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[PCM2009 Story] E se perdi, sai ricominciare...


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Era rimasto solo. Il Piccolo Matt era via e lui vagava nel silenzio della sua casa, sigaretta in mano, cercando la soluzione ai suoi problemi. Ben presto si rese conto che non conosceva più il silenzio. Un po' come coloro che per sentirsi meno soli lasciano sempre televisione o radio accesa e poi non riescono più a stare in silenzio, a sopportare l'urlo del proprio pensiero e della propria coscienza, lui non riusciva più a stare senza Matt. Suo figlio gli riempiva le orecchie, con il suo giocare, ridere o respirare. I suoi sensi erano sempre protesi verso il piccolo, in costante apprensione e cura. Ed ora che era solo si rese conto che in ogni suo movimento o azione suo figlio era presente, più di quanto lo potesse immaginare.

Sigaretta ancora accesa decise di uscire, inforcò la sua vecchia bici, che aveva resistito chissà come al declino inevitabile del tempo, e si dirisse verso la città, ben deciso a godersi il panorama cambiare intorno a lui. Rivedere il mulino del vecchio François passando dal ponte da cui da piccolo si tuffava in quell'acqua così gelata ma così viva...

Mentre pregustava tutto ciò il telefono squillò, lesse il nome ma non rispose, scuotendo la testa. Non era ancora il momento.

Non era pronto, ma era bello sapere che le sue condizioni erano state accettate e che tutto sarebbe stato pronto per una nuova stagione. Aveva una squadra, un contratto breve, un solo anno, per una squadra che al suo ultimo anno di vita aveva deciso di fare spettacolo. Questo soprattutto gli era stato chiesto, non tanto i risultati quanto mostrare che il ciclismo potesse essere ancora uno sport degno di essere seguito. E questa proposta lo aveva riempito d'orgoglio, a lui, il folle come sapeva lo chiamavano, era stato chiesto per la prima volta, in questo mondo così pragmatico e votato solo al risultato, di essere se stesso.

E fu così, con un sorriso latente, che accolse le prime gocce cadute dal cielo grigio che dominava la pianura canadese. Guardò un breve istante dietro le spalle, verso casa, ma poi rivolse lo sguardo dinnanzi a sè, ai campi, al mulino, al ponte, al fiume e, con il sorriso che si allargava, iniziò a pedalare.

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Era sempre la stessa vecchia storia... In difficoltà nessuno lo chiamava ma ora che la voce si era sparsa, seppur ancora non ufficiale, il suo telefono aveva iniziato a squillare. Agenti, corridori, giornalisti e chi più ne ha più ne metta iniziarono a chiamarlo. Lui rispose a tutti con cortesia ed educazione, quasi irriconoscibile difatti, ma negandosi sempre con un dispettoso sorriso sulle labbra.

Il piccolo Matt era tornato prepotentemente nella sua vita, con la sua parlantina così esistante e così imperterrita da lasciarti senza fiato. Vedeva il padre contento e, senza farsi ovviamente le domande che si farebbe un adulto, ne fruiva anche lui, comunicando con il padre, recuperando tutti quei silenzi che aveva imparato ad avere nei momenti duri del padre.

L'aereo che li stava portando verso il vecchio continente era partito da poco, quando il mare sotto di loro iniziò a fremere sotto i colpi della pioggia. Loro, avvolti nelle lamiere volanti sentirono solo qualche scossone che fece sorridere nuovamente il folle canadese che si paragonò al mostro metallico. Così potente e così fragile insieme.

Fu in quel contesto così felice che il telefono squillò. Il display segnalò prontamente che chi chiamava non faceva parte della sua rubrica ma il viso di D'arkness cambiò espressione lo stesso... Il numero gli era tutto tranne che sconosciuto...

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Quando chiuse il telefono sentì che la pioggia che si era scatenata intorno a loro gli era entrata dentro, facendolo rabbrividire... Sentiva un brivido freddo lungo la schiena che, seguendo la colonna vertebrale, arrivava sino al cervello chiudendolo in una gelida morsa paralizzante. Il piccolo Matt vide volto, corpo e spirito del padre trasformarsi e si strinse a lui, bloccato dalla cintura, facendo quel che poteva con i suoi grandi occhi scrutatori puntati su quelli del padre.

Purtroppo l'effetto fu ancora peggiore, D'arkness si intristì ancora di più per il brutto esempio che stava dando al figlio, vedendosi scene di un futuro mai abbastanza lontano in cui il figlio ormai adulto gli rinfacciava proprio momenti come questo...

Cercò, riuscendovi, di scacciare questi pensieri, ma la sua mente era impregnata, impietrita dalla telefonata appena occorsa. Fissò fuori dall'oblò cercando di focalizzare dei punti con lo sguardo, ma non vi riuscì. Impossibilitato dunque dal distrarsi, chiamò una hostess per accudire per qualche istante Matt e si indirizzò verso il bagno.

Si sciacquò il viso, fissando nello specchio la sua figura resa goffa dall'angusta toilette. Soffermandosi sul viso si rese conto di essere pallido, come non ricordava di esserlo da tanto tempo. Gli sembrò di tornare indietro nel tempo, quando il il domani non aveva importanza ed ogni istante era dolore...

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