: un letto di una camera d'ospedale, era il 9 dicembre 2010.

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