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[PCM 2010] Angeli e demoni


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Gran banchetto alle Canarie (Parte I)

canary.jpg

L'indomani mattina, all'alba, la vecchia nave cargo rallentò la sua corsa e, da poppa, fuoriuscì un veloce motoscafo, guidato dal colombiano Johnny Aguilera che ad alta velocità si diresse a sud.

Il luogo dell'incontro non doveva essere molto lontano pensarono Laval e Lemoine, i due detective nel bel mezzo della missione segreta e soprattutto nel bel mezzo dell'oceano; così seguirono Aguilera a debita distanza, a luci spente.

D'un tratto il motore del motoscafo cessò di girare, Aguilera si mise il giubbotto anti-proiettile sotto la giacca bianca, baciò il grosso crocifisso d'oro che portava al petto, infilò la calibro 38 nei pantaloni e attese dodici minuti...il tempo di vedere sbucare dall'orizzonte cinque motoscafi farsi largo tra le onde.

A capo del primo c'era il socio di Aguilera, tale Fernando Paez, suo autentico braccio destro. A tenerlo bene a mira altri quattro scafi: su tre di essi v'erano uomini armati dalla chiara fisionomia asiatica, sull'altro l'uomo accompagnato dalla splendida mora che, i servizi segreti, fotografarono al "Pedrito" di Las Palmas.

In un attimo Laval e Lemoine mandarono via telefono le fotografie dell'incontro al commissariato: Roussel, che era rimasto a dormire nel suo studio, rispose e si mise a cercare nei faldoni: era chiaro che anche gli asiatici avrebbero dovuto far parte dell'inchiesta, dovevano avere un nesso con l'uccisione del contadino a Lao Cai e con la nave di Tijanjin.

Poi, con un guizzo dei suoi capì che, al largo delle isole Canarie, c'era un gran banchetto, alquanto succulento, ma non di pesce fresco, bensì di denaro e affari. Era chiaro che cinesi-vietnamiti e colombiani stavano per spartirsi qualcosa di molto, molto grosso, e che il tedesco sarebbe stato l'intermediario più importante, che avrebbe fatto da ago della bilancia nella conclusione dell'affare.

Ai 14° di longitudine e 29° di latitudine i pezzi del mosaico erano tutti riuniti, non restava che capire con quali colori dipingerlo...

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troppo buoni... :wub:

Gran banchetto alle Canarie (Parte II)

beachxq.jpg

...Solo il rumore delle onde dell'oceano a far da sfondo tra le parole urlate dei trafficanti, gridate in lingue diverse, dal tono forte e acceso, quasi come ognuno di loro sentisse il bisogno di mostrare una sorta di superiorità spiccata nei confronti degli altri.

Aguilera prese la parola, Lemoine e Laval erano troppo lontani per capire ciò ci cui stessero parlando, pertanto cercarono di capire la mimica, la gestualità di ognuno di loro. Il colombiano era certamente una persona determinata, di bell'aspetto, probabilmente se non si fosse immischiato nella criminalità avrebbe potuto finire sulla copertina di qualche rivista patinata; i capelli neri medio-lunghi ricoperti di gel e portati con il pettine all'indietro, occhiali da sole neri a coprire il volto ed il tanto amato abito bianco con l'immancabile camicia nera aperta sul petto, da dove spuntava un crocifisso d'oro. Strano paradosso per un criminale pronto a tutto.

Dall'altra parte gli scagnozzi vietnamiti mantenevano sempre lo sguardo alto e serio, mai un segno di cedimento, soltanto grande rispetto per il loro capo, tale Liao Jai, di madre cinese e padre vietnamita, entrambi persi nel conflitto in Vietnam.

Ex generale dell'esercito a livello ufficiale, in realtà continuava in patria a gestire il potere delle forze armate, con una grossa influenza al Governo.

Gli interessi in gioco erano davvero molto alti, un passo falso di qualcuno, uno sgarbo, un'offesa avrebbero causato non soltanto una guerra in mezzo all'oceano, ma un vero e proprio conflitto tra est asiatico e sudamerica, con le dovute proporzioni.

