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[PCM 2011 Story] I did it my way


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L'uomo non era più abituato alla città. Tutti quei rumori, tutta quell'ansia che sembrava caderti addosso ad ogni passo sembravano far vacillare il suo già precario stato, colpendolo come un torrente che scava sempre più i suoi argini.

Niente sembrava uguale, nemmeno il cielo, i cui colori sembravano ben diversi da quelli che negli ultimi - quanti erano ormai? Aveva ampiamente perso il conto - anni era abituato a vedere. Cambiavano i rumori, cambiavano gli odori, i colori e persino i sapori. Il quartiere invece sembrava lo stesso. Fermo, immobile, come quando lo aveva lasciato quel fatidico giorno.

Unico vantaggio era che nessuno ora lo riconosceva. Poteva camminare, con la sua aria trasandata ed il suo passo stanco, senza problemi. Anzi, la gente lo evitava naturalmente. I suoi lunghi capelli ingrigiti e la sua folta barba sempre più opaca, nati e cresciuti su di un volto colmato di nuove rughe che il mondo non conosceva, rendevano in effetti impossibile riconoscerlo. L'unica cosa rimasta uguale, ma non erano in molti a saperlo, era la sua postura quando camminava senza meta, con il collo leggermente abbassato in avanti e lo sguardo fisso sui suoi piedi, che solo di tanto in tanto lanciava occhiate quei pochi metri avanti, quel tanto che bastava. La sua mente non voleva altri stimoli. Per lui pensare era questo: vedere il terreno che sfila sotto i suoi piedi, quasi come fosse su una bicicletta.

Ancora una volta, al solo pensiero, colui che era ormai un uomo, ben lontano dall'essere quello spensierato ragazzo che un giorno prese le redini dell'Andalucia - Paul Versan facendole sfiorare il cielo con un dito, crollò a terra, senza possibilità di replica.

Ed in quel momento qualcuno mormorò qualcosa a proposito di un certo D'arkness...

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I due si guardarono negli occhi. Il loro legame era forte, malgrado si incontrassero sempre molto poco, ed i dialoghi fra loro erano sempre stati improntati su di una sincerità inusuale, quasi morbosa a volte, che riempiva i loro incontri di forti silenzi, ma che sapeva anche colmare i loro allontamenti.

Gli anni di differenza non erano pochi, ma nemmeno tanti. Quel tanto che bastava per potersi sentire paritari, ora come ora. Il fatto di esser cresciuti in ambienti diversi, così lontani e con così poco in comune, non li aveva allontanati, anzi, li aveva avvicinati più di quanto non si potesse pensare. Essere così simili nelle radici e nel tronco, ma così diversi nei rami e nelle foglie, gli permetteva quasi di completarsi a vicenda, garantendogli una conoscenza maggiore di se stessi ed un livello di consapevolezza che nessun altro sembrava in grado di dargli...

Ma siamo sicuri che è lui...? Per me potrebbe anche essere un barbone qualunque...

E allora perché ci avrebbero chiamato?

Ma infatti perché l'hanno fatto...

Ma che dici?!?

Sono qui, è vero, ma non so se dovrei esserci...

Falla finita, lo sai perché l'ha fatto...

Sì, lo so. E allora? Devo per forza accettarlo? Devo per forza essere d'accordo con quel che ha fatto? Devo per forza...?

No, ma se sei qui è perché vuoi delle risposte. E solo lui può dartele.

Tanto tempo fa volevo delle risposte, ora non so davvero cosa voglio.

A quanto pare hai tempo per chiedertelo, non si sveglierà prima di domani...

Ma siamo sicuri che è lui?

Capisco che il tuo ricordo può essere ormai sbiadito, ma il mio non lo è: è lui.

