Vai al contenuto

Seguici su Discord

Unisciti al server Discord di PCM Italia per rimanere sempre in contatto con noi, parlare di ciclismo e vivere un'esperienza multiplayer ottimale
Unisciti al server

PCM Italia è su Tapatalk

Scarica Tapatalk gratuitamente sul tuo smartphone per consultare in maniera facile e veloce PCM Italia anche da mobile!
Leggi di più

Disponibile Pro Cycling Manager 2021

Pro Cycling Manager 2022 e Tour de France 2022 sono finalmente disponibili
Leggi di più

[PCM2009 Story] E se perdi, sai ricominciare...


Messaggi raccomandati

  • Risposte 858
  • Created
  • Ultima Risposta

Top Posters In This Topic

D'arkness restò in disparte finchè la coppia di signori non ebbe finito. Era la prima volta dal funerale che si recava lì. Fin da piccolo gli veniva rimproverato il suo comportamento in questi casi, ma non ci riusciva proprio. Non aveva mai avuto molto senso per lui recarsi dinnanzi ad una lastra di marmo e parlargli, prendersene cura e tutto il resto. Ci aveva provato una sola volta ed era rimasto in silenzio tutto il tempo, senza sapere a cosa pensare. Si era sentito ridicolo e se ne era andato. Ma quel giorno era diverso, doveva andarci, se lo sentiva dentro da un bel pò.

Attese in silenzio, fissando quei signori come se l'acqua sotto i ponti si fosse fermata, giocando con una sigaretta tra le mani fredde, in modo da scaldarsele un poco, come aveva sempre fatto. Li guardava con tenerezza, osservava nel dettaglio i loro volti e i loro gesti, scoprendone un pò intristito i segni del tempo e del dolore. Li aveva sempre ammirati, duri e teneri al tempo stessi, così retrò, così cocciutamente all'antica da risultargli simpatici. Peccato che loro non l'avessero mai pensata così. Per loro lui era il pericolo e il tempo non aveva dato loro torto. Fonte di dolore, passato, presente e futuro. Questo era lui per loro, il tempo aveva dunque dato ragione alle loro preoccupazioni.

I due si alzarono, dirigendosi con passo lento verso il traguardo. Silenziosi e guardando a terra si sostenevano l'un l'altro, ancora come fosse il primo giorno, ma poteva capirli. Ogni volta che aveva pensato a vivere una situazione come la loro, aveva sentito il freddo impossessarsi di lui, stringerlo da dentro in una morsa gelida il cui unico rimedio era stringersi il piccolo fra le braccia. Assicuratosi che non sarebbero tornati indietro, e che non potessero vederlo, D'arkness si incamminò per prendere il loro posto.

Dopo qualche breve istante in silenzio, a contemplare la piccola foto in cui sorrideva felice, a fissare rabbioso quelle date che parlavano di una vita strappata troppo presto dal mondo, Jonathan, dopo essersi seduto, dinnanzi a quello sguardo così dolce, sorprendendosi da solo, iniziò a parlare:

Lo sapevi vero che non sarei venuto spesso? Non credo che tu te la prenda, mi conosci bene. Eri al mio fianco quando non ci venivo già all'epoca... Non l'hai mai capito, lo so, ma non credo ti aspettassi qualcosa di diverso... Volevo solo dirti che senza di te manca qualcosa al mondo. Al mio e a quello di Matt. Ci manchi... Io ci provo, ogni giorno, ma non è questa la vita che sognavo per me... Gli dò tutto me stesso, e lui mi dà ancora di più, ma non credo che ci basti. Sognavo di fare il padre da quando... Lo sai da quando... Ma non da solo, non a tempo pieno così...Ci manchi maledizione...Te l'avevo detto che sarebbe finità così...Cazzo, se ci manchi... Matt dice che sei il suo angelo....

D'arkness non riuscì a proseguire... Era troppo...

Ma lo aveva previsto ed aveva scritto quel che voleva dirle. Una lunga lettera, forse la più lunga che le avesse mai scritto, che posò nella terra dopo aver scavato con le mani. Insieme alla lettera anche una foto del piccolo Matt...

Mi spiace piccola, non ce la faccio...Ti lascio questa lettera...Salutami i tuoi, digli che mi dispiace se puoi... Non so se tornerò, lo sai... Ti penso sempre piccola...

D'arkness si accese una sigaretta, lanciò un'ultimo sguardo a quella foto e si rese conto con tristezza che erano anni ormai che non vedeva il suo volto; al punto che ne stava dimenticando i dettagli, la nebbia del tempo stava facendo effetto...

Tu t’souviens des jours hereux et tu pleures

Tu sanglotes, tu gèmis à prèsent qu’a sonnè l’heure

Des adieux à jamais (ouais)

Je suis au regret de te dire que je m’en vais

Je t’aimais, oui, mais

Je suis venue te dire que je m’en vais

Je suis venue te dire que je m’en vais

Je t’aimais, oui, mais

ssalt3463angelicsunset.jpg
Link al commento
Condividi su altri siti

ehh ieri sono sceso ..ho incontrato mia madre in giardino, mi ha detto "perche piangi ?" e io lacrimando e soffiandomi il naso " eh non puoi capire ...D'Arkness ...sprooot sprooot ... il figlioletto ... sob ... la tomba ... una tragedia ..sproot " ...poi mi sono accasciato a piangere sotto un cipresso .