Stettero a parlare per una ventina di minuti, intanto il sole era ormai sorto e i due agenti segreti francesi non potevano tenere la posizione, stavano rischiando davvero troppo. Per loro fortuna i motori degli scafi ripresero a risuonare, il tedesco con la sua adorabile compagna si misero in testa al gruppo, dietro tutti gli altri si mantenevano ordinati, proseguirono per qualche miglia, con il vento forte in faccia, poi si fermarono nuovamente.

Aguilera, Liao Jai, Albert Von Staffenberg e la sua compagna Esmeralda Cruz (finalmente Roussel e Pappas li avevano individuati) scesero dai loro scafi, li legarono a quelli degli "scugnizzi" e si riunirono finchè...

Un frastuono assordante, quasi come se il mare stesse per implodere, poi dall'acqua apparve un lungo sottomarino grigio scuro, da una piccola porta apparve una mano che li invitò a salire, i quattro lo fecero, poi il sottomarino si inabissò e soltanto una scia bianca rimase in superficie. Dove stavano andando??? Perchè tale segretezza???

Lemoine e Laval telefonarono a Pappas e Roussel che, da Marsiglia, li invitarono ad attraccare, mantenendo la segretezza più assoluta, senza farsi scoprire.

Nemmeno il tempo di riattacare il telefono che i due vennero assaliti dai restanti malavitosi. Si erano avvicinati troppo all'obiettivo grosso, ora dovevano correre ai ripari, decine e decine di colpi d'arma da fuoco si stavano scagliando su di loro, presero l'attrezzatura da sub e si gettarono in acqua, poco prima che il motoscafo saltasse in aria, martoriato dai colpi dei trafficanti; i quali poi convintisi che i due fossero stati eliminati rientrarono a terra.

Lemoine e Laval erano salvi per miracolo!

Cominciarono a nuotare sott'acqua, tra speci marine straordinariamente affascinanti, poi vista terra, dopo quattro estenuanti ore a nuoto, si levarono l'attrezzatura e giunsero in un'affollata spiaggia Canarina di chissà dove.

La gente li guardava attonita, poi si fermarono da un'avvenente turista, chiedendo lei dove fossero naufragati:

"Esta es Fuerteventura, la Isla Tranquilla".

Si sedettero sulla spiaggia, esausti, la copertura non era saltata completamente, ci sarebbe stato ancora del lavoro per loro, ma ritrovare quel sottomarino lanciato verso chissà quale direzione sarebbe stata un'impresa colossale...

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Gran banchetto alle Canarie (Parte II)

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...Solo il rumore delle onde dell'oceano a far da sfondo tra le parole urlate dei trafficanti, gridate in lingue diverse, dal tono forte e acceso, quasi come ognuno di loro sentisse il bisogno di mostrare una sorta di superiorità spiccata nei confronti degli altri.

Aguilera prese la parola, Lemoine e Laval erano troppo lontani per capire ciò ci cui stessero parlando, pertanto cercarono di capire la mimica, la gestualità di ognuno di loro. Il colombiano era certamente una persona determinata, di bell'aspetto, probabilmente se non si fosse immischiato nella criminalità avrebbe potuto finire sulla copertina di qualche rivista patinata; i capelli neri medio-lunghi ricoperti di gel e portati con il pettine all'indietro, occhiali da sole neri a coprire il volto ed il tanto amato abito bianco con l'immancabile camicia nera aperta sul petto, da dove spuntava un crocifisso d'oro. Strano paradosso per un criminale pronto a tutto.

Dall'altra parte gli scagnozzi vietnamiti mantenevano sempre lo sguardo alto e serio, mai un segno di cedimento, soltanto grande rispetto per il loro capo, tale Liao Jai, di madre cinese e padre vietnamita, entrambi persi nel conflitto in Vietnam.

Ex generale dell'esercito a livello ufficiale, in realtà continuava in patria a gestire il potere delle forze armate, con una grossa influenza al Governo.

Gli interessi in gioco erano davvero molto alti, un passo falso di qualcuno, uno sgarbo, un'offesa avrebbero causato non soltanto una guerra in mezzo all'oceano, ma un vero e proprio conflitto tra est asiatico e sudamerica, con le dovute proporzioni.