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Quando l'uomo riaprì gli occhi non aveva idea di cosa stava succedendo, la luce bianca e falsa che gli colpiva gli occhi non emanava nessun calore ed intorno a lui dominava il non colore. Nessun viso, il cui contorno si fa sempre più nitido mentre cerchi di abituarti alla nuova condizione, era lì ad accoglierlo; nessun rumore - neanche quello del vento; nessun odore - e forse questa era la cosa più strana - ma neanche nessun dolore - ed anche questo non era normale...

Riuscì, con un inconsapevole gesto, a muovere le mani ed a portarsele al viso senza fatica, quasi come si fosse addormentato normalmente la sera prima; ma sapeva bene che non era così. Sapeva benissimo cosa era successo così come sapeva benissimo che aveva commesso un grave, gravissimo errore...

Quel che non capiva, mentre lentamente sperimentava la propria mobilità muscolare, era perché non ne stava pagando ora le solite conseguenze...

Cercò di alzarsi. Vi riuscì quasi senza fatica, solo con un lieve giramente di testa, tipico di chi compie un gesto così brusco al risveglio. Il tempo di far fermare la stanza, l'uomo iniziò ad osservarsi. Aveva capito di essere in ospedale, ma si aspettava di trovarsi qualche tubo attaccato; invece nulla, solo un cerotto sul polso destro, che probabilmente copriva un accesso arterioso. Lo strappò per averne conferma: la presenza di una macchia giallognola che formava una piccola incavatura sembrava dargli ragione. Non si ricordava esattamente come era successo - almeno questo non era cambiato - ma sapeva dove era successo e non faceva fatica ad immaginare quali sarebbero state le nuove conseguenze...

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Grazie a tutti per i complimenti. Come avrete immaginato, e capito dopo gli anni scorsi, non ho molto tempo ma proverò a raccontarvi ancora le gesta del mio amico Jonathan :D

Ci vuole giusto un po' di pazienza in più :mrgreen:

giusto un filo :lol: scommetto che ti sei di nuovo dimenticato di quella cosa che ti ho chiesto qualche giorno fa :mrgreen:

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bravo Leo, ormai stiamo diventando vecchi e serve pazienza...

L'è dura :D

Anche tu Leo.... tra te e Dave mi farete sicuramente divertire. Grande inizio, ti seguo

Vecchio amico, e tu niente? smilie_daumenpos.gif

Grazie per i compliments. Detti da te fanno sempre più piacere :wink:

Scheletrino, occhio a Williams!!

El dopaton? :mrgreen:

io propendo per il pensionamento :mrgreen:

te possino...comp1.gif

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Si è svegliato, che fai vieni?

No, non subito. Vai prima te...

Non andrò senza di te.

E perché... In fondo avete vissuto a lungo senza di me.

Non ha senso quel che dici.

Forse, ma lo dico lo stesso.

Non ti impuntare così; non con me.

E tu non mettermi in condizione di farlo.

Non vuoi venire allora?

No.

Allora non andrò nemmeno io.

Non ti impuntare così; non con me.

E tu non mettermi in condizione di farlo.

Pur volendo ridere entrambi, il silenzio rimase tale, pesante come il ricordo che non vorresti avere. Essere testardi, sapevano entrambi da chi l'avevano imparato ma altrettanto bene sapevano chi non gli aveva insegnato a superarlo quando serve. Quanti rapporti od occasioni sprecate nella loro vita per questa mancanza? Ania poteva contarle solo grazie alla sua giovane età ma ormai per Matt erano solo immagini confuse nella mente, se non nel cuore.

Il silenzio durò ancora qualche secondo e proprio quando Matt stava per interromperlo fu Ania a parlare per prima:

So che non cambierai idea, e probabilmente hai anche ragione ma io non sono pronta. Non me l'aspettavo e non voglio fare i suoi stessi errori, sono già troppo simile a lui.

Non è un problema.

Non è vero.

Hai ragione, non è vero. Ma non lo vedo da ormai non so quanto tempo, posso aspettare ancora.

Non so quanto mi ci vorrà...

Ed io non so quanto potrò aspettare, ma ora posso.