Link al commento
Condividi su altri siti

Una mosca entrò dalla finestra. Lui la seguì con lo sguardo distrattamente mentre preparava la valigia, sua e del piccolo Matt. E pensare che pochi giorni prima aveva deciso di godersi suo figlio per mostrargli i luoghi della sua giovinezza ma il ricordo di miti passati lo aveva probabilmente sopraffatto. La decisione era stata presa, sarebbe ripartito. Alla ricerca di quello che aveva perso e che voleva riconquistare: sé stesso. Doveva ritrovarsi per poi rendersi compatibile con la sua nuova vita, lui che aveva sempre sognato in fondo quello che aveva, ma che non stava riuscendo a conciliarlo con la sua essenza, troppo era cambiato in poco tempo perchè lui riuscisse ad adattarsi. Pensava di farcela, lo sperava, aveva lottato con tutte le sue forze ma ogni buon assedio è destinato a finire e il suo era finito così. Lasciandolo sfinito, dentro e fuori, ferito dai troppi colpi subiti e senza essere riuscito a ricostruire la sua corazza. Quella che ogni uomo porta e che gli permette di lottare contro la quotidianità opprimente che rende ogni uomo una piccola formica intenta a tessere la sua inutile e vacua trama che chiama vita.

Stava aspettando un amico, forse l'unico vero rimastogli. Troppi falsi ne aveva conosciuti in questi ultimi anni, di quelli che nemmeno sai di avere, che nemmeno senti sparire quando il vento cambia, con la mano tesa quando non gli serviva e pronti a riprendersela appena sentivano che poteva, forse, averne bisogno.

Il suono del campanello lo destò dalla tristezza di questa verità alla quale non fai in tempo a riflettere che ti viene sbattuta in faccia. Matt si alzò correndo dalla sedia dalla quale osservava incuriosito il volo degli uccelli per andare incontro alla porta. Si fermò davanti in attesa di Jonathan che con passo piuttosto riluttante lo raggiunse ed aprì.

Simon cercò di sorridere come se nulla fosse, mostrandosi allegro come sempre al suo nipotino. Matt infatti non si accorse di nulla. Troppo felice nel vedere Era, la cucciola di Komondor dello zio per pensare al suo proprietario. Era ricambiò il saluto del piccolo e lo trascinò nel giardino per giocare. D'arkness ne approfittò per accendersi una sigaretta in veranda e per parlare con l'amico.

Sai perchè ti ho chiamato.

Certo, te ne stai andando.

E questa volta non me lo perdoni vero?

Non dovrei, ma ormai con te mi son rassegnato...Se è di questo che hai bisogno vai pure...Anche se non capisco perchè ti porti Matt, che benefici ne potrà trarre lui?

Non lo so, continuo a chiedermelo, probabilmente nessuno, ma non ci riesco a lasciarlo qui. Non così a lungo, non di nuovo...

E dove andrete?

Sul tavolo ho lasciato un elenco dei posti, sai bene che ormai non posso più girovagare senza senso. Devo essere sempre reperibile.

Ah già, il passaporto biologico. Quindi hai deciso, correrai ancora?

No, non ho deciso. Né se correrò, né se allenerò ancora, ma devo lasciarmi la porta aperta. E questo è l'unico modo. Se poi durante il cammino dovessi prendere una decisione in qualche senso la prenderò, ma non sono pronto ora.

Capisco, o almeno ci provo...

Grazie

Mi ha detto mio padre che ti ha visto l'altro giorno...

Mi dispiace...

Anche a lui, meno male che non ne ha parlato con mamma...Non avrebbe retto, lei sa a malapena che sei tornato in Canada.

A proposito di questo, io e Matt non partiamo subito. Portatelo a casa, fallo giocare coi nonni, tienilo anche un paio di notti se vuoi, ne avete diritto e ve lo meritate. Tu, ma anche loro...

Non hai paura che non te lo riportiamo?

No, mi fido di te. E grazie ancora...

Di cosa? Dovrei essere io a ringraziarti...

Di essere mio amico...

Non lasciò il tempo a Simon di rispondere, raggiunse suo figlio e gli disse quello che aveva da dirgli. Il piccolo, con un grande sorriso stampato sul volto corse in casa, sempre seguito da Era, e ne riuscì dopo pochi secondi con una piccola valigia in mano. Simon capì che tutto era pronto, si prese il nipote in braccio e si incamminò, senza voltarsi, verso l'auto... Sempre senza guardare verso l'amico, accese la macchina e partì lasciando Jonathan in veranda a giocare con la sigaretta accesa fra le mani...

Link al commento
Condividi su altri siti

Crea un account o accedi per lasciare un commento

Devi essere un utente registrato per poter lasciare un commento

Crea un account

Iscriviti per un nuovo account nella nostra comunità. È facile!

Registra un nuovo account

Accedi Subito

Sei già registrato? Accedi da qui.

Accedi Adesso
  • Chi sta navigando   0 utenti

    • Nessun utente registrato visualizza questa pagina.



×
×
  • Crea Nuovo...