Stettero a parlare per una ventina di minuti, intanto il sole era ormai sorto e i due agenti segreti francesi non potevano tenere la posizione, stavano rischiando davvero troppo. Per loro fortuna i motori degli scafi ripresero a risuonare, il tedesco con la sua adorabile compagna si misero in testa al gruppo, dietro tutti gli altri si mantenevano ordinati, proseguirono per qualche miglia, con il vento forte in faccia, poi si fermarono nuovamente.

Aguilera, Liao Jai, Albert Von Staffenberg e la sua compagna Esmeralda Cruz (finalmente Roussel e Pappas li avevano individuati) scesero dai loro scafi, li legarono a quelli degli "scugnizzi" e si riunirono finchè...

Un frastuono assordante, quasi come se il mare stesse per implodere, poi dall'acqua apparve un lungo sottomarino grigio scuro, da una piccola porta apparve una mano che li invitò a salire, i quattro lo fecero, poi il sottomarino si inabissò e soltanto una scia bianca rimase in superficie. Dove stavano andando??? Perchè tale segretezza???

Lemoine e Laval telefonarono a Pappas e Roussel che, da Marsiglia, li invitarono ad attraccare, mantenendo la segretezza più assoluta, senza farsi scoprire.

Nemmeno il tempo di riattacare il telefono che i due vennero assaliti dai restanti malavitosi. Si erano avvicinati troppo all'obiettivo grosso, ora dovevano correre ai ripari, decine e decine di colpi d'arma da fuoco si stavano scagliando su di loro, presero l'attrezzatura da sub e si gettarono in acqua, poco prima che il motoscafo saltasse in aria, martoriato dai colpi dei trafficanti; i quali poi convintisi che i due fossero stati eliminati rientrarono a terra.

Lemoine e Laval erano salvi per miracolo!

Cominciarono a nuotare sott'acqua, tra speci marine straordinariamente affascinanti, poi vista terra, dopo quattro estenuanti ore a nuoto, si levarono l'attrezzatura e giunsero in un'affollata spiaggia Canarina di chissà dove.

La gente li guardava attonita, poi si fermarono da un'avvenente turista, chiedendo lei dove fossero naufragati:

"Esta es Fuerteventura, la Isla Tranquilla".

Si sedettero sulla spiaggia, esausti, la copertura non era saltata completamente, ci sarebbe stato ancora del lavoro per loro, ma ritrovare quel sottomarino lanciato verso chissà quale direzione sarebbe stata un'impresa colossale...

La villa misteriosa

2809918523030bcbc0a3.jpg

I due cominciarono a camminare e camminare, attraversarono verticalmente tutta la spiaggia di Cofete, nella Playa di Jandìa, raggiunsero un piccolo negozio di souvenir e riuscirono a telefonare a Marsiglia, informando i grandi capi di come la situazione fosse precipitata, senza controllo.

Roussel disse all'amico Pappas che il momento buono era giunto, di organizzarsi che, di li a poco, avrebbero preso il primo aereo per Fuerteventura, non certo per una vacanza però. I due atterrarono a Puerto del Rosario due ore e mezza dopo la partenza, noleggiarono un automobile e cercarono di mettersi in contatto con Laval e Lemoine, scesi a sud, verso Jandìa li trovarono, con il sole al tramonto decisero di andare a riposare in qualche ostello.

L'oceano sullo sfondo era troppo bello per non essere ammirato, contemplato, amato almeno per qualche minuto; alle loro spalle un paesaggio surreale, fatto di roccia rossastra, sabbia, basse colline e il monte Tindaya, sullo sfondo, considerato sacro dai locali. In questo riappacificarsi con il mondo Roussel e Pappas videro il tramonto del passato e l'alba del futuro, con la possibilità di costruire qualche cosa di realmente importante per loro nel futuro.

Poi il telefono squillò...

"Ufficiale Roussel, sono Grigoux dal commissariato, la guardia costiera marocchina ha avvistato un sottomarino poco lontano da voi, al largo delle coste di Fuerteventura, longitudine e latitudine ci indicano la zona di Cofete come quella maggiormente interessata. Fonti tedesche ci hanno informato che li si trova un sito d'interesse particolarmente attivo durante la seconda guerra mondiale.