Hai pensato che lui potrebbe non volerci vedere?

Non mi importa. L'altra volta ha deciso lui, questa volta decideremo noi. In un senso o nell'altro.

Sei sicuro allora?

Certo. Il primo che cambia idea chiama l'altro.

Ti ricordi? Questa frase ce la dicevamo la mattina per chi si svegliava per primo...

Se continuiamo così non sarò certo io - disse sorridendo - Buonanotte

Buonanotte

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Potresti fare un riassunto dei risultati e delle carriere precedenti di D'arkness ? ...perche questo pippone secondo me non e' mai entrato nei primi 50 ....e' come scriviere la divina commedia sulle gesta di Pirazzi ( che e' anche molto piu' forte di questo qua' !!) ...sono 5 anni che gli vedo morire donne , nonne , cani e fiori e che arrogante sbraita a centro gruppo facendo il grande puparo ...mandatelo a lavorare !! :mrgreen:

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Potresti fare un riassunto dei risultati e delle carriere precedenti di D'arkness ? ...perche questo pippone secondo me non e' mai entrato nei primi 50 ....e' come scriviere la divina commedia sulle gesta di Pirazzi ( che e' anche molto piu' forte di questo qua' !!) ...sono 5 anni che gli vedo morire donne , nonne , cani e fiori e che arrogante sbraita a centro gruppo facendo il grande puparo ...mandatelo a lavorare !! :mrgreen:

Guarda che ha quasi vinto una Vuelta... peccato che è caduto il leader nell'ultima tappa :mrgreen:

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Abbandonato in ospedale, con nessuno che lo andasse a trovare, l'uomo sembrava comunque soddisfatto dalla compagnia dei medici e degli infermieri, che erano comunque molto di più rispetto a quanto aveva avuto negli ultimi anni.

La sua nuova condizione gli permetteva qualcosa che da tempo non gli era concesso: la memoria. Ricordi ed emozioni ormai abbandonati, nascosti negli scatoloni in cantina, sembravano ora riaffiorare, senza conseguenze.

I medici continuavano a chiedergli come si sentisse, ma lui non riusciva a rispondere chiaramente. Il fisico stava indubbiamente bene, ma era la mente che non stava reagendo come ci si aspettava. Come ad un cieco al quale viene improvvisamente ridata la vista, l'uomo, che si era rifiutato di tagliarsi barba e capelli, sembrava continuamente confuso, quasi come se non riuscisse a riconoscere le cose con un senso diverso da quello che aveva sinora usato, tutto gli sembrava diverso rispetto a come era negl ultimi tempi.

L'uomo si comportava come un erede che vorrebbe tanto aprire quegli scatoloni pervaso da quel misto di curiosità ed impazienza che si scontra contro la paura della conoscenza, delle scoperte che si potrebbero fare e delle conseguenze che queste potrebbero avere.

Un tempo non si curava delle conseguenze, lasciandosi trascinare dalle passioni, ma ora, con i capelli più sale che pepe, sapeva che questa scelta non sempre era quella giusta. Quante sofferenze aveva causato? Quante lacrime aveva fatto versare? Quante ne aveva versate lui stesso in seguito?

Sempre molto stanco, il paziente, riportavano i medici, non sembrava più soffrire di alcun sintomo fisico. Loro obiettivo era dunque sbloccare la mente, ma questo non era di loro competenza. Chiamarono dunque un supporto...

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  • 2 months later...

Non era mai stata una appassionata di ciclismo, e non sapeva nemmeno chi fosse quell'uomo malgrado il suo collega l'avesse presentato quasi fosse una celebrità nazionale. Sarà perché in quegli anni stava lavorando sui disturbi dell'apprendimento nelle società non industrializzate, quindi a stretto contatto con culture lontane, in cui il suo giovanile rifiuto verso la cosiddetta società civile trovava pieno godimento, ma lei di questo Jonathan D'arkness non aveva davvero mai sentito parlare.