Purtroppo non possiamo intervenire, gli spagnoli probabilmente sanno di questi movimenti da tempo ma tacciono, la guardia costiera marocchina non può sostare dove ha fatto l'avvistamento e, come se non bastasse, per farli parlare abbiamo dovuto ricoprirli d'oro! Ora tocca a voi..."

La pace era terminata, i quattro, zaino in spalla, cominciarono a camminare, il GPS di Roussel scandiva tempi di percorrenza e via da seguire, l'imbrunire oramai era diventato buio e non si avanzava che con piccole torce, cercando di farsi largo tra le capre, onnipresenti. La luna piena favorì il compito degli agenti, i quali si avvicinarono sempre più all'obiettivo, fin quando tra loro e l'obiettivo stesso si parò una vasta recinzione con appesi ovunque divieti di entrata, in quanto zona militare, quella era la famosa Villa Winter...

winter027.jpg

La Villa Winter rappresenta un misterioso aspetto della storia di Fuerteventura, nelle Isole Canarie (Spagna).

Ciò che è misterioso di questa villa, chiamata Winter dal generale Gustav Winter che la occupò e che gli abitanti del posto chiamavano Don Gustavo, è che non si conosce esattamente la sua funzione. Si sà che un una base segreta tedesca e si sospetta che servì da punto di appoggio per i sottomarini tedeschi che si recavano in direzione dell'Antartide.

A quanto pare, esistevano tunnels che connettevano la casa con caverne naturali sotterranee. Dovette trattarsi di una base importante, perchè nelle vicinanze vi erano permanentemente due aerei caccia tedeschi con i motori accesi per intercettatare ed abbattere qualsiasi aereo alleato che osasse avvicinarsi: bisognava mantenere la base un segreto.

E vi riuscirono, perchè gli alleati scoprirono questa base segreta tedesca mesi dopo la fine della guerra. Sul suo misterioso organizzatore, generale e membro del servizio segreto tedesco, si può trovare di seguito una biografia.

Dopo un breve viaggio dalla località di Cofete ci si imbatte nella villa.

La supposta residenza di vacanza di un generale tedesco, come la si nomina in alcune guide turistiche, è massiccia e impressionante allo stesso tempo, con due piani costruiti in pendenza ed una torre a nordest, la cui funzione non è ancora oggi stata chiarita nonostante varie speculazioni.

Secondo quanto viene raccontato, il generoso "Don Gustavo" assunse operai nativi per lavorare sotto il massimo segreto e dovevano ogni notte abbandonare nuovamente la zona. Tutta la penisola di Jandía si convertì in zona militare chiusa, una sorta di regalo di Franco ai tedeschi, che lo aiutarono a combattere i comunisti in Spagna.

Però non solo nativi ma anche aiutanti tedeschi furono portati probabilmente a Fuerteventura. Il misterioso cimitero che si trova nei pressi della spiaggia si presta in tal senso a numerose speculazioni.

La torre della villa servì apparentemente come punto di segnalazione per i sottomarini e/o gli aerei tedeschi, che atterravano nel vicino aeroporto di Jandía. A cosa servì la costruzione di questa villa, che si trovava in mezzo a un deserto vulcanico ed in una delle spiagge più estese delle Isola Canarie?

La roccia vulcanica del sito fa supporre che sotto la superficie si trovi un sistema di caverne. In modo che è possibile che villa Winter, che sarebbe potuta essere stata edificataa anche in qualsiasi altro luogo diverso rispetto a quello in cui sta, fu costruita sopra una grotta già esistente.

Però si dovrebbe scartare una connessione sotterranea con il mare giacchè la costa nella zona di Cofete, dove si trova la villa, è piuttosto piana.

Sotto la montagna che vi è nella parte posteriore della villa sembra che esista una specie di bunker naturale ed alcuni "forni di pietra calcare" (Kalksteinöfen in tedesco). Non vi è nulla di strano che esistano caverne vulcaniche in questo luogo se pensiamo che nell'isola vicina di Tenerife si trovi il maggior sistema di caverne (vulcaniche) sotterranee del mondo, le Cuevas del Viento. Nell'isola di Fuerteventura si trovano qui e lì piccole caverne, delle quali si sospetta che siano in relazione con le attività di Winter sull'isola (caverne di Ajuy).

All'entrata della villa ci si può imbattere in un piccolo vagone ossidato di marca Krupp. Ancora oggi si scoprono binari nei pressi della villa, a 1200 metri a ovest, il cui tracciato conduce al monte. Tutto questo mostra che si realizzò una forte attività mineraria. Forse l'ampiamento/adattamento dei tunnels sotterrane che abbiamo menzionato?

(articolo tratto da Isola Bianca)

Cosa nascondesse ora quella villa non era dato a sapersi, i quattro si appostarono a poca distanza dall'edificio, notando subito un gran viavai, guardie ovunque e massima protezione. La "Grande Avventura" (uno dei soprannomi dell'isola) era appena cominciata...

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La grande ombra

tombrapomeridiana996.jpg

Una cosa era certa, qualunque cosa si celasse in quella villa, non sarebbe stata legale, così oscurata, ben nascosta, morbosamente protetta. Lo sapevano bene Roussel e Pappas, che decisero di attendere l'indomani, in quanto oramai le luci della villa s'erano spente e, quasi sicuramente, i grossi esponenti sarebbero stati in qualche bunker sotterraneo chissà dove, oppure ancora direttamente più a nord, ad Ajuy.

Nacosti dietro ad un cumulo di rocce e muniti di binocoli, macchina fotografica e qualsiasi cosa potesse servire al buon sviluppo dell'indagine, attesero l'alba e, qualche ora dopo ecco i primi movimenti. L'avvenente Esmeralda scese dalla camera dopo una veloce colazione e si mise al sole, per ritoccare la già perfetta abbronzatura, che lasciò a bocca aperta i quattro agenti.

Al capezzale della signorina giunsero subito due colf in grado di soddisfare ogni suo desiderio, cominciarono a curarle le unghie dei piedi e delle mani, il tutto mentre sul retro: Von Staffenberg, Liao Jai e Aguilera discutevano ad un tavolino dei loro futuri interessi commerciali.

D'un tratto, come un lampo in un'assolata giornata d'estate, ecco la svolta dell'inchiesta:

Dal cancello principale entrò un ragazzo sui ventiquattro, venticinque anni, non di più; in bicicletta, la divisa completamente nera, le scarpe ed il casco in abbinato, era un corridore del posto, riconoscerlo sarebbe stato pressochè impossibile, anche se poi si scoprì che molti sull'isola lo chiamavano "El Mensajero", il messaggero, quasi come se svolgesse un ruolo da intermediario all'interno del clan. Nessun nome, soltanto voci...

Il ragazzo entrò in una porta segreta e, dopo mezzora, uscì e ripartì in bicicletta: cosa faceva un ciclista in questo pandemonio? Roussel e Pappas decisero di seguirlo in macchina, mentre Laval e Lemoine mantennero la posizione e, poco dopo, fotografarono altri personaggi di chiara origine sportiva. Qualche marciatore, qualche atleta di sport di resistenza, forse qualche calciatore...tutti rigorosamente vestiti in nero.

Era chiaro che l'inchiesta era ad una prima svolta, i tratti del quadro da nero pece divennero successivamente grigiastri quando Vangelis Pappas fermò l'auto sulla strada che portava a Betancurìa, il ciclista in nero, probabilmente a causa di una buca aveva perso una fiala di chissà cosa immersa in un contenitore congelato.

Era chiaro che gli interessi generati attorno allo sport negli ultimi anni avevano fatto di questo una forma di guadagno mondiale per la criminalità organizzata, il patto sancito a Villa Winter in quel di Fuerteventura non era altro che un inno al doping di massa, con Sudamerica, Europa e Asia unite dallo stesso, sporchissimo scopo...

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grazie, stasera parto per il mare, una settimana, dunque vi lascerò con due articoli, che iniziano a presentare ciò che sarà la parte manageriale della carriera...

che peccato parti e orni fra una settimana, ma tutti partono, anch'io ritorno lunedì però :lol:

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