Fu però costretta a guardarsi le registrazioni delle sue interviste nonché delle sue imprese e sconfitte. Ne ricavò un quadro piuttosto preciso. Capì immediatamente il cambiamento vissuto già durante il suo primo anno nel mondo dei professionisti, durante il quale mandava un giovanissimo e quasi sconosciuto Edvald Boasson Hagen a rubare la spesa e strinse la sua amicizia duratura con Aitor Gonzalez, con il quale stava per ottenere un'incredibile successo alla Vuelta a España prima di osare troppo e rovinare tutto. Un trauma enorme che gli fece però capire tante cose e l'anno successivo tornò, con un ambizioso progetto - forse anche troppo - del quale pagò probabilmente l'enorme pressione, dovuta anche alle star che con lui erano rientrate: Laurent Brochard, Laurent Jalabert e Richard Virenque, il massimo che il ciclismo francese avesse espresso negli anni 90 del secolo scorso. Con questi tre tornò a correre anche lui, aggiungendo pressione sulla sua persona, ma permettendogli anche di sfogarla in qualche modo. Fu un anno particolare, in cui non mancarono bei piazzamenti, in particolare nelle ardenne dove Brochard conquistò regolarmente la top 10, ma durante il quale le pressioni nella sfera personale si fecero sempre più insistenti. Nel contempo fece anche capire quale voleva fosse la sua strada. Non solo campioni, ma anche giovani, ai quali dare la propria impronta, provando a sovvertire quel ciclismo che imperava in quegli anni, attendista e meschino.

L'anno successivo, dopo la prima fuga documentata, di nuovo giovani, di nuovo in sella. Provò a ripartire da una nazione che ne aveva il suo stesso bisogno, il Portogallo. Con il suo carisma e nomea riuscì a creare una squadra transregionale, facendo fondere più squadre e potendo così permettersi il meglio, o quasi, del panorama lusitano. I risultati non tardarono ad arrivare, come la vittoria nel campionato nazionale. Ancora una volta si finì con una fuga, questa volta più enigmatica, ma non meno significativa agli occhi della dottoressa che continuava a studiare questa sfaccettata ed inusuale personalità.

L'anno successivo tornò in Francia, con una squadra ambiziosa, dove poteva tentare nuovamente di far il suo lavoro come gli piaceva. Motivando vecchie glorie - quell'anno toccò ad uno splendido Christophe Moreau che riconquistò il Delfinato - e cercando di far crescere i giovani come Brice Feillu. Le cose sembravano andare bene, la sua formazione era ancora una volta competitiva ma, proprio alla vigilia del Tour de France, dovette lasciare, ancora una volta schiacciato dalle sue pressioni. Un aspetto sul quale questa avvenente signora continuava a scontrarsi, ritenendolo contraddittorio rispetto agli altri numerosi segnali che il canadese aveva mostrato nel corso della sua carriera.

La vera crisi però non era ancora arrivata, doveva arrivare l'anno successivo quando, mentre stava cercando nuovamente di tornare alla ribalta, con un ambizioso progetto transcontinentale, patrocinato addirittura dall'UCI in favore della globalizzazione del ciclismo, ebbe la sua prima grande crisi, in seguito alla quale sparì. Ed è così che, per l'ennesima volta, si interruppero tutte le notizie riguardo quel folle che era così prepotentemente entrato nel mondo del ciclismo, e che altrettanto prepotenetemente ne uscirà poi qualche anno dopo...

Ma a lei questi aspetti sportivi non importavano, lei non era qui per quello. Lei doveva semplicemente indagarne la mente, cercando di interpretare le cause, non tanto delle sue reazioni passate, quanto di quelle attuali...

E poi sapeva che il modo migliore per farlo uscire dal suo guscio era costringerlo a parlare delle sue passioni, e di passioni vere, questo era ormai chiaro, ne aveva solo tre: i suoi due figli ed il ciclismo.

E su questi avrebbe lavorato.